Shamba, campo

Padre Oliviero Ferro*

Le vedi partire al mattino preso, o a piedi o pigiate come sardine in un camioncino. Sono le mamme che se ne vanno ai campi per lavorare. Dopo alcuni chilometri, lasciano la strada principale e devono fare ancora altri chilometri su e giù per le colline. Hanno sulle spalle una zappa e magari anche il bambino piccolo. Un sacco con qualcosa da mangiare e tanta buona volontà. Ormai il sole comincia a scaldare e loro sono arrivate al campo. Fanno una breve preghiera per chiedere l’aiuto del Signore. Lasciano il bambinetto sotto una pianta e si comincia a lavorare. Per farsi coraggio, cominciano a cantare. Ma bisogna abbassare la schiena, perché la terra, come diceva mia mamma, è in basso e ci vuole molta forza per zappare.  Dopo un po’ ci si ferma, per asciugarsi il sudore e bere qualche goccia d’acqua. Si va verso il bambino per coccolarlo un po’ e dargli un pochino di cibo. E di nuovo al lavoro. Quando il sole comincia ad essere troppo caldo, bisogna fermarsi per mangiare qualcosa. Non si può andare avanti. Fa troppo caldo. Si approfitta per fare quattro chiacchiere con le vicine. Finalmente un po’ di tregua e si ricomincia fin verso il primo pomeriggio. Poi si raccoglie qualcosa che è già spuntato, qualche pezzo di legno che servirà per il fuoco. E via di nuovo sulla strada principale, con il bambinetto sulle spalle e tanta stanchezza. Ma non si lamentano. E’ la loro vita. Lo fanno perché vogliono bene alla loro famiglia. Si arriva e si aspetta che passi un camioncino o un taxi giallo. Quando? Un po’ di pazienza e arriverà. Poi, ci si infila in tanti (persone e cose), tutti stretti. L’importante è riuscire a partire per giungere a casa, dove altro lavoro le aspetta. E così ogni giorno. E per i sogni, i progetti? C’è sempre tempo. Basta tenerli svegli e un giorno, chissà, anche loro faranno capolino nella loro vita.

* missionario saveriano