OLIVE KITTERIDGE – Elizabeth Strout

 

Angelo Cennamo

Vi siete mai chiesti dov’è il Maine? Sulla mappa degli Stati Uniti è quel quadratino piccolo piccolo, in alto a destra, lontanissimo dai grattacieli di New York, dalle spiagge assolate della California e dalle mille luci di Las Vegas. E’ un’America diversa, silenziosa, rurale, disadorna, ma ricca di umanità. Crosby è un villaggio minuscolo, senza storia, affacciato sull’Oceano Atlantico. In questo angolo così remoto e insignificante dove la gente si incontra al bar sul molo o nel vicino negozio di ciambelle, Elizabeth Strout ambienta una serie di racconti nei quali risalta la figura di una donna che conosce tutti e che tutti conoscono; il suo nome è Olive Kitteridge. Alta, grossa, dallo sguardo arcigno e dai modi ruvidi, Olive è un’insegnante di matematica in pensione “che mai in vita sua si era dimostrata minimamente cordiale, e neppure educata”. Suo marito Henry, uomo mite, accomodante e molto religioso, gestisce una farmacia. I due hanno un figlio – Christopher –  scostumato, goffo e introverso, un uomo di 38 anni ( che la Strout definisce di mezza età) sposato con Suzanne, una ragazza ricca e presuntuosa, conosciuta per caso nel suo laboratorio di podologo, dove lei è entrata per curare un’unghia incarnita “che strano modo di incontrarsi”. I Kitteridge sono una famiglia come tante altre. Tra gioie, dispiaceri e qualche segreto inconfessato, trascorrono giornate anonime, ripetitive: la vita di provincia è la stessa ad ogni latitudine. Olive ha detestato la nuora – “miss so tutto” – fin dal giorno del suo matrimonio “pensa di conoscere Chirstopher così bene da sposarlo dopo poche ‎settimane”. In alcune delle pagine più esilaranti del libro l’anziana prof si diverte a rubare un reggiseno e una scarpa della nuora e a scarabocchiare un suo maglione con un pennarello nero. La rivincita di Suzanne però non si fa attendere: dopo pochi anni di matrimonio lei e suo marito lasciano il Maine per trasferirsi in California. Tragedia. Quando Olive vede il cartello “Vendesi” sulla casa che lei ed Henry avevano costruito per il loro unico figlio “fu come se schegge di legno le trapassassero il cuore. A volte piangeva con tale fragore che il cane uggiolava e tremava, e le premeva il naso freddo contro il braccio”.  Perché le storie di Elizabeth Strout ci piacciono così tanto da essere premiate col Pulitzer? Forse perché  in quei racconti non accade quasi mai nulla oltre lo scorrere inesorabile del tempo che fa somigliare il romanzo  alle nostre vite di lettori. Chi di noi non ha conosciuto una donna come Olive Kitteridge nella propria vita? Il successo dei libri di Elizabeth Strout dipende anche da questo: dalla loro ambientazione nel Maine, in quella landa desolata, abulica e incolore che ricorda la Macondo di Garcia Marquez, ma che la Strout riesce a trasformare in un mondo più ampio nel quale ciascuno ritrova i propri luoghi e le proprie radici. Olive Kitteridge è un romanzo di racconti divertenti in cui viene tratteggiata un’umanità spesso fragile, delusa, annoiata, ma capace di imprevedibili riscatti. Una grande prova d’autore che  ha già lasciato il segno nella letteratura americana moderna. https://telegraphavenueblog.wordpress.com/2016/08/02/olive-kitteridge-elizabeth-strout/