L’angolo della lettura: “Il caso de Bellis” – Racconto breve

Angelo Cennamo

– Avvocato, di là c’è il barone de Bellis, lo faccio entrare? – Chiese Irene a Colajanni, mentre l’Avvocato si affaccendava a sciogliere i nodi di quel “dannato” filo del telefono grigio della Sip che aveva sulla scrivania – Sì, fallo entrare – rispose l’avvocato, ancora alle prese con il suo peggiore rompicapo – e fai venire pure Eduardo – aggiunse. Saverio de Bellis era l’ultimo discendente di una nobile famiglia napoletana. Suo nonno, Francesco Saverio, l’8 settembre del 1860 fu ferito a morte da un ufficiale garibaldino durante un duello. Il giorno prima, il barone aveva avuto l’ardire di sputare per terra al passaggio di Garibaldi in via Toledo, suscitando l’irritazione di un tenente che era al suo seguito. La contesa, che si tenne all’alba sulla collina dei Camaldoli, durò solo qualche secondo. Il barone, infatti, allora ultrasessantenne, a stento si reggeva in piedi, cosicché il giovane tenente non ebbe alcuna difficoltà a trafiggerlo con un solo colpo di sciabola. Il padre di de Bellis, Ferdinando, morì di tifo non ancora quarantenne, pochi mesi dopo la nascita del piccolo Saverio. Il quale crebbe con la madre e il fratello di lei. Divenuto adulto, il barone dedicò tutta la sua vita alle belle donne e al gioco d’azzardo, sperperando nel vizio l’intero patrimonio di famiglia. In meno di vent’anni, il cliente di Colajanni era riuscito a perdere al gioco ben quattro palazzi in zona Chiaia, una tenuta di caccia a Persano e un villino a Sorrento. L’ultima residenza di via Foria gliela pignorarono a seguito di un vecchio contenzioso con il fisco : il barone non aveva mai pagato le tasse sui fitti che aveva percepito dai negozi di corso Umberto, neppure da quelli che aveva perso giocando al casinò. Dopo essersi trasferito a Torre del Greco, a casa di un suo ex maggiordomo che per un po’ decise di ospitarlo e di sfamarlo, il barone aveva conosciuto e in breve tempo sposato una certa Rosetta Chiaromonte, donna di bell’aspetto e molto più giovane di lui. In pochi pensarono che i due fossero convolati a nozze per amore, ovviamente. Nessuno tuttavia poteva mai immaginare che quella strana unione si fondasse su un equivoco a dir poco clamoroso, e cioè che ciascuno dei due credesse di aver individuato nell’altro un buon partito da spolpare. Rosetta, infatti, non sapeva che il suo promesso sposo aveva dilapidato l’eredità di famiglia al gioco. Mentre a de Bellis la futura moglie aveva riferito di aver ricevuto in dote una quota dei grandi magazzini dei F.lli Chiaromonte al Vomero, fingendo di essere la figlia di uno dei proprietari. In verità Rosetta in quei negozi ci aveva lavorato come commessa solo per qualche mese per poi essere licenziata per manifesta incapacità. Così c’era scritto sulla lettera di licenziamento che il Cavaliere Chiaromonte le aveva fatto recapitare a casa. Insomma, i due sposi pur di per piacersi si erano raccontati un sacco di balle. Quando de Bellis venne a sapere che la moglie era più disperata di lui e senza il becco di un quattrino, fu colto da malore. Anche perché nel frattempo aveva litigato con l’ex maggiordomo che fino a quel momento lo aveva ospitato, ed ora non sapeva più dove andare. Il barone decise allora di rivolgersi a Colajanni per ottenere l’annullamento del matrimonio – E’ permesso? – chiese de Bellis sulla soglia della porta. – Egregio sig. barone a lei tutto è permesso – rispose Colajanni, che come adulatore non era secondo a nessuno – Avvocato carissimo, le ha poi assaggiate quelle aragoste che le ho lasciato in portineria la settimana scorsa? – de Bellis da quando era rimasto sul lastrico si limitava a pagare gli onorari in natura, potendo ancora disporre, nonostante tutto, di una fitta rete di amicizie in città e in Provincia – Come no, erano davvero squisite – rispose l’avvocato, andandogli incontro – ma si accomodi – aggiunse, mostrandogli la poltroncina di fronte alla scrivania. – Posso togliermi il soprabito? – chiese de Bellis, mimando il gesto di spogliarsi – ci mancherebbe, questa è casa sua – ripose Colajanni in quella gara di finti convenevoli. Il barone allora si mise a proprio agio. E dopo essersi tolto il cappotto di cammello con il collo di pelliccia, lo appoggiò sul bracciolo della poltrona ed accavallò le gambe. Ma quel gesto si rivelò molto imprudente. Così facendo, infatti, de Bellis mise in bella mostra la suola della scarpa destra, che nella sua parte centrale presentava un foro di oltre due centimetri di diametro. Quel foro riassumeva meglio di ogni altro particolare l’amaro destino al quale il barone era andato incontro a causa dei suoi viziacci – Come le accennavo al telefono, avvocato, circa un mese fa la mia cara Rosetta mi diede una triste notizia – esordì de Bellis – sa bene che io la sposai perchè innamorato e, nonostante la differenza di età, pensai che al cuor non si comanda – Barone, ma cosa vuole che conti l’età quando sono in ballo dei sentimenti così nobili? – Colajanni era davvero in forma, la sua ruffianeria stava per toccare delle vette altissime. Ed io, come al solito, rimasi incantato di fronte a quel talento di attore navigato – Mi fa piacere che ne conviene – proseguì il barone – ma veda l’unione, anche tra due persone follemente innamorate come noi, non può basarsi solo sui sentimenti. La vita, lei mi insegna avvocato, è fatta anche di altro – Ha ragione – intervenne Colajanni – ci sono le spese, le bollette…..- Ecco…..mm…. – di fronte al balbettio di de Bellis, l’avvocato tagliò corto – barò, senza soldi non si cantano messe, non c’è un cazzo da fare! – Infatti – concluse de Bellis, rincuorato dal pragmatismo spicciolo di Colajanni – Lei, quando si è unito in matrimonio con la signorina Rosetta, era o non era convinto che la sua futura moglie fosse la figlia di Gennaro Chiaromonte? – chiese con impeto l’avvocato – Sì che lo ero, benché per me si trattasse di un semplice dettaglio – rispose, imbarazzato il barone – ma quale dettaglio, barò! Lo vogliamo annullare o no questo matrimonio? – incalzò l’avvocato – Certamente – disse il barone – e allora quanto è accaduto non è affatto un dettaglio! Al contrario, lei è incorso in un errore di persona. Intendo dire che lei ha creduto di sposare una donna e se n’è ritrovata un’altra – concluse Colajanni – Sì, proprio così, Rosetta mi ha ingannato! Avvocato, procediamo!- de Bellis firmò la procura e salutò.