Lettere 1932-1981

 Angelo Cennamo
Alla metà del 1930, un giorno partì. Aveva un dollaro e 33 centesimi. Con l’autostop e prendendo il treno senza biglietto, arrivò a Los Angeles. Leggendo il fitto e straziante epistolario raccolto in Lettere 1932-1981 capiamo perché i libri di John Fante sono sempre autobiografici:  perché tutta la sua vita è stata un romanzo straordinario e commovente. Dalla pensioncina di Bunker Hill, a Los Angeles, l’aspirante scrittore scriveva spesso alla “Cara madre” per tenerla al corrente delle sue disavventure ma anche delle buone prospettive di lavoro: “ Cara mamma, sono ridotto ai miei ultimi 15 dollari, ma alla fine qualcosa di buono è saltato fuori, e credo comincerò a lavorare lunedì o martedì prossimo. Se si concretizzerà, guadagnerò cinquecento dollari alla settimana per otto o dieci settimane”. Accadrà di rado. Alla cugina Jo, Fante  preannuncia la pubblicazione di quello che si rivelerà a distanza di anni il suo capolavoro Chiedi alla polvere : “Sto finendo il mio romanzo, si intitolerà Ask to dust. Parla di una ragazza che amavo, ma lei amava un altro”. Perfetta la sinossi. Romanzo di successo sì,  ma passeranno molti anni prima che il grande pubblico se ne accorga. Anche per questo la povertà non smette di inseguirlo “La povertà ha un effetto disastroso sul mio lavoro” scriverà ad un amico per chiedergli un prestito, uno dei tanti. Per sbarcare il lunario Fante decide allora di scrivere per il cinema; nonostante la depressione seguita al crollo di Wall Street, nel mondo della celluloide circola molto denaro. Una scelta obbligata e in contrasto con le sue aspirazioni di romanziere ”John dovrebbe  limitarsi a scrivere libri. Scrivere dei film, per quello che ne so, è uno spreco di talento e di tempo. Anche se ora il salario del cinema ci fa comodo” dirà la moglie Joyce ad un editore amico di suo marito. Aveva ragione. Ma sarà soprattutto grazie a soggetti e sceneggiature che Fante riuscirà a tirare avanti e ad avere nuove opportunità per scrivere i suoi libri.  Chiedi alla polvere racconta la storia di un giovane scrittore, Arturo Bandini, alter ego di Fante, il quale dopo anni di stenti e delusioni trova finalmente il grande successo. Il romanzo diventerà un besteseller solo  grazie ad una futura riscoperta di Charles Bukowski. A un suo lettore affezionato che lo inonda di lettere, l’autore scrive così : ”Vuole sapere se io sono Arturo Bandini, e io le dico che lo sono – in particolare l’Arturo di Chiedi alla polvere , anche se non interamente l’Arturo del mio primo libo. La storia d’amore di Chiedi alla polvere è quasi vera nel senso che una volta sono stato infatuato della ragazza del romanzo, e lei, secondo me, è affascinante nella vita reale  tanto quanto ho cercato di farla apparire nel romanzo. Oggi è a Spring Street a Los Angeles, lavora nello stesso bar che ho descritto nel romanzo, essendoci tornata dal manicomio, dal deserto, e punta verso il Nord. Se un giorno avrò la fortuna di incontrarla a Los Angeles la porterò là e gliela farò vedere e conoscere”. Questo romanzo Fante lo ha amato moltissimo, non c’è dubbio. Certamente più di Full of life il libro che più di tutti gli fece guadagnare popolarità e denaro: “Full of life è stato scritto per soldi. Non è un romanzo molto bello”. Negli anni ’60  una nuova opportunità: Fante conosce il produttore Dino De Laurentiis e verrà diverse volte in Italia per scrivere un film che dovrà avere come protagonista Jack Lemmon. Per una serie di contrasti interni alla produzione, il film non verrà mai ultimato. Di quella esperienza ci restano le lettere scritte alla moglie e ai figli dall’Hotel Vesuvio di Napoli. Pagine davvero deliziose che  raccontano di una città povera per essere uscita da poco dalla guerra, ma al tempo stesso romantica e affascinante “Il posto è incantevole e il cibo meraviglioso. La mia camera dà su via Caracciolo, il lungomare che costeggia la baia. Dal balcone vedo tanti bambini che giocano scalzi per strada e si divertono. Sono felici. Qui a Napoli ci sono molti negozi di moda, i prezzi sono bassissimi. Anche molte librerie”.  Tra alterne fortune e debiti di gioco – pare che in una sola partita riuscisse a perdere anche 1000 dollari –  Fante conobbe i suoi momenti migliori negli anni ’70, grazie alla riscoperta dei suoi romanzi e al supporto dell’amico fraterno Charles Bukowski. In questi anni venne pubblicato un altro suo capolavoro:  La confraternita dell’uva, il romanzo che racconta il difficile rapporto con il padre, lo scalpellino italiano che emigra negli Usa e con il quale John trascorre un’intensa settimana di lavoro in montagna, con i suoi amici, avvinazzati più di lui. Ed eccoci alla nota forse più dolente di questa lunga storia: l’alcol. Vini e liquori si riveleranno infatti una vera e propria maledizione per tutta la famiglia Fante: John si ammalerà di diabete, perderà la vista e vivrà gli ultimi anni su una sedia a rotelle, senza gambe. “Caro Carey, la perdita più grande dopo quella di una gamba è la capacità di scrivere . E’ come lottare con un pesante pneumatico appeso al collo. Cado spesso. Non potrei vivere senza Joyce: mi pulisce il culo, mi fa la barba. Sono fortunato. Resta in piedi, Carey, non cadere.”Morì l’8 maggio del 1983. Aveva 74 anni. Quando nel 1980 la Black Sparrow press ristampò Chiedi alla polvere su richiesta di Bukowski, Fante era stato dimenticato quasi del tutto come romanziere. L’editore John Martin non l’aveva sentito mai nominare. Poi cominciarono a ristampare le sue opere in tutto il mondo, soprattutto in Francia, dove Fante è tuttora più popolare che negli Usa.