“Stepchild adoption”,” bail-in”, “quantitative easing”, “jobs act”…

 

E’ ora di dire basta a questa insana, scorretta abitudine di utilizzare termini stranieri per fotografare o commentare fattispecie tutte italiane o comunque di interesse nazionale. Questa modalità di linguaggio ingenera difficoltà interpretative e, sovente, equivoci e contraddizioni nella prospettazione di temi delicati ed indigesti alla maggioranza dei cittadini italiani.  In questi giorni imperversa la dicitura “Stepchild adoption” per riferirsi all’adozione di bimbi da parte di omosessuali in coppia e quella di “bail in” per fotografare la situazione di dissesto di una banca e la perdita netta di risparmi da parte dei correntisti.  Il “quantitative easing”, a sua volta, si riferisce alla “stampa di moneta a discrezione” da parte della Banca Centrale Europea (BCE). Per il “jobs act” occorre chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi. L’elenco dei termini stranieri è in crescita galoppante e risulta psicologicamente e praticamente inaccettabile.  Scrive un caro amico: “L’inglese “tecnico” usato con competenza ed onestà intellettuale in ambiti professionali ha finito per lasciar spazio ad uno sfoggio inutile e lezioso dei termini inglesi atti solo ad elevare la percezione altrui del proprio ego.”  Propongo di:
1) Proibire assolutamente l’utilizzo di termini stranieri nel corso di articoli di stampa prodotti in Italia, in lingua italiana;

2) Consentire l’utilizzo di termini stranieri nel corso di articoli di stampa se presentati tra parentesi e preceduti dalla dicitura in lingua italiana;

3) Consentire l’utilizzo di termini stranieri – senza traduzione in italiano – quando l’articolo venga prodotto nella sua interezza in lingua straniera.

4) Prevedere l’addebito di 250 euro (o diverso importo da valutare) ogni qualvolta venga utilizzata una terminologia straniera senza essere puntualmente preceduta dalla dicitura in lingua italiana.
Le risorse così introitate potrebbero alimentare un fondo specifico per la fornitura di libri e materiale scolastico a ragazzi appartenenti a famiglie poco abbienti, compresi i profughi da nazioni in guerra.

Sàntolo Cannavale