Le giravolte di Forza Italia

Angelo Cennamo     

Dalla riforma del Senato Forza Italia ne esce a pezzi. La guerra combattuta a Palazzo Madama a colpi di milioni di emendamenti, gesti osceni, ghigliottine e canguri, sancisce infatti l’irrilevanza politica di Berlusconi, condannandolo ad un mesta e ( probabilmente) definitiva uscita di scena. Per quanto il testo della nuova legge risulti a molti pasticciato ed imperfetto per tutte le ragioni che conosciamo, non si può tuttavia negare che il nodo del bicameralismo, vero fulcro della riforma e questione annosa nel dibattito politico, sia stato affrontato e risolto, per giunta in tempi brevissimi considerata la portata costituzionale delle nuove norme. Renzi, che della riforma ne è simbolicamente il padre, è riuscito a piegare la minoranza interna del suo Pd, a conservare i voti favorevoli dei cosiddetti verdiniani – che a differenza dei loro colleghi di partito hanno mantenuto una linea di coerenza durante l’intero percorso di votazione  – e a portare a casa un risultato alla vigilia non scontato, ed anche per questo storico (referendum permettendo, si intende). Ma torniamo a Berlusconi e quindi a Forza Italia. Ricorderete come il patto del Nazareno fosse servito al Cavaliere per ritornare sulla scena come protagonista all’interno di una legislatura costituente, dopo la brutta vicenda dell’estromissione bungabunghista. Ebbene, Berlusconi si era seduto al tavolo con Renzi ed aveva stretto con lui un patto. Quell’accordo – più avanti avversato da una parte dei suoi perché, a loro dire, si traduceva in una forma di sudditanza al premier –  prevedeva ( tra l’altro) la riforma del bicameralismo perfetto con la non elettività dei nuovi senatori e la modifica della legge elettorale secondo i criteri dell’italicum ( semi-elettività dei parlamentari ed attribuzione del premio di maggioranza alla lista arrivata per prima con una percentuale di consensi superiore al 35%). Pacta sunt servanda  dicevano i romani, e lo diceva anche Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, che insieme al collega Brunetta questi provvedimenti non solo li ha fatti votare ma li ha pure difesi a spada tratta di fronte al malumore di una certa opinione pubblica e delle opposizioni. A distanza di qualche mese, Forza Italia si oppone alle stesse norme votate in prima lettura alla Camera e al Senato – arrivando a contestare anche la parziale apertura sulla elettività dei consiglieri/senatori – e definisce la riforma elettorale, anch’essa già votata in uno dei rami del parlamento, una legge liberticida. Berlusconi invoca addirittura il golpe e dichiara che il Paese è in piena emergenza democratica. Ora, è pur vero che gli italiani hanno poca memoria e leggono libri e giornali  meno di quanto facciano i siriani e gli albanesi, ma da quel dì non ci sembra che sia passato così tanto tempo. E se pure l’elezione funesta di Mattarella abbia fatto da detonatore alla rottura della pax renziana – per inciso, non ci risulta che la designazione dell’attuale capo dello Stato fosse indigesta al centrodestra – non riusciamo tuttavia a comprendere le ragioni di una gestione così sbandata ed ondivaga della legislatura forzista. Come farà Berlusconi a convincere i  milioni di elettori che gli hanno voltato le spalle e i parlamentari che ( per finta o per davvero) si sono posizionati dalla parte del guascone fiorentino, dopo tante incertezze e ambiguità?