Salerno: Ance, rischio usura sempre elevato

Una su due delle 100 imprese iscritte ad ANCE Salerno intervistate dal Centro Studi ritiene che le attuali dinamiche di erogazione del credito possono contribuire ad alimentare il “rischio usura”. Nell’ambito del campione individuato e testato dal Centro Studi ANCE Salerno sono le aziende con un fatturato inferiore a 5 milioni di euro (indice 57,4) e quelle con un fatturato superiore a 20 milioni di euro (indice 60) a sottolineare il pericolo-usura, mentre nella fascia di fatturato fra 5 e 20 milioni tale rischio sembra attenuarsi (indice 29,6). Si tratta di un dato in calo rispetto ai precedenti rilevamenti ma che, comunque, segnala un permanente stato di difficoltà anche rispetto allo scenario meno critico dell’evoluzione in senso positivo della crisi economica e produttiva. E’ evidente che la risposta è influenzata dalla qualità delle relazioni con il circuito del credito, anche se nel caso delle imprese più grandi è molto probabile che la valutazione si riferisca più alla filiera dei piccoli partner e dei fornitori che alla propria azienda. Il trend dell’indicatore riferito al rischio usura nei precedenti rilevamenti era 70 (II-2014); 66 (I-2014); 73 (II-2013); 85,7 (I-2013). I trend per range di fatturato evidenziano andamenti altalenanti per le imprese con giro d’affari oltre 20 milioni e tra 5 e 20 milioni, mentre risultano più omogenee le risposte delle imprese di minori dimensioni, che nella prima rilevazione (I-2013) si attestavano a quota 89,1. I rilevamenti del Centro Studi ANCE Salerno si collocano in un contesto di sintonia con l’indice del rischio usura (riferito al 2014) elaborato dal CGIA di Mestre e pubblicato il 26 settembre scorso. Anche in questo caso, pur risultando in calo, tale indice posiziona la Campania al primo posto tra le regioni italiane. Nel 2013 la Campania guidava in ogni caso la graduatoria nazionale con il punteggio di 164,3 mentre nel 2014 si attestava a 155,1 con una variazione tendenziale del -5,9%. Questo livello di rischio usura viene classificato dalla CGIA di Mestre come “molto alto”. Seguono la Campania, Calabria (146,6, rischio alto); Sicilia (145,3, alto); Puglia (136,3, alto); Basilicata (133,2, alto). Le statistiche indagate dalla CGIA di Mestre confermano la gravità del quadro campano. «Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indice – scrive in una nota la CGIA – si evince come nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiori sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione sia decisamente a rischio». Non è un caso, quindi, che le aree di Napoli e Salerno rientrino tra le prime quattro in Italia per entità numerica dei protesti. Il clima di difficoltà nelle relazioni banche-imprese trova ulteriore conferma nei numeri riferiti ai protesti di assegni e cambiali che, soprattutto nelle province di Napoli e Salerno, assumono in termini numerici le dimensioni di un fenomeno dilagante. In ambito regionale nel primo semestre dell’anno in corso i protesti censiti sono stati 56.450 (di cui 48.624 cambiali) per un ammontare complessivo di 106.162.587 euro (71.700.775 cambiali). Netto il calo rispetto al corrispondente periodo del 2014: -20,18% per i protesti totali (di cui cambiali -19,72%). Sotto il profilo dei valori totali -21,57%, di cui cambiali -19,39%. In Campania per numero complessivo di titoli protestati la provincia di Salerno (14.211) è preceduta soltanto da quella di Napoli (26.894) che fa registrare un importo medio di 1.868 euro (mentre per le cambiali non onorate lo stesso indicatore è pari a 1.459 euro). Sempre in termini assoluti dopo il Salernitano si collocano la provincia di Caserta (9.752 protesti con un importo medio di 1.829 euro; importo medio delle cambiali non pagate a scadenza: 1.456 euro); l’Irpinia (3.461 protesti con un importo medio di 2.400 euro; per le cambiali: 1.682 euro) ed il Sannio con 2.132 protesti (importo medio pari a 1.850 euro; per le cambiali: 1.691 euro). Sotto il profilo dell’importo medio è la provincia di Avellino ad evidenziare per i titoli in protesto la consistenza più elevata (2.400 euro) in Campania, al punto che si colloca nella classifica nazionale di riferimento al quattordicesimo posto. Se si prendono in riferimento gli importi medi delle cambiali non pagate a scadenza, è, invece, la provincia di Benevento (1.691 euro) a registrare l’importo più alto a livello regionale. La provincia di Salerno per numero totale di protesti (14.211) è la quarta in Italia dopo quelle di Roma (42.267); Milano (32.910) e Napoli (26.894). Il territorio salernitano precede altre realtà demograficamente molto importanti come Bari (13.193) e Palermo (10.438). In termini assoluti, quindi, nell’area salernitana continua a segnalarsi il fenomeno della mancata copertura dei titoli con una netta prevalenza delle cambiali sugli assegni (trend, peraltro, consolidato anche nel resto del Paese): 12.494 (su 14.211 effetti privi di copertura) con un importo medio di 1.434 euro, mentre per gli assegni tale importo ammonta a 1.819 euro. I dati sono stati censiti ed elaborati da Infocamere per Unioncamere e si riferiscono al primo semestre del 2015. Nel contesto nazionale l’indagine Unioncamere/Infocamere rimarca che gli assegni a vuoto si sono dimezzati rispetto al 2012. «Tra il I semestre 2012 e 2015, i titoli “cabriolet” – è scritto in una nota – si sono infatti ridotti del 57% in termini di numero e del 63% in termini di valore, accentuando una discesa che ha caratterizzato anche l’andamento delle cambiali, in diminuzione, nello stesso periodo, del 37% in termini di numero e del 51% in termini di valore». Ancora più chiara la tendenza tra gennaio e giugno di quest’anno: «Le occasioni in cui un cittadino o un’impresa si sono visti costretti a ricorrere ad un pubblico ufficiale per notificare un mancato pagamento – ha spiegato sempre Unioncamere –  hanno toccato quota 388.305, per un valore complessivo di quasi 714 milioni di euro. L’81% dei “pagherò” è rappresentato da cambiali (315.283), mentre gli assegni costituiscono il 18% (70.218). Rispetto al primo semestre 2014, si registrano quasi 90mila effetti levati in meno (-19%) e una riduzione del monte complessivo superiore ai 233milioni di euro (-25%)». E più specificamente: «Nell’ultimo anno, a ridursi un po’ di più è il numero degli assegni (-21%), mentre le cambiali calano del 18%. In termini economici, il valore delle cambiali protestate diminuisce di oltre 135 milioni di euro, quello degli assegni di oltre 95 milioni”. «Incrociando le varie fonti più recenti riferite alla percezione del rischio usura – dichiara il Presidente di ANCE Salerno Antonio Lombardi – si evince il perdurare di una situazione di gravissima difficoltà delle imprese campane e salernitane. Da tempo la nostra associazione continua a sottolineare l’esigenza di ritrovare un clima di piena collaborazione tra aziende e circuito creditizio non solo per l’ineludibile necessità di fare ripartire gli investimenti privati (in attesa di un serio piano di interventi pubblici) ma anche per evitare che si assista al dilagare della liquidità proveniente da affari illeciti e prontamente offerta sul mercato finanziario parallelo a quello legale». «È davvero incredibile dovere constatare – continua Lombardi – come non si tenga conto della situazione attuale: mentre le aziende sane chiedono credito senza ottenerlo, si ritrovano a subire la concorrenza di quelle che invece attingono ai capitali illegali. Nello stesso tempo numerose imprese che provano ad uscire dalla crisi non ricevono alcuna risposta dalla banche, precipitando, loro malgrado, nella zona grigia dell’usura. È paradossale che il grido di allarme lanciato dagli imprenditori dell’edilizia non sia stato minimamente recepito, né vi sia un tavolo istituzionale permanente dove affrontare le dinamiche in atto».«Non possono quindi stupire – conclude Lombardi – le statistiche riferite ai protesti, un ambito nel quale ha ripreso piede uno strumento vetusto, quello delle cambiali. ANCE Salerno, in continuità con le iniziative già proposte negli anni scorsi, continuerà a portare avanti la propria battaglia per individuare una sede pubblica nella quale monitorare giorno per giorno l’evoluzione delle relazioni tra istituti di credito e imprese».