Le sfide di Renzi

Angelo Cennamo

L’iconografia del premier si arricchisce di due nuove figure: Renzi sul palco del meeting di Comunione e Liberazione; Renzi che promette la riduzione delle tasse. A Rimini, il presidente del Consiglio, approfittando del declino di Lupi e Formigoni, ovvero degli epigoni dell’area politica ciellina – quella per intenderci legata ab origine alla figura di Don Giussani, ha pensato bene di cogliere un’occasione storica: candidarsi a nuovo riferimento di quel vasto agglomerato sociale compreso tra il cattolicesimo liberale di Croce e De Gasperi e la sinistra ex democristiana di La Pira e Dosetti, guarda caso coincidente con l’elettorato tipo del  cosiddetto partito della Nazione ( progetto da sempre in cima ai pensieri del premier nonostante le ripetute smentite sui media). La scelta di Renzi  è stata arguta e ben calibrata, non c’è che dire. La condizione ondivaga e amorfa di Forza Italia, e la disgregazione del già ininfluente partito di Alfano, stanno progressivamente riducendo l’area dei moderati, un tempo appannaggio del berlusconismo, ad un vero e proprio campo di macerie oltre il quale si intravede il solo Matteo Salvini. Il leader della Lega cavalca con successo l’onda lunga di una destra grezza, anti-immigrazione e no-euro, ma efficace e pronta a raccogliere lo scettro dell’ottuagenario Cavaliere, forse ancora in campo, forse non più – non si è capito bene. Incunearsi in quello spazio ampio e in stand by, significherebbe per Renzi  riuscire ad allargare una maggioranza che comincia a perdere pezzi nella sua parte sinistra, quella che non si è mai riconosciuta nel liberalriformismo antisindacale e nel decisionismo oltranzista dell’uomo solo al comando che l’ex sindaco di Firenze sta interpretando con alterni successi. Anche la promessa di abbassare le tasse, che il premier ha annunciato qualche giorno fa, suona alle orecchie della minoranza Dem come una sorta di minaccia. Per quanto e per come Renzi possa riuscirci – alleggerire il fisco alimentando il deficit e riducendo le agevolazioni fiscali non è proprio da manuale reganiano – equivale infatti a mettere in discussione uno dei cardini della politica di sinistra: il tassa e spendi che difende la spesa pubblica dai possibili tagli e che garantisce allo Stato un ruolo da protagonista nell’economia. Renzi questi clichè li scardina. Cambia il linguaggio della sinistra ulivista e guarda ad un elettorato più vasto di quello Democratico. Segue una rotta nuova, inesplorata per un uomo di sinistra ( ammesso che lui lo sia), e non sembra affatto intimidito dai numeri risicati che ha in parlamento, nonostante il soccorso recente dei verdiniani e di altri fuoriusciti di centrodestra. Dove approderà, lo vedremo presto. A cominciare dal prossimo autunno che già si preannuncia caldissimo.