Quel tradimento che costa caro ed ennesima lezione sulla privacy

Amedeo Tesauro

Una nuova lezione sull’instabilità della nostra privacy arriva dalla vicenda Ashley Madison. Il portale di incontri per fedifraghi prometteva un totale anonimato e la piena sicurezza dei dati inseriti, promesse non mantenute. Il furto di decine di gigabyte da parte di un gruppo hacker nel mese di luglio è esploso nei giorni scorsi quando le informazioni trafugate sono state immesse online rivelando le e-mail di migliaia di iscritti. I dati sono stati immessi nel Darkweb, ovvero la porzione della Rete inaccessibile dai normali browser e non schedata dagli usuali motori di ricerca, tuttavia la loro presenza nel “profondo” non significa nulla: esistono e potrebbero essere presto accessibili a tutti e non solo ai più avvezzi di Internet in grado di navigare nel cosiddetto Web invisibile. La notizia sulle prime aveva suscitato anche una certa ilarità: il sito per traditori numero uno al mondo, pubblicizzato ovunque al grido “La vita è breve. Concediti un’avventura”, tradiva i suoi utenti, fedifraghi in cerca di avventure. Ben presto, però, la vicenda ha perso le sue connotazioni divertenti e da commedia: lo smascheramento pubblico dei traditori seriali poteva significare la fine di relazioni e drammi umani di vario genere. Del resto il sito era stato più volte messo sotto accusa per il suo concept immorale, introiti costruiti sulle menzogne e i tradimenti di mogli e mariti (e non c’è dubbio che la soddisfazione di tanti in un primo momento fosse dovuta alla “rivincita” dei traditi). Implicazioni più profonde sono però emerse col tempo, come l’imbarazzo per oltre undici mila indirizzi di provenienza governativa, la storia di chi rischia addirittura la pena di morte per aver utilizzato il servizio (come denunciato in forma anonima da un arabo omosessuale, originario lì dove l’omosessualità costa la vita), e ora tre suicidi in Canada e Stati Uniti connessi alla diffusione dei nominativi. Inoltre il tema più grande rimane quello della sicurezza dei nostri dati online, perché lo scandalo Ashley Madison è solo l’ultimo polverone legato all’instabilità delle nostro informazioni, un colpo alle spalle a tradimento per chi era convinto di tradire (ma il sito era frequentato anche da single semplicemente in cerca di storie) senza rischiare nulla. L’ambiguità del servizio offerto ha certamente messo Ashley Madison nel centro del mirino degli hacker, la sicurezza promessa non ha fatto altro che ritorcersi contro il portale, il quale deve ora fronteggiare le prime cause legali pervenute; difatti il sito prometteva, qualora richiesto, la totale cancellazione dei dati inseriti, un comando non eseguito con conseguente presenza tra gli utenti hackerati di individui convinti di non aver più nessun legame col servizio. A posteriori appare senza dubbio superficiale che qualcuno abbia messo a repentaglio così tanto, ovvero la propria identità e tutto ciò ad essa connesso, per una scappatella, confidando in un sito web e sull’impossibilità di essere rintracciato. La lezione, ogni volta, pare sempre la stessa: non diffondere sulla Rete dati che non vorremmo fossero pubblici, giacché non vi è nessuna certezza che un giorno questi non lo siano per davvero.