Cilento ammalato di uomo

Giuseppe Lembo

Il Cilento come e più di altre realtà è fortemente ammalato di uomo; le colpe umane sono tante e tutte ben visibili. L’uomo cilentano fa male e si fa male; l’uomo cilentano si crea i problemi (tanti problemi); una volta creati, proprio non sa cosa fare per trovare le soluzioni giuste. Confusamente agisce e reagisce senza venirne a capo; l’insieme dei problemi che opprimono diventa un grave insieme; un insieme dal peso assolutamente insopportabile. Manca il protagonismo del fare; manca la cultura del fare e soprattutto la politica del confronto. Tutto si fa in grande e sofferta solitudine. Il vuoto del confronto delle idee, si traduce in grave ed assordante vuoto di un Progetto Cilento, finalizzato al bene comune; finalizzato a creare cambiamento e sviluppo sui territori che sono in sé assolutamente capaci di produrre cambiamento e sviluppo; purtroppo, negato perché così si vuole; così vogliono quelli che comandano per non essere disturbati in quel loro fare potere che, in modo silente e senza contraccolpi, ha alla base il libero convincimento della grande utile funzionalità degli uomini addormentati ed assolutamente indifferenti a tutto (proprio come i “silenziosi”, i “sottomessi” cilentani). Nel Cilento ’indifferenza politica diventa naturalmente un moltiplicatore di indifferenza; tanto, ad un punto tale che le cose ed il fare anormale, sono in sé considerati come le più naturalmente normali. A parte gli aspetti socio-antropici, così come evidenziato, nei comportamenti umani, c’è da considerare attentamente la  disumanità delle condizioni che rendono il Cilento, sedotto ed abbandonato, una Terra naturalmente “bella da vivere”, sempre più disumanamente invivibile. Prima di tutto, sul Cilento c’è la grave dannazione degli abbandoni. I cilentani nel mondo sono tanti; sono veramente tanti, con gravi danni per il futuro dei territori. L’emigrazione ha sempre portato via il meglio delle risorse umane cilentane; si è trattato delle risorse umane più giovani, più professionalizzate, più capaci di attivare sui territori nuovi processi, creando quel cambiamento e quello sviluppo da sempre invocato, ma di fatto sempre negato, rendendo le comunità umane fortemente residuali e stancamente indifferenti a tutto ed assolutamente indifferenti anche al proprio futuro. E così il Cilento con le sue risorse naturali, con i suoi saperi, con le sue tante  testimonianze e con quella bellezza mozzafiato che caratterizza il suo paesaggio, non ha saputo mai uscire dall’indifferente solitudine ed essere come meritava e merita, una realtà umanamente e territorialmente sviluppata. Tanto e non ultima causa per quell’effetto trascinamento che ha caratterizzato in gran parte del Sud i territori demograficamente minori, trasformandoli da “territori belli da vivere”, in “territori assolutamente invivibili”, per mancanza, tra l’altro, di un insieme comunitario capace di fare rete e di uscire dalla solitudine familistica, pensando a stare insieme cooperando, per garantire quella vivibilità diversamente negata. Il  povero Cilento ha sopportato in silenzio il suo dramma antico di abbandoni e di diffusa crescita del suo sottosviluppo territoriale; tanto, prima di tutto, per quella solitudine che non ha permesso e non permette la nascita della coesione sociale e di quell’insieme solidale, un importante presupposto per il cambiamento e lo sviluppo territoriale. Purtroppo, con un fare aggressivamente negativo, si è agito sottraendo al Cilento il meglio di sé; prima di tutto in modo inarrestabile lo si è depredato impoverendolo del meglio delle sue risorse umane, lasciando sui territori le sole presenze residuali di anziani con, tra l’altro, anche poche donne e bambini, a cui veniva assegnato il non facile compito di coltivare la Terra, in crescente decrescita di produzione dei suoi buoni frutti che oggi ritroviamo come simbolo di un vivere sano alla base del mangiare mediterraneo, una dieta salutistica che appartiene al Cilento e che grazie ad Angel Keys, che l’ha scoperta, è diventata patrimonio immateriale dell’umanità. Nonostante tutto questo, il povero Cilento non è mai riuscito ad imporsi all’attenzione del mondo; tanto, essendo, tra l’altro, l’ombelico del mondo, per essere la Terra del pensiero parmenideo dell’essere, un pensiero universalmente importante verso cui l’apparire dei buontemponi cilentani, a tutti i livelli, manifestano indifferenza, non rendendosi così conto del danno che causano all’umanità ed in particolare al loro futuro, tragicamente segnato da un apparire che va prendendo tutto di sé. E così il miracolo Cilento, un miracolo con alla base la seduzione e l’abbandono, avvolge tragicamente tutto di sé.