Duttilità tattica e spogliatoio unito, i segreti della promozione in B della Salernitana

Maurizio Grillo

Nel calcio, si sa, quella dell’allenatore è la figura più debole ed esposta a critiche. Del resto, a Salerno, sedere su quella panchina rappresenta un onore, un onere, ma anche un’esperienza formativa al massimo e che forgia il carattere di qualunque professionista. Passionale, quanto esigente, la tifoseria in questi ultimi anni raramente si è legata a qualche tecnico e, Delio Rossi a parte, tutti o quasi non sono stati esenti da critiche talvolta pregiudizievoli. “Possibile che se si vince è merito dei calciatori e se si perde è solo colpa dell’allenatore” ammoniva Lotito qualche settimana fa, ed in effetti mister Menichini ha avuto spesso bisogno della “difesa” di una società che lo ha blindato e sostenuto soprattutto nei momenti difficili. quando in tanti chiedevano l’esonero. Nel calcio, come nella vita, contano i fatti ed il trainer di Ponsacco, in un girone tostissimo, ha conquistato 79 punti, battuto tantissimi record e gestito in modo intelligente un gruppo finalmente unito ed attaccato alla maglia. Tradotto: se stravinci un campionato così duro, è ovvio che anche l’allenatore ha i suoi meriti. Se in passato sono stati applauditi tecnici che hanno vinto tornei di contenuto modesto, è giusto riconoscere a mente fredda anche le doti di Menichini. Poco appariscente, ma molto pratico, bravo a tenere tutti sulla corda anche quando la promozione sembrava ad un passo. Qualche errore è stato commesso, ma all’allenatore è stato perdonato davvero poco o nulla. Duttilità tattica, gestione del gruppo, umiltà e qualche sostituzione azzeccata che ha cambiato partita e campionato non possono certo passare inosservate ed anche Menichini, piaccia o no, entra di diritto nella storia del club granata. Tra i meriti principali quello di aver accettato Salerno in un momento particolarmente difficile, con la piazza che chiedeva il “reintegro” di Somma e che ne giudicava negativamente un curriculum comunque condito dalla proficua esperienza di Crotone e dalla promozione di Lumezzane. Talvolta forse eccessivamente prudente pur allenando una grossa squadra, Menichini si è tappato tutt’e due le orecchie ed è andato avanti per la propria strada forse incredulo rispetto alle critiche ricevute. Per gli esteti del bel calcio c’è la possibilità di seguire i campionati inglesi e spagnoli, per chi prova a giudicare con obiettività domandiamo: chi, in Lega Pro, ha giocato come la Salernitana? Il Foggia di De Zerbi che non si qualificherà neanche ai play off? Qualche gara è stata sbagliata, altre sono state risolte dai singoli, altre ancora le ha ribaltate il pubblico dell’Arechi e spesso è stato regalato un tempo agli avversari. Tutto vero. Ma le gare con Benevento, Lecce, Matera (all’andata), Foggia (secondo tempo a Salerno), Catanzaro ed altre con formazioni medio-piccole dimostrano che un’identità c’era e che è mancata solo un pizzico di continuità. In fondo va bene così: 79 punti, primo posto, +7 sulla seconda, vantaggio enorme rispetto a tutte le altre big, record battuti, miglior difesa esterna d’Europa, Calil tra i bomber della Lega Pro e la possibilità di mettere in bacheca il terzo trofeo consecutivo. Tanta roBa…