“Quantitative easing” BCE di Francoforte

In futuro la storia ci dirà quanto bene faranno gli interventi di “quantitative easing” della BCE di Francoforte. Potrà anche elencarci i danni che “applicazioni esterne e sostanzialmente autoritarie” spiegheranno sulle economie e le strutture sociali degli Stati europei destinatari degli interventi finanziari non proprio ininfluenti e disinteressati della Banca Centrale Europea.

Sono mesi che veniamo martellati dagli annunci di “quantitative easing” cioè di ”allentamento quantitativo” della Banca Centrale Europea. E’ un martellamento logorante che rischia di creare di per se una naturale repulsione del reiterato annuncio, con restituzione al mittente della enigmatica operazione. Il 9 marzo 2015, stando agli ultimi pronunciamenti, questo inquietante strumento di politica monetaria vedrà finalmente la luce. Esso di fatto si sostanzierà nella creazione di moneta aggiuntiva da parte della BCE per circa 1.100 miliardi di euro (60 miliardi al mese), da destinare all’acquisto di titoli degli Stati aderenti al’Unione europea, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale della stessa Banca Centrale. E’ opportuno chiarirlo subito: il Presidente della BCE Mario Draghi ha sottolineato a più riprese che l’iniziativa non sarà in grado, da sola, di determinare lo sviluppo dell’economia europea che ristagna ormai da più anni ed anzi registra una fase di latente deflazione che, di fatto, scoraggia e posticipa i consumi, riduce l’attivismo delle aziende di produzione e comprime il Prodotto Nazionale (PIL). Lo stesso Draghi prospetta l’esigenza delle solite, necessarie “politiche strutturali e fiscali” . Esprimo da subito, sinteticamente, il mio pensiero a proposito: il “quantitative esasing” non ha la mia approvazione ed il mio gradimento, essenzialmente per motivi di opportunità e per “cecità applicativa”. E’ un tentativo di “drogare in qualche modo” l’economia mettendo a disposizione degli Stati membri miliardi di nuova moneta che difficilmente si diramerà tra i rami produttivi dei Paesi destinatari e darà semplicemente un respiro prolungato nel tempo ai gestori delle macchine statali, alle prese con imponenti, ingestibili debiti pubblici. E’ un marchingegno molto complicato che fa ricadere in buona parte le perdite delle successive operazioni sui bilanci degli Stati interessati. E poi una considerazione di sostanza: la BCE comprerà i titoli pubblici e privati sul mercato secondario. La BCE con la stessa libertà di entrata potrà liberarsi dei titoli acquistati in qualsiasi momento, con ciò potendo determinare forzature innaturali nella definizione dei prezzi di mercato. Una uscita repentina della BCE con abbandono (vendite sul mercato secondario) delle posizioni accumulate in precedenza potrà determinare il collasso dei titoli oggetto di rapida dismissione. La BCE sarà dunque, suo malgrado, arbitro ed operatore decisivo con riferimento ai prezzi di mercato di alcuni titoli (di alcuni Stati) specificamente trattati. Con l’annuncio della manovra della BCE, in aggiunta al processo di deflazione in corso ed all’azzeramento dei tassi d’interesse, il risparmio – nella sua più ampia accezione – è in via di smobilitazione e con esso un’ampia fetta di popolazione che alle risorse risparmiate affidava la soluzione parziale delle proprie occorrenze reddituali attuali e prospettiche. Il “quantitative easing” (QE) di marca europea intende seguire le orme dell’analoga operazione abbondantemente “sperimentata” e realizzata negli Stati Uniti. Applicata da tempo, con analoghe modalità, anche dal Giappone e dalla Gran Bretagna. Il reiterato annuncio della sua applicazione un effetto tangibile lo ha determinato: la netta riduzione di valore dell’euro rispetto al dollaro il cui relativo rapporto è passato negli ultimi sei mesi da 1,37 a 1,1 dollari per euro (-20%). Le esportazioni di marca europea dovrebbero trarne tangibile beneficio, compatibilmente con la contrazione dei mercati di consumo mondiali. Un dubbio sovviene e va esplicitato: il rapporto di cambio appena indicato ha registrato l’evidente cambio di passo per via dell’annuncio della menzionata operazione da parte della BCE o a seguito di contemporaneo preavviso da parte della Federal Reserve (FED) di arresto imminente del loro “quantitative easing” già in eclatante attuazione da diversi anni? La FED con quel sistema ha inondato il mercato americano e quello internazionale di miliardi di dollari in misura tale che molti temono per la intervenuta creazione di una esplosiva bolla finanziaria che rischia di esplodere facendo saltare tutti i mercati finanziari, non solo quelli americani. Si riferiva a questo Alan Greenspan, ex Presidente della Federal Reserve USA, quando, nei giorni scorsi, ipotizzava un grosso pericolo all’orizzonte? E’ notoria, a tal riguardo, l’incessante corsa dei mercati borsistici americani a partire del 2010 e la crescita a dismisura dei corrispondenti indici azionari, non proprio in sintonia con i progressi delle realtà aziendali sottostanti. L’indice Nasdaq composite dei titoli tecnologici americani ha superato il 2 marzo 2015 i cinquemila punti (5.008 per l’esattezza), salvo abbandonare tale livello nei giorni successivi. Si sostiene ripetutamente da parte di ambienti BCE che il ritmo di acquisto e il piano programmato non terminerà fino a che le aspettative di inflazione di medio termine non siano tornate ampiamente ancorate al 2%. Il mercato viene in qualche modo portato per mano con evidente alterazione dei naturali processi che determinano la formazione del reddito nazionale, ripartito poi tra consumi, risparmio ed investimenti, detratte le imposte. Avrei compreso e condiviso l’intervento eccezionale della BCE se, in sintonia con gli organi dirigenti dell’Unione europea, fossero stati individuati dieci (10) grandi progetti di comune interesse sui quali “puntare” 1.000 miliardi di euro, dando vita e sostegno a conseguenti attività imprenditoriali, nonché a distribuzione di risorse connesse ai nuovi posti di lavoro creati con le dieci maxi-iniziative. Si dirà che l’iniziativa di “quantitative easing” ha bisogno di meccanismi di rapida implementazione per poter dispiegare gli effetti sperati. Ho grossi dubbi sull’ansia delle banche – di fatto affidatarie delle risorse straordinarie – di elargire denaro aggiuntivo alle aziende che, in complesso, hanno generato un monte di crediti in contenzioso, forse irrecuperabili, per centinaia di miliardi di euro. Negli anni scorsi – in particolare nel 2011 – avevo previsto a più riprese l’eventualità di applicare in via eccezionale un’imposta patrimoniale del 5%, con esclusione del valore attribuito alla casa di abitazione, per la decurtazione netta del debito pubblico nazionale.  Avevo allo stesso tempo ipotizzato il contemporaneo acquisto da parte della BCE di titoli dello Stato italiano – e degli Stati europei che avessero scelto la medesima strada – per importo pari a quello introitato con l’imposta patrimoniale. Il tutto accompagnato da mutui bancari decennali a tasso minimo per finanziare i proprietari a corto di liquidità. Quanto da me ipotizzato sembrava logico ed accettabile e tale da impegnare proficuamente le energie nazionali, mettendo alla prova le capacità e le responsabilità dei politici ed alimentando sinergie tra classe dirigente e popolo che avrebbero dispiegato i loro buoni effetti anche in via successiva, dopo la specifica operazione. La mia modesta ipotesi non ha avuto ascolto. Probabilmente era considerata indifendibile e non presentava requisiti di applicabilità sul piano tecnico e politico. Pazienza! Ho svolto il mio piccolo compito di cittadino pensante. In futuro la storia ci dirà quanto bene faranno gli interventi di “quantitative easing” della BCE di Francoforte. Potrà anche elencarci i danni che “applicazioni esterne, sostanzialmente autoritarie” spiegheranno sulle economie e le strutture sociali degli Stati europei destinatari degli specifici interventi finanziari non proprio ininfluenti e disinteressati della Banca Centrale Europea.Sàntolo Cannavale