Le decisioni italiane “frutto proibito” della forza maggiore

 Giuseppe Lembo

Che strano Paese è ormai diventato il nostro Paese! Si fa sempre più, tutto per “forza maggiore”. Chi ci governa sgovernando, decide in nome di scelte obbligate, che hanno la propria ragion d’essere nella sempre più abusata “forza maggiore”. Siamo ormai fuori da ogni ordinarietà. Siamo un paese assolutamente anomalo, il cui sistema e le cui regole ordinarie sono state messe da parte e sacrificate sempre più alla “forza maggiore”. Le decisioni italiane sono decisioni emergenziali; trattasi di decisioni connotate dal solo obiettivo di salvare il salvabile, garantendosi nel potere, con un’azione di crescente promozione della sola propria immagine, purtroppo e sempre più, priva di quel protagonismo del fare, necessario non solo al presente ma anche al futuro italiano che oggi più che mai, nella logica delle decisioni, di corto respiro, basate sulla “forza maggiore”, sembra non interessare più nessuno.

Personalmente considero preoccupante per il futuro italiano l’azione di continuo inserimento dei magistrati quali tutori unici oltre che del diritto e della legalità, della stessa moralità cittadina, non più avvertita dalla gente, mancando quei riferimenti forti, assolutamente necessari per essere istituzionalmente credibili.

Non può la magistratura da Milano a Roma, a Napoli ed in tante altre realtà italiane essere chiamata a sostegno di un ruolo squisitamente politico che appartiene rigorosamente al mondo politico, perché è della società e quindi patrimonio comune di tutti i cittadini.

Io ho un grande rispetto per i magistrati nel ruolo proprio di operatori di giustizia, un sacro diritto italiano, a tanti assolutamente negato, essendo ormai in un sistema paese dove, cenerentola delle cenerentola, è proprio l’organizzazione della giustizia, necessaria per tornare ad essere un Paese normale.

Non sono i magistrati Raffaele Cantone, il moralizzatore delle ruberie italiane, o De Magistris nel ruolo di Sindaco di Napoli, o Casson, prossimo candidato a Sindaco di Venezia e tanto meno l’ultimo acquisto di Marino, Sindaco di Roma, con la nomina di un altro giudice eccellente, per rendere meno tristemente pesante, il fardello delle ruberie romane, il toccasana per una situazione di profondo malessere generato nel corso degli anni dalla società italiana dell’apparire e dell’avere, che ha considerato assolutamente normale rubare togliendo da ladri, beni e risorse, patrimonio comune della gente comune di quest’Italia ormai senz’anima.

L’operazione moralizzatrice del Paese attraverso l’innesto dei magistrati nei ruoli propri della politica è un’operazione abbastanza inutile e perdente; tanto, in quanto dà come unico risultato la sola immagine della moralizzazione pubblica.

Non è serio, né opportuno pensare ai magistrati come i nuovi santi italiani da alzare all’onore degli altari; si tratterebbe di icone non salvifiche perché prive delle condizioni sante per trasformare le diavolerie italiane in atti di legalità diffusa, assolutamente utili al bene comune del Paese.

Insisto col riproporre il mio rispetto assoluto per il ruolo che devono attivamente esercitare i magistrati in Italia, per ridare quella cultura antropologicamente diffusa di legalità e di rispetto morale, necessaria per restituire al nostro Paese quella normalità che ormai non ha, essendo in condizioni di deriva che, per la loro gravità, sono l’inizio della fine.

Quello dei magistrati è un ruolo importantissimo; va rispettato e considerato utilmente giusto dal Paese che deve partire dal rispetto delle leggi per cambiare; per cambiare nel presente e costruire insieme il futuro che non può assolutamente essere immaginato se mancano nelle coscienze della gente, i valori propri della legalità e di quella virtù della normalità ormai dimenticata, perché tutto si fa in nome del principio sovrano, unto di divino, della “forza maggiore”.

Con l’urgenza, a tamponamento di situazioni diffusamente emergenziali e con la “forza maggiore”, toccasana delle risposte date alle sempre nuove situazioni di difficoltà italiana, l’Italia proprio non cambia; l’Italia assolutamente non può cambiare.

È bene metterselo in testa che le misure straordinarie, hanno alla base il solo principio della straordinarietà; come tali, non possono costituire la norma.

Con la straordinarietà il Paese ha il solo respiro dal fiato corto; dal fiato sempre più corto, per cui è inevitabile il rischio del collassamento.

La “forza maggiore” è una inopportuna dominante nel governo del Paese; è il frutto di una politica non politica dal fiato corto.

Per l’effetto diffuso del suo utilizzo nel governo del Paese, il Parlamento si va svuotando delle sue funzioni naturali; c’è un uso abusato dei decreti legge (20 in 10 mesi, per il governo Renzi; 22 Letta; 25 Monti).

Così facendo, è un abuso assolutamente inopportuno; da strumento normativo straordinario è diventato, abusandone, una regola del tutto irregolare nel rapporto Parlamento-Governo, con le false caratteristiche di continuità, da vero e proprio strumento innovativo.

Oltre al decreto legge, altra anomalia italiana, è il continuo uso-abusato del voto di fiducia che, da straordinario, per come viene usato, è diventato assolutamente ordinario.

Nei soli dieci mesi del governo Renzi si è fatto ricorso al voto di fiducia ben 30 volte; un record che non ha eguali in nessuna parte del mondo.

Agisce, nel rapporto governo-parlamento, come azione assolutistica, con l’imposizione del ricatto, in nome della “forza maggiore” che, così facendo, svuota la democrazia del paese.

In nome e per conto della “forza maggiore” si fa di tutto e di più nel nostro Paese, come per la rielezione anomala del Presidente della Repubblica, resa possibile per quei “tempi eccezionali” previsti dalla Costituzione.

Che ne sarà mai del futuro del nostro Paese se l’ordinarietà delle regole viene sempre più spesso sacrificata in nome dell’urgenza permanente?

Non è possibile essere garantiti da una condizione emergenziale, dal futuro assolutamente negato; occorre, come diritti acquisiti tornare ad essere un Paese normale, facendo valere sempre e solo le regole, oggi eclissate in nome di un’emergenza dettata dalla “forza maggiore”.

Con l’urgenza che non produce niente di buono, il Paese continuerà a vivere alla giornata; il suo fiato sempre più corto, non gli permetterà di pensare al futuro, credendoci.

I programmi a lungo termine devono avere come presupposto di partenza quel protagonismo di futuro che c’è solo quando si è capaci di crederci; se non c’è questa capacità, non si può assolutamente pensare di progettare il futuro, in quanto mancano le certezze che sono necessarie a pensare situazioni di prospettive che vanno oltre l’urgenza permanente.

La credibilità italiana è ad un livello assolutamente basso.

Non siamo credibili agli occhi del mondo e non siamo per niente credibili nei comportamenti comuni del fare italiano; un fare purtroppo frastornato, un fare a ruota libera dove ciascuno va liberamente per la sua strada senza porsi l’obiettivo di incontrare l’altro per un insieme umano e sociale necessario alla produzione delle idee, alla creatività per il futuro ed all’organizzazione di un Paese che vuole continuare ad andare avanti rispecchiando le aspettative della gente.

Per tutto questo occorre cambiare; occorrono cambiamenti profondi nell’umanità italiana, oggi confusamente poco italiana, andando come va, a ruota libera, con indifferenza assoluta degli uni per gli altri.

Occorre e da subito un Progetto Italia, ispirato ad una forza rigeneratrice che, unitamente agisca per il bene comune, ritrovandosi da protagonista a mettere insieme un “processo innovatore”, assolutamente necessario all’Italia, patrimonio comune delle future generazioni.

Per far rinascere l’Italia, attraverso un intelligente processo rigenerante da nuovo Rinascimento italiano, bisogna partire dai saperi italiani e dalla conoscenza.

Bisogna partire dalla Scuola, la grande ammalata d’Italia; il sistema educativo italiano, molto formale, non ha le competenze giuste per una crescita dell’uomo che passa attraverso la cultura.

Purtroppo la Scuola italiana con molte ombre e tanta, tanta poca luce, pur avendo dentro di sé interessanti eccellenze, soffre di un senso diffuso di indifferenza per il fare educativo, mancando della capacità di coinvolgere ed appassionare gli studenti che la frequentano.

C’è nella nostra scuola il male del sapere preconfezionato, che viene inopportunamente proposto come semplice trasmissione di una conoscenza senz’anima. È questo un grave disastro italiano!

Produce un rifiuto diffuso per un sapere assolutamente indigesto ed irricevibili; produce sofferenza, noia e tanta, tanta indifferenza; produce, sempre più, il rifiuto di una trasmissione di conoscenze di seconda mano che ormai non affascinano più nessuno.

La nostra Scuola manca, prima di tutto, di un buon metodo di insegnamento; è questa una mancanza grave che ne compromette i risultati umani e sociali del mondo giovane, sempre meno fortunato, sempre più privo degli strumenti del sapere, utili per costruire percorsi d’insieme, innovando, acquisendo tecnologie ed organizzazione, per percorsi intelligenti di un futuro che ha le sue buone radici nel presente e quindi proprio nel mondo della Scuola, insostituibile palestra di formazione dei giovani, purtroppo, sempre più privi di interesse per processi educativi che tali non sono, mancando tra l’altro, di buon senso educativo e formativo.

Bisogna saggiamente pensare al “saggio” italiano per dare un diverso futuro al nostro Paese.

Nel che fare, al primo posto c’è l’istruzione; c’è la cultura; ci sono i saperi e la conoscenza.

Convinto come non mai di questa via obbligata, tutta da percorrere, al fine del bene comune, condivido il pensiero saggio che ci viene in eredità da Nelson Mandela che andava ripetendo a se stesso ed agli altri “l’istruzione è l’arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo”.

Per il suo forte amore  a Mandela, il giovane premio nobel per la pace 2014, Manala, rischia ogni giorno la vita, sfidando il cieco integralismo di chi inopportunamente pensa anche per il presente all’oscurantismo umano di quei tempi bui, dove, purtroppo, non c’era rispetto per l’uomo, con potenti-prepotenti, padri-padroni anche della carne umana. Una condizione questa che si ostinano con fanatismo a voler mantenere inopportunamente viva.

La Scuola,la buona Scuola, serve al mondo per cambiare il mondo; la Scuola, la buona Scuola, serve all’Italia, per cambiare l’Italia, liberandola dalle condizioni disperate in cui nani e nanetti della cultura e soprattutto della falsa politica, pensando egoisticamente al solo proprio bene, la costringono a vivere.

Ma non sarà così per sempre! Ci sarà anche per il nostro Paese l’atteso miracolo dei saperi e delle menti pensanti per cambiarne concretamente le sorti, portandoci le certezze di un mondo nuovo; tanto, ben utilizzando i tesori italiani e soprattutto gli insegnamenti di chi ha pensato alla Scuola come pilastro di un mondo nuovo; come fonte di un sapere per quella coscienza dell’infanzia profonda e forte che deve appartenere ad ogni persona per poter costruire quell’assolutamente necessario futuro diverso di solidarietà italiana e del mondo, oggi confusamente preso da un apparire consumistico che non porta da nessuna parte se non al risultato annunciato del disastro Italia ed in modo ancora più grave del disastro mondo, sempre più vittima di se stesso, per l’insipienza diffusa di una profonda crisi della solidarietà umana.