Salerno: De Luca e il groviglio della Severino

Angelo Cennamo

La condanna per abuso d’ufficio di Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e candidato alle primarie del Pd in Campania, a poche ore dalla pronuncia della sentenza, sta già sollevando uno di quei polveroni mediatico-istituzionali ai quali noi italiani siamo abituati da oltre un ventennio. Il caso di De Luca, però, rischia di diventare addirittura grottesco per almeno due ragioni. La prima:  la natura istrionica del personaggio, da sempre poco incline alla comprensione e all’accettazione del dissenso. La seconda: l’ingarbugliata normativa che regolamenta la sospensione dei politici condannati, anche nel solo primo grado di giudizio, dalla carica che ricoprono. Non bastando infatti la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici a disciplinare la materia  in modo chiaro ed esaustivo, il legislatore ha pensato bene di rincarare la dose con una nuova legge che per certi versi si sovrappone al codice penale. La legge Severino – dal nome dell’ex ministro della giustizia – fu concepita essenzialmente per colpire il solito noto della scena politica, il tizio che andava abbattuto anche oltre le condanne in tribunale e oltre la regola elementare della irretroattività della norma. Ma il caso, o forse l’incompetenza, ha voluto che in un’altra  circostanza – identica a quella di cui stiamo parlando – l’applicazione della stessa legge venisse giudicata meritoria di migliore approfondimento proprio per le palesi contraddizioni rispetto ad altre norme, e per l’indecifrabilità dei contenuti. La vicenda di De Luca, infatti, ricalca quella di un altro primo cittadino campano, Luigi De Magistris, il quale, a seguito della condanna per lo stesso reato del suo omologo,  si è visto sospendere dal Tar la sospensione – non è un bisticcio di parole ma l’assurda realtà dei fatti – della carica di sindaco di Napoli,  impostagli proprio dalla Severino. Capirete come un simile groviglio non giovi alla credibilità della giustizia, della magistratura, né della politica. Ma l’idea che De Luca voglia farsene legittimamente scudo,  come già prima di lui fece De Magistris, non fa bene neppure alla sua immagine di politico navigato e di sindaco perenne.  De Luca ha già fatto sapere che non intende rinunciare alla poltrona di primo cittadino e neppure alle primarie del Pd in Campania. Lo “sceriffo” salernitano, sicuro della propria innocenza, promette battaglia e annuncia di non fermarsi. Bene. Faccia come crede e buona fortuna, a lui e al suo staff. Tuttavia, a nostro modesto avviso, la fotografia che viene fuori da questa storia così complessa e noiosa per la moltitudine dei cittadini, disorientati ed afflitti da ben altri pensieri, è quella di un uomo indispettito e ingordo di acclamazione, in preda ad una sorta di narcisismo reattivo, più che di un amministratore pubblico deciso a perorare la propria causa, per quanto essa possa risultare giusta. De Magistris, personaggio molto simile a De Luca per temperamento e determinazione, poteva se non altro beneficiare di un’attenuante, quella di essere sindaco solo da pochi mesi. Ma il nostro amato De Luca, per quanti anni ancora intende restare nell’agone della politica?