Il Natale visto da Plinio Correira De Oliveira

don Marcello Stanzione

Plinio Correa de Oliveira nasce a San Paolo del Brasile, il 13 dicembre 1908, da due illustri famiglie. Dopo i primi anni di formazione sotto lo sguardo premuroso dei suoi genitori e la sicura guida d’una istitutrice bavarese, egli entra nel Collegio San Luigi, dei padri gesuiti. Posto di fronte al contrasto fra l’ambiente cattolico e tradizionale del focolare materno, con il quale sente naturale affinità, e i tratti di sregolatezza morale, volgarità e frenesia presenti nella vita degli anni ’20, il giovane Plinio prende la precoce decisione di consacrare interamente la propria vita alla difesa della Chiesa e alla restaurazione della civiltà cristiana. Questo impegno si concretizza nel 1928 col suo ingresso nelle Congregazioni Mariane, Inizia allora l’epopea della sua vita pubblica. Affascinante oratore ed uomo d’azione, Plinio Correa de Oliveira diventa l’esponente più in vista del Movimento cattolico brasiliano. Nel 1929 fonda l’Azione Universitaria Cattolica, che si estende a molte scuole superiori. Nel 1932 promuove la formazione della Lega Elettorale Cattolica. Nell’anno seguente viene da essa eletto deputato all’Assemblea Federale Costituente. E’ il più giovane e il più votato del Paese. Plinio Correa de Oliveira si afferma allora come il leader più influente del gruppo parlamentare cattolico. In quell’assise costituzionale, il gruppo cattolico ottiene l’approvazione integrale del suo Programma. Nell’insospettabile testimonianza dell’ex ministro della Giustizia e presidente della Corte Suprema, Paulo Brossard, “la LEC fu l’organizzazione extra-politica che nella storia del Brasile ha esercitato la maggiore influenza politica”. Questa felice incursione dei cattolici in politica condotta da Plinio Correa de Oliveria, ha molteplici e profonde conseguenze. Anzitutto, serve di decisivo freno alla montante minaccia social-comunista, che non pochi consideravano ineluttabile, visto lo “spirito dei tempi”. Osvaldo Aranha, titolare dal 1930 al 1940 di diversi portafogli e presidente, nel 1947, dell’Assemblea Generale dell’ONU, giunse a dire: “Se i cattolici non si fossero uniti per intervenire nelle elezioni del 1933, il Brasile sarebbe oggi definitivamente deviato a sinistra”.  Inoltre, lo spuntare di un robusto movimento cattolico induce una notevole diminuizione del tonus laicista ne la vita pubblica brasiliana. L’elezione di tanti deputati della LEC e il loro successo parlamentare è una dimostrazione dell’immensa forza politica dei cattolici. Una forza che, nell’intento di Plinio Correa de Oliveira, avrebbe reso possibile la piena restaurazione della civiltà cristiana. Scaduto il suo mandato parlamentare, Plinio Correa de Oliveira assume la cattedra di Storia della civiltà nell’Università di San Paolo e, più tardi, di Storia Moderna e Contemporanea nella Pontificia Università Cattolica di San Paolo. Nel 1933, dirige il giornale “O Legionario”, trasformandolo nel maggiore settimanale cattolico del Paese. Intorno al periodico raduna una dinamica corrente informalmente conosciuta come “Gruppo del Legionario”, che dà l’impulso all’insieme del Movimento cattolico. In America e anche in Europa si comincia a parlare di Plinio Correa de Oliveira come di una presenza per la civiltà cristiana. Nel momento in cui il nazifascismo è una moda davanti alla quale tanti vacillano, Plinio Correa de Oliveira mantiene il “Legionario” su posizioni cattolico-tradizionaliste, radicalmente contrarie al nazismo e al fascismo. Quando gli stessi oppositori del nazismo considerano questo come un avversario , Plinio Correa de Oliveira denuncia la comune radice dottrinale dei due movimenti, di stampo gnostico, egualitario e socialista. Nel 1942, Plinio Correa de Oliveira è il principale oratore nel IV Congresso Eucaristico Nazionale, e porta, a nome dell’Episcopato brasiliano il saluto ufficiale al rappresentante del Presidente della Repubblica. La folla, calcolata in oltre mezzo milione di persone, acclama entusiasta il suo nome. La sua fame è all’apice. Intanto, spunta all’orizzonte una nuova realtà: l’Azione Cattolica. Voluta da Pio XI per agevolare la partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa, l’Azione Cattolica si espande rapidamente in Europa ed in America. Nominato presidente della Giunta Arcidiocesana dell’Azione Cattolica di San Paolo, nel 1040, Plinio Correa de Oliveira subito nota, in certi settori di questo movimento, una cospicua influenza delle correnti cattolico-democratica e neomodernista, condannate da precedenti Pontefici. Fuorviati da pensatori come Maritain e Mounier, e da teologi come Chenu e Lubac, attivisti di orientamento progressista s’infiltrano in alcune organizzazioni dell’Azione Cattolica, diventando strumenti per la diffusione dei loro errori. Per fermare quest’infiltrazione nel laicato cattolico, nel 1943 Plinio Correa de Oliveira scrive il suo primo libro “In difesa dell’Azione cattolica”. L’autore vi denuncia l’esistenza di un movimento tendente a sminuire gradualmente il principio di autorità nella Chiesa. Nel campo sociale, questo movimento si caratterizza per il rifiuto delle giuste e armoniche disuguaglianze sociali e per l’incoraggiamento alla lotta di classe. Il prologo è scritto dall’allora Nunzio apostolico in Brasile. Venti vescovi applaudono l’opera. Il Provinciale gesuita la appoggia. Nonostante questi autorevoli sostegni, ai quali si aggiunge, nel 1949, una fervida lettera di approvazione all’autore, scritta a nome di Pio XII da mons. Giovanbattista Montini, sostituto alla Segreteria di Stato della Santa Sede e futuro papa Paolo VI, è addirittura dall’ambiente cattolico che provengono le opposizioni più dure alle tesi esposte nel libro. Una terribile bufera di calunnie si abbatte allora sul Gruppo del Legionario. Il numero di parrocchie che diffondono il periodico cala. Plinio Correa de Oliveira, finora oratore molto in voga, non viene più invitato. Nel 1945, perde la carica di presidente dell’Azione Cattolica di San Paolo. Alla fine, il suo principale mezzo di propaganda, il Legionario, è sottratto alla sua direzione. Benché le apparenze possano indurre a trarre una conclusione in senso contrario, l’obbiettivo del libro è pero pienamente raggiunto: il progressismo p definitivamente smascherato in Brasile e non potrà più camuffarsi da fede. L’ostracismo dura tre anni. Nel 1951, Plinio Correa de Oliveira fonda il mensile di cultura “Catolicismo”, del quale sarà rettore fino alla morte. Intorno al periodico raduna una corrente d’opinione che presto diventa un polo del pensiero nazionale. Nasce il “Gruppo del Catolicismo”, nel quale trovano naturale indirizzo coloro che, discordano dal corso sempre più rivoluzionario degli avvenimenti, vogliono opporre a questo un’energica reazione. Lo stendardo della restaurazione cristiana di nuovo sventola con fierezza. Rinvigorito dalle polemiche dottrinali col progressismo, sia politico che religioso, Catolicismo affonda le radici in tutto il territorio nazionale. I convegni del movimento si moltiplicano, fino a radunare centinaia di partecipanti. Ha inizio allora l’espansione internazionale. Lunghi soggiorni in Europa offrono a Plinio Correa de Oliveira l’occasione di contattare le correnti tradizionaliste europee, creando legami di amicizia e collaborazione che tuttora persistono. In diversi Paesi dell’America Latina, germogliano nuclei di simpatizzanti. Allo scopo di dare una maggiore solidità dottrinale a questa crescente schiera di discepoli, Plinio Correa de Oliveira scrive, nel 1959, il suo capolavoro “Rivoluzione e Contro Rivoluzione”. Un anno dopo nasce la Società Brasiliana per la difesa della tradizione, famiglia e proprietà- TFP. Ispiratesi al pensiero e all’esempio di vita di Plinio Correa de Oliveira, fioriscono altre TFP e associazioni autonome sui cinque continenti. Plinio Correa de Oliveira è ormai, a livello mondiale, maestro del pensiero controrivoluzionario. A differenza di tanti altri intellettuali, egli non rimane confinato nell’ambito dello studio, ma si fa apostolo delle sue idee. L’uomo coerente che vuole impersonarle, proponendone l’attuazione con tutti i mezzi a sua portata. Ormai identifica con la storia delle TFP, la vita di Plinio Correa de Oliveira si svolge in continuo contrasto con gli errori rivoluzionari. I suoi interventi negli avvenimenti brasiliani ed internazionali sono numerosi e significativi. Ne sottolineiamo due: In Francia, nel 1981, Francois Mitterrand è eletto presidente. Il suo “socialismo autogestionario”, accolto con giubilo dai progressisti di ogni sfumatura, è subito mandato alla ribalta dai mass media in una sorta di primavera propagandistica mondiale: sarebbe la via d’uscita dalla crisi del cosidetto: “socialismo reale”, ormai moribondo. Per sbarrare il passo a questo pericolo, Plinio Correa de Oliveira scrive il manifesto “Il socialismo autogestionario di fronte al comunismo: barrire o testa di ponte?”. Pubblicato su 155 giornali di 55 nazioni, con  tiratura complessiva di 33.500.000 copie, questo manifesto costituisce uno dei fattori, forse fra i maggiori, che avviano al declino il socialismo autogestionario, come affermano opinionisti e storici. Nel 1990, Plinio Correa de Oliveira lancia la TFP brasiliana nella campagna Pro Lituania libera, ricevendo immediatamente l’adesione delle altre TFP. In tre mesi si raccolgono 5.212.580 firme in sostegno all’indipendenza della Lituania. Il Guiness dei Primati la registra come maggiore sottoscrizione della storia. Gli opinionisti la ritengono come uno dei fattori che ebbero una decisive influenza nel processo di liberazione dei Paesi baltici dal giogo sovietico, con la conseguente rovina dell’URSS. Questa intensa attività, tuttavia, non ci deve far dimenticare la profondità dottrinale di Plinio Corre de Oliveira. Venti libri, più di 2.500 saggi ed articoli, più di ventimila conferenze ed interventi in commissioni di studio, riportate in oltre un milione di pagine, attestano la sorprendente prolificità di questo pensatore ed uomo d’azione brasiliano. L’ultimo libro di Plinio Corre de Oliveira è “Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII” (1993). In quest’opera l’autore commenta le quattordici allocuzioni rivolte dal Pontefice al patriziato e alla nobiltà romana, contenenti un appello a preservare con cura, nei Paesi con tradizione nobiliare, le rispettive aristocrazie. Plinio Correa de Oliveira mette in rilievo l’importante compito che tocca alle élites, anche al giorno d’oggi, sottolineando il valore religioso e culturale delle tradizioni che incarnano, così come la loro ardua missione a sevizio del bene comune spirituale e temporale nel turbolento mondo di oggi. Plinio Correa de Oliveira muore a San Paolo del Brasile il 3 ottobre 1995, confortato dai sacramenti della Santa Chiesa e avendo ricevuto l’apostolica benedizione. Il suo corteo funebre è accompagnato da 5.000 persone giunte da ogni parte del mondo, compresa l’Italia per rendere l’ultimo omaggio al compianto maestro. “Lux in tenebris lucet” (Gv. 1,5): sono le parole con cui il discepolo amato annunciò al suo tempo e ai secoli venturi il grande avvenimento che celebriamo in questo mese. Formula sintetica, senz’altro, ma che esprime il contenuto inesauribilmente ricco del grande fatto: dappertutto c’erano le tenebre, e nell’oscurità di quelle tenebre si accese la Luce. Perciò la Santa Chiesa afferma, con le parole profetiche di Isaia, il suo giubilo nella notte di Natale: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano nelle tenebre una luce rifulse…Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il regno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace” (Is. 9,1-5, introito della 2°. Messa di Natale). Qual è la ragione di queste metafore? Perché luce? Perché tenebre? I commentatori affermano che le tenebre che coprivano la terra quando il Salvatore nacque erano l’idolatria dei gentili, lo scetticismo dei filosofi, la cecità degli ebrei, la durezza dei ricchi, la ribellione e l’ozio dei poveri, la crudeltà dei sovrani, i guadagni degli uomini d’affari, l’ingiustizia delle leggi, la difettosa costituzione dello Stato e della società, la soggezione del mondo intero alla prepotenza di Roma. Fu nella più profonda oscurità di quelle tenebre che Gesù Cristo apparve come una luce. Quale è la missione della luce? Evidentemente, dissipare le tenebre. Difatti, a poco a poco, esse cedettero. E, nell’ordine delle realtà visibili, la vittoria della luce consistette nell’instaurazione di una civiltà cristiana che, al tempo del suo apice e malgrado le imperfezioni inerenti a ciò che è umano, fu un autentico regno di Cristo nella terra. Non è il caso di fare qui la storia del crepuscolo della Cristianità occidentale. Basti ricordare che da San Tommaso e da San Luigi Re siamo scivolati nella nostra era di laicismo e di ateismo. I ricchi sono di nuovo duri, i poveri tendono sempre più alla ribellione e all’ozio, la crudeltà è nuovamente penetrata nelle leggi dei popoli e nei rapporti fra nazioni, i guadagni degli uomini d’affari non hanno limiti, la costituzione della società e dello Stato si rende fatto del mondo antico potrebbe applicarsi al mondo di oggi, con semplici cambiamenti di nomi. Queste sono le tenebre. E la luce? La luce è sempre Gesù Cristo. E la luce siamo anche noi, perché “christianus alter Christus”. Come agire per dissipare le tenebre? Come ha fatto Gesù Cristo , la luce per eccellenza. Per il suo esempio e per le sue parole, il Signore ci insegna innanzitutto che non bisogna mai tacere la verità; che va proclamata intera, anche quando i nostri ascoltatori non dovessero applaudirci, quando anche addirittura volessero lapidarci e crocefiggerci. E’ necessario annunciarla con parole minacciose? E’ necessario annunciarla con un’espressione d’indulgenza e pietà? Nostro Signore fece una cosa e l’altra, a seconda dello stato di animo di coloro a cui si rivolgeva, e lo stesso dobbiamo fare noi. Non dovremo rinunciare né alle parole infuocate e ai toni polemici, né alle formule di dolcezza e di stimolo. E chiederemo a Gesù Cristo che ci dia il discernimento degli spiriti adatto per fare opportunamente una cosa e l’altra. Ci furono dei santi che fecero principalmente una cosa e ci furono dei santi che fecero principalmente l’altra. Quello che non c’è mai stato, un santo che non fosse né severo, né dolce. Ognuno agiva d’accordo al soffio dello Spirito, e perciò gli uni e gli altri sono stati canonizzati dalla Chiesa. Ognuno di noi agisca secondo lo spirito che ha e non lanci pietre sull’altro perché agisce in modo diverso. A una condizione, però, e molto importante, e cioè che nell’applicazione dei principi mai si può cedere. Sorridendo o sgridando, poco importa, si dica che il bene è bene e il male è il male. Non si abbia la pur minima transigenza verso il male, né verso la più piccola e nascosta sua manifestazione. E non si smetta di stimolare, di incentivare, di predicare il bene in tutti i suoi aspetti, sia che causi o non causi dolore. Agire diversamente non è propagare la luce, ma velarla e volerla estinguere. Questa è la lezione che ci ha lasciato Colui la cui nascita celebriamo inginocchiati. Sappiamo imitarlo fino alla fine della strada, anche si ripudiati e vilipesi da tutti. E che male ce ne può venire se un giorno dovessero scrivere sul nostro epitaffio “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. ( Gv. 1,11), se così avremo imitato Colui la cui imitazione è il nostro unico ideale, tutta la nostra ragion d’essere?”.

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