Salerno Contemporanea: I virtuosi di San Martino “La Repubblica di salotto”

La comicità musicale irriverente dei Virtuosi di San Martino è di scena alla Sala Assoli di Napoli dal 9 al 14 dicembre: Roberto Del Gaudio & soci ripropongono infatti la Repubblica di salotto, una ricognizione comica, ironica, sprezzante, “politically incorrect” dell’Italia di oggi, divisa tra nuovi autoritarismi e la banalizzazione ottimistica di modelli televisivi, mediatici, fondati sul consumo e sull’arricchimento facile. Secondo il quintetto partenopeo – al secolo Roberto Del Gaudio (voce), Federico Odling (violoncello), Vittorio Ricciardi (flauto), Antonio Gambardella (violino) e Dario Vannini (chitarra) – al peggioramento del Belpaese e della sua classe dirigente corrisponde, parallelamente, il declino della cultura di opposizione, incapace di produrre modelli di riferimento realmente alternativi, e che quindi finisce con l’allinearsi alle proposizioni del potere, relegandosi in salotti dalle frequentazioni sempre più trasversali, all’interno dei quali si perpetrano e si consolidano le forme sociali dominanti… un salotto “buono” (quello televisivo) dove tutti partecipano a fare e a disfare, a dire e a contraddire e dove non c’è più verità ma sentenza, non c’è ne­cessità ma opportunità, non c’è voca­zione ma interdizione. Con la loro solita comicità cattiva, i Virtuosi, ispirandosi a Berhnard, a Petrolini, a Brecht, intraprendono un percorso secondo le modalità care soprattutto a Kurt Weill. Un viaggio teatrale attraverso il quale stigmatizzare tutti i “nuovi mostri”, accomunati da un linguaggio farcito di luoghi comuni, obsoleto, consunto e pertanto comicamente al tramonto. Uno per tutti: il «Disoccupato a Na­tale ». Il brano che racconta di un camorrista dei Casalesi che, durante le feste, rimane senza la­voro. Nel settore camorra, infatti, c’è poca mobilità e lui è costretto a vender­si finanche la pistola. Complici le forme musicali più eterogenee, i Virtuosi vogliono instillare nel pubblico un germe, il germe della risata… liberatoria, l’unica che loro seppellirà la piattezza dei nostri tempi. Dunque un teatro musicale comico, irriverente, che non conosce e non vuol conoscere padroni, che non intende essere “di genere”, ma che – al contrario – si prefigge di usare i cosiddetti “generi” per rivelarne l’inadeguatezza critica.