Il Femminismo e la Chiesa

Carlo Di Pietro

Il femminismo è un movimento ideologico ed attivista che rivendica la perfetta parità della donna all’uomo in ogni campo della vita sociale. Esso è lecito, doveroso  e moralmente compatibile con i precetti di fede cattolica, soltanto se e nella misura in cui la donna resta fedele a sé stessa con le specifiche e irrinunciabili attitudini e funzioni del sesso, che rappresentano una ricchezza da conservare e sviluppare per il bene della coppia, della famiglia, della società civile e della Chiesa cattolica stessa. Giovanni Paolo II nella “Mulieris dignitatem” (15 agosto 1988), visti anche i tempi di sfrenata secolarizzazione, immoralità e depravazione dei costumi, si occupò specificatamente della questione, delineando contesti e commentando: – La dignità della donna; – Il ruolo della donna nel contesto mariano; – la donna madre di Dio (THEOTÓKOS); – L’importanza del servizio; – L’immagine e la somiglianza con Dio; – – L’antropomorfismo del linguaggio biblico; – Il «principio» e il peccato; – «Egli ti dominerà»; – Le donne del Vangelo; – La donna sorpresa in adulterio; – Custodi del messaggio evangelico; – Prime testimoni della Risurrezione; – Due dimensioni della vocazione della donna; – La maternità; – La maternità in relazione all’Alleanza; – La verginità per il Regno; – La maternità secondo lo spirito; – «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore»; – La Chiesa sposa di Cristo; – La dignità della donna e l’ordine dell’amore; «Se tu conoscessi il dono di Dio».

Per approfondimenti leggere: LETTERA APOSTOLICA “MULIERIS DIGNITATEM”.

«Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. E’ per questo che, in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere».

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In uno dei suoi Discorsi Paolo VI disse: «Nel cristianesimo, infatti, più che in ogni altra religione, la donna ha fin dalle origini uno speciale statuto di dignità, di cui il Nuovo Testamento ci attesta non pochi e non piccoli aspetti (…); appare all’evidenza che la donna è posta a far parte della struttura vivente ed operante del cristianesimo in modo così rilevante che non ne sono forse ancora state enucleate tutte le virtualità».

«Nell’ambito del cattolicesimo potremmo dire che la Mulieris Dignitatem sta al mondo femminile, come la Rerum novarum di Leone XIII (15. 5. 1891) sta al mondo operaio» [A SERRA, La «Mulieris dignitatem». Consensi e dissensi, studio da pubblicare in Marianum 53 (1991)].

La Lettera Apostolica, Mulieris Dignitatem, del 15 agosto del 1988, rappresenta il grande dono fatto da Giovanni Paolo II alla Chiesa ed al mondo a conclusione dell’Anno Mariano. La lettera rappresenta una meditazione profetica tra Occidente e Oriente, tra secondo e terzo millennio, al crocevia dei continenti e della storia, si radica nel principio creativo di Dio dal quale fluisce tutto ciò che esiste e vive. Essa è pervasa da un respiro universalistico che si basa sul fatto che “Dio affida alla donna in modo speciale l’uomo” (Mulieris Dignitatem, 30). Il Papa, riguardo il rapporto marito-moglie, non sostiene la subordinazione della donna all’uomo, ma parla di “una sottomissione reciproca nel timore di Cristo” (Ef 5,21) e afferma: “tutte le ragioni della sottomissione della donna all’uomo nel matrimonio debbono essere interpretate nel senso di una reciproca sottomissione di ambedue nel timore di Cristo” (in MD,24). Pavel Evdokimov in una conferenza sul Divenire del femminile secondo Nikolaj Berdjaev, sottolinea come l’uomo, guerriero e tecnico, disumanizza il mondo, mentre la donna, orante, lo umanizza nella sua qualità di madre che veglia su ogni forma umana, e aggiunge che di fronte ai problemi del nostro tempo, come la Vergine con il suo fiat, così la donna è predestinata a dire no, ad arrestare l’uomo ai bordi dell’abisso ed a mostrargli la sua vera vocazione. [AA.VV., Donna: genio e missione, Atti del convegno nazionale promosso dall’Arcidiocesi Spoleto-Norcia e dall’Università Cattolica sulla Mulieris Dignitatem, Roccaporena di Cascia, 1-3 giugno 1989, Vita e Pensiero, Milano 1990, p. 11]. Il Papa scrive che la creazione dell’essere umano come uomo e donna “prelude alla definitiva autorivelazione di Dio, Uno e Trino: unità vivente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (in MD, 7). Il Papa insiste sui ruoli di vergine, sposa e madre per evocare “una ricchezza sconfinata dai molteplici volti” [AA.VV., Donna: genio e missione, Atti del convegno nazionale promosso dall’Arcidiocesi Spoleto-Norcia e dall’Università Cattolica sulla Mulieris Dignitatem, Roccaporena di Cascia, 1-3 giugno 1989, Vita e Pensiero, Milano 1990, p.16] come Maria che si definiva “serva del signore” (Lc 1,38) e non esitò a proclamare ed a favorire la fede nella comunità apostolica. Il Papa ricorda, ad esempio di come deve essere la donna, la figura di Santa Caterina da Siena, Santa Rita da Cascia, Santa Teressa Benedetta della Croce ed altre donne virtuose e degne di essere amate.

Biasimando qualsiasi forma di violenza, concludo ricordando che il tema fu affrontato più e più volte nella Scrittura. Citiamo, ad esempio, Isaia 3,16-24: Dice il Signore: “«Poiché si sono insuperbite le figlie di Sion e procedono a collo teso, ammiccando con gli occhi, e camminano a piccoli passi facendo tintinnare gli anelli ai piedi, perciò il Signore renderà tignoso il cranio delle figlie di Sion, il Signore denuderà le loro tempie». In quel giorno il Signore toglierà l’ornamento di fibbie, fermagli e lunette, orecchini, braccialetti, veli, bende, catenine ai piedi, cinture, boccette di profumi, amuleti, 21 anelli, pendenti al naso, 22 vesti preziose e mantelline, scialli, borsette, specchi, tuniche, cappelli e vestaglie. Invece di profumo ci sarà marciume, invece di cintura una corda, invece di ricci calvizie, invece di vesti eleganti uno stretto sacco, invece di bellezza bruciatura”. Va colta la pedagogia del castigo e la proiezione escatologica dello stesso.  All’uopo viene doveroso spiegare il senso di Giovanni 8,7, versi spesso usati dalle femministe come clava per giustificare le loro impurità immonde. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». I giudei erano pronti ad estorcere dalla bocca di Gesù una qualsiasi risposta fosse contraria alle Legge mosaica, pertanto sottoponevano il Messia ad ogni sorta di “prova” e di “esame” per portarlo alla contraddizione fra l’antica legge, in vigore presso i Giudei, ed il messaggio di Salvezza che Gesù (l’Innovatore) portava al popolo. Gesù, che certo non aveva bisogno di maestri umani, fu molto attento è disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei»; con questa espressione il Messia replicò in maniera intelligente e caritatevole, senza in alcun modo offendere la sensibilità dei Giudei e senza porsi in contrasto con la legge mosaica. Ciò fatto, difatti, i signori Giudei furono costretti ad allontanarsi e fuggirono via: “Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi ” (Gv 8,9). La risposta del Cristo lasciò perfettamente inalterata l’antica legge di Mosé e, nello stesso tempo, presentò al popolo lo spirito compassionevole del Salvatore verso una peccatrice rea di adulterio che, secondo la legge, andava punita mediante il lancio di pietre, e le prime dovevano essere scagliate dai testimoni, proprio per acuire il senso di responsabilità negli stessi (cf Deuteronomio 12,9; 17,71; Atti 7,58).

Il passo citato non testimonia principalmente la misericordia di Gesù, come potrebbe apparire da uno sguardo superficiale, ma rappresenta ben altro; Gesù, difatti, con la sua frase esorta i testimoni ad esaminare anzitutto sé stessi e non per un generico peccato, bensì per una precisa violazione del settimo Comandamento, peccato che si poteva manifestare o nel cuore o nel fatto compiuto (cf Mt 5,28).

Pertanto Gesù, in questo passo, tende piuttosto e principalmente a responsabilizza re il giudice ed i testimoni, esortandoli ad emettere sì una condanna, ma solo ed esclusivamente con la piena coscienza di essere essi stessi senza peccato. In pratica il Messia fornisce un chiaro insegnamento sul metro di giudizio, sulla purezza d’animo del giudice. Attenzione, quindi, Gesù non condanna il giudice ed i testimoni, ma li invita alla purezza d’animo ed alla serenità nel giudizio.; l’appello è alla coscienza di chi giudica, testimonianza ancora più forte e vera nel caso della violazione del settimo Comandamento che, ai tempi di Gesù ed i quelle località, era molto frequente, non a caso Gesù parla di generazione adultera e peccatrice. Il riferimento è qui: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” (Mc 8,38) Attenzione, quindi, alle strumentalizzazioni. Gesù non avrebbe mai potuto dire: NON LAPIDATE LA DONNA ADULTERA; così facendo sarebbe stato condannato prima del tempo, andando contro i piani del Padre. Gesù, invece, con la sua risposta non mette in discussione la condanna ma disarma i giudici, sporchi dentro, senza andare contro i Comandamenti

Riferimenti incrociati in Proverbi 12,18 oppure in 1Corinzi 14,24-25

V’è chi parla senza riflettere: trafigge come una spada; ma la lingua dei saggi risana“.

Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da tutti; sarebbero manifestati i segreti del suo cuore, e così prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi“.