Il Polo Turistico Locale della “Piana Sele Paestum”

 Aurelio Di Matteo

La Regione Campania, ben ultima dopo 13 anni, si è finalmente dotata di una Legge sul Turismo. Certo, essa non è il meglio che si potesse aspettare, ma contiene alcune cose importanti: l’eliminazione degli inutili carrozzoni degli Enti Provinciali del Turismo, il “coordinamento” programmatico annuale e d’indirizzo triennale della politica del settore, il coinvolgimento formale del “privato” e soprattutto la promozione dei Poli Turistici Locali, recependo in tal modo le tendenze, ormai consolidate e acquisite da tempo da altre realtà territoriali, delle nuove dinamiche del turismo. I PTL costituiscono uno strumento organizzativo utile per lo sviluppo di un territorio vocato al turismo, attraverso la definizione della sua identità e la selezione dei tratti che contraddistinguono la sua unicità e lo rendono riconoscibile, valorizzando la sua diversità nei confronti di altri territori per evitare che anneghi nell’indifferenziata molteplicità di contesti similmente ricchi di sedimentazioni storiche, ambientali e culturali. Da tempo ormai non è più il pacchetto preconfezionato che attira e viene venduto, ma è lo stesso “luogo” che diventa merce. Il concetto di località si trasforma in quello di merce e rappresenta il nuovo scenario economico e lo strumento della competitività del ”particolare” nel processo avanzato di globalizzazione. È questo che si deve intendere per Polo Turistico Locale e non un’aggregazione politico-amministrativa ispirata dalla logica e dalla interessata e miope piccineria del proprio “orticello” che, purtroppo, muove da sempre la governance locale. Con riferimento al territorio immediatamente a Sud di Salerno, sarebbe bene che si prendesse coscienza, una volta per tutte, dell’inutilità di “guardare” ad Agropoli e al Cilento e si volgesse l’attenzione alla “piana” e al bacino del Sele che storicamente ed economicamente hanno caratterizzato la sua  complessiva antropologia. E ciò vale soprattutto per Capaccio Paestum e la sua “naturale” chora collinare di Trentinara e Giungano. Non è fuor di luogo ricordare che già nel 1919, con la definizione delle zone agrarie, la XVI della Provincia di Salerno comprendeva i comuni di Albanella, Altavilla, Capaccio, Giungano, Serre, Trentinara ed Eboli – Battipaglia, diventata comune nel 1929, apparteneva al territorio di Eboli. È una vasta area omogenea per economia e per prospettiva di sviluppo, diversa e identificabile nei confronti delle altre che proprio dalle sue tipicità traggono vantaggi d’immagine e di attrazione ai fini turistici: enogastronomia, cultura, spazi ambientali e strutture di accoglienza. I prodotti della bufala non sono “altrove” ma nella “piana”; l’archeologia greco-latina, etrusca e lucana è tutta lì nella piana; la chora dell’entroterra collinare, con i suoi stupendi centri storici da valorizzare, è circondario della piana; l’archeologia industriale è patrimonio del territorio che insiste tra il Tusciano e il Sele; la ruralità agricola come retaggio architettonico e come sviluppo d’avanguardia si estende da Eboli a Capaccio Paestum, da Battipaglia a Giungano; la spettacolare sintesi di mare, sabbia e pineta comincia dal Tusciano e finisce proprio al Solofrone; le “vie fluviali” con il carico di economia e di ambiente, di storia umana e di prospettiva turistica sono tutte lì. È area per se stessa ricca di potenziale ricerca e creazione d’identità, omogeneamente protesa verso prospettive di sinergico sviluppo turistico ed economico. È un territorio che se guardasse al suo lato Sud sarebbe destinato all’annullamento e allo snaturamento in una realtà strutturata e vocata a una tipologia di turismo e a un’immagine identitaria che non le appartiene e dalla quale sarebbe sommersa, dopo averle “donato” il suo sangue economico e propagandistico. E i redigendi PUC possono ben costituire una delle precondizioni formali, sempre che la loro stesura, con le connesse “doglie” di un difficile parto, abbandoni la vecchia logica, che era a base degli scempi cementificatori dei Piani Regolatori, del “programmare e pianificare l’urbanizzazione” e si orienti verso una “progettualità che prefigura scenari“, per dare identità a un territorio e un quadro di riferimento normativo entro il quale le attività, gli interventi e le iniziative degli Enti pubblici e del Privato possano dare e trovare certezza di garanzie e celerità di realizzazione. E gli “scenari” prefigurabili dai singoli PUC possono ben armonizzarsi con quelli prefigurabili per un costituendo Polo turistico dell’intera Piana del Sele, oltre che renderli coerenti con la normazione posta in essere dalla Provincia con il Piano Territoriale di Coordinamento. Progettare un Polo Turistico Locale non è azione diversa dalla progettazione di un PUC, a condizione che esso sia inteso non più come “dimensionamento e destinazione di aree” ma come creazione di scenari entro i quali prevedere sviluppo economico e identità antropologica. E la Piana, il bacino del Sele con un’area di circa 3.500 Kmq, è tutta identificabile prefigurando quattro scenari, qui sinteticamente indicati: a) Mare-Spiaggia-Pineta; b) Fiume (navigabilità da diporto- percorsi ciclabili, ippici, esperienziali, ecc -); c) Terra (enogastronomia); d) Storia (archeologia, spazi museali, sedimentazioni industriali e rurali antropologicamente significative), rinviando al prossimo intervento una dettagliata disamina, soprattutto per ciò che manca e che è essenziale per lo sviluppo turistico ed economico.

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