Il momento di stanca

Amedeo Tesauro

Che la luna di miele per Renzi fosse finita lo si era capito. Del resto l’umore dell’elettorato appare volatile in un contesto di oggettiva difficoltà in cui si è pronti ad aggrapparsi a ogni barlume di speranza. Perché ciò è l’esperienza Renzi: l’ultima carta da giocarsi prima di un non ben precisato default politico che manderebbe per l’ennesima volta all’aria ogni piano di rilancio. Della situazione di stanca, intollerabile per uno che punta tutto sulla velocità del proprio agire, Renzi si è subito accorto lanciando la nuova offensiva mediatica dei mille giorni, praticamente riavviando da capo l’esperienza di governo. L’ennesima trovata propagandistica, a mo di antidoto contro la staticità, conferma l’abilità di Renzi come comunicatore, meno a livello politico dove fare nuove promesse è quasi sempre indice di non aver rispettato quelle precedenti. Fatto sta che la popolarità di Renzi tiene ancora, retta dalla speranza ancora viva (per quanto?) di aver trovato l’uomo giusto per risolvere i mille problemi del paese. Eppure la stanca c’è e si sente, una sensazione di frenata (da lì l’esigenza di ripartire con i mille giorni) che si accompagna ai dubbi sul premier: ottimo politico o solo ottimo comunicatore? Oppure, a dar per buono l’impeto dell’ex sindaco di Firenze, si potrebbe dire che la sua #svolta buona si scontra con la verità effettuale, il vigore di chi vuol cambiare sbatte contro l’impossibilità di vere riforme strutturali. Tuttavia lo stallo è condiviso anche dal Movimento 5 Stelle, il quale ha viaggiato sulle ali dell’entusiasmo dal suo ingresso in parlamento fino alle europee, salvo poi risvegliarsi dal sogno e prendere coscienza di un consenso tanto potenzialmente forte quanto volatile: stando ai recenti sondaggi Grillo scontenta un quinto del suo elettorato, una cifra cospicua se sommata ai tre milioni di voti persi alle europee. Colpa è sicuramente di Renzi, capace di far passare un messaggio di rinnovamento costruttivo invece che soltanto distruttivo, come appare alla maggior parte delle persone quelle del Movimento. Ecco allora che l’operato dei pentastallati appare meno forte e efficace, perso tra la necessità di non corrompersi interagendo col sistema, altrimenti si perderebbe il carattere distintivo del Movimento, e l’impossibilità di poter realmente fare qualcosa restando lì da parte. Considerando le difficoltà di manovre del governo e quelle evidenziate della maggiore forza di opposizione, il quadro che ne fuoriesce è quello di uno scenario politico stagnante, a soli pochi mesi da battaglie roventi che sembravano dovessero dare una scossa al paese. Come dato definitivo, un recente sondaggio Ixé per la trasmissione Agorà ha decretato  pure il crollo dell’unica figura che aveva mantenuto un certo apprezzamento dal popolo: Giorgio Napolitano. Il suo consenso è calato dal 90% al 40, un dato significativo che indica la disaffezione della gente verso una carica che, malgrado le accuse di protagonismo eccessivo, era rimasta solidamente dignitosa se rapportata al circo che la politica italiano troppo spesso è. Crollato anche l’incrollabile, cosa rimane se la scossa non ci sarà sul serio?