Napoli: Poggioreale, suicidio in carcere

“E’ detenuto italiano di 63 anni, V.DM.. l’ennesimo ristretto suicida in un carcere italiano. E’ accaduto a Napoli Poggioreale, dove scontava un fine pena fissato al 2018 per vari reati tra i quali rapina. Si è impiccato nel bagno della cella. Nonostante l’intervento degli uomini della Polizia Penitenziaria, non c’è stato nulla da fare. Purtroppo, nonostante il prezioso e costante lavoro svolto  dalla Polizia Penitenziaria, con le criticità che l’affliggono, non si è riusciti ad evitare tempestivamente cio’ che il detenuto ha posto in essere nella propria cella. Ricordiamo che oggi Poggioreale ospita più di 1.800 detenuti, un numero superiore alla capienza regolamentare di circa 1.500 posti”. La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria, per voce del leader Donato Capece. Aggiunge il leader del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria: “Quel che mi preme mettere in luce è la professionalità, la competenza e l’umanità che ogni giorno contraddistingue l’operato delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria con tutti i detenuti  per garantire una carcerazione umana ed attenta pur in presenza ormai da anni di oggettive difficoltà operative come il sovraffollamento, le gravi carenze di organico di poliziotti, le strutture spesso inadeguate. Siamo attenti e sensibili, noi poliziotti penitenziari, alle difficoltà di tutti i detenuti, indipendentemente dalle condizioni sociali o dalla gravità del reato commesso”. E Capece sottolinea come “negli ultimi vent’anni anni, dal 1992 al 2012, abbiamo salvato la vita ad oltre 17.000 detenuti che hanno tentato il suicidio ed ai quasi 119mila che hanno posto in essere atti di autolesionismo, molti deturpandosi anche violentemente il proprio corpo. Numeri su numeri che raccontano un’emergenza purtroppo ancora sottovalutata, anche dall’Amministrazione penitenziaria che pensa alla vigilanza dinamica come unica soluzione all’invivibilità della vita nelle celle senza però far lavorare i detenuti o impiegarli in attività socialmente utili”.