Salerno: Compagnia del Giullare in Apologia di Socrate

Sabato 6 e domenica 7 settembre 2014, presso la Piazzetta della Cittadella Giudiziaria di Salerno, la Compagnia del Giullare presenta Apologia di Socrate di Platone (traduzione e adattamento di Anna Rotunno).
Regia di Andrea Carraro. Assistenza tecnica: Andrea Bloise. Costumi di Stefania Pisano. Nel gennaio del 399 a.C., ad Atene, fu presentata all’arconte re un’accusa contro Socrate, firmata da un tale Meleto: “Socrate è colpevole di non riconoscere gli dèi che lo stato riconosce e di introdurre altri e nuovi culti; anche, è colpevole di corrompere la gioventù. Pena la morte.” Diogene Laerzio. Secondo l’aneddotica, Lisia, autore di discorsi giudiziari di successo, aveva scritto per Socrate un discorso di difesa, o apologia, da pronunciare in tribunale in occasione del processo che vedeva il filosofo imputato dei reati di empietà e di corruzione dei giovani. Ma Socrate, forse per eccesso di fiducia nella forza della verità o forse per disprezzo nei confronti di una salvezza individuale non convertibile in un’occasione di salvezza per l’intera polis , rifiuta l’aiuto dell’oratore. In ogni caso, sordo ancora una volta alle lusinghe del mondo come ai rimbrotti accigliati della moglie Santippe, con il suo no a Lisia, Socrate firma la propria condanna, ma fa conoscere ad Atene e (attraverso Platone) al mondo uno dei discorsi più toccanti, limpidi e profondi della storia. Anzi, l’Apologia di Socrate rappresenta l’archetipo di quei discorsi che hanno cambiato la storia, l’esempio più antico di quella generosità di mente e di cuore, in un certo senso ecumenica, che farà dire a Martin Luther King “I have a dream” o al Mahatma Gandhi “l’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore“. In particolare nell’Apologia, quelle che hanno il potere di cambiare la storia sono le parole finali, con quell’interrogarsi di Socrate su quale sia per lui, e in fondo per l’uomo, il destino migliore, e il suo rispondersi che “a tutti è oscuro, tranne che al dio”.L’occasione per riflessioni di tale natura è, come si è detto, quella d’un discorso giudiziario. Ma, a prescindere dalla questione della rielaborazione platonica, questo discorso è pensato e pronunciato da un filosofo che ha fatto dello scarto drammatico fra ciò che appare e ciò che è il fulcro del proprio pensiero, e della dialettica lo strumento fondamentale della propria indagine e del proprio insegnamento; per giunta, sfondo della vicenda giudiziaria di Socrate è un’Atene dove ogni attività, tradizione o conflitto della polis si traduce in una forma di spettacolo tant’è vero che all’evento teatrale, alla gara sportiva o al processo celebrato in tribunale si dava nome, agòn. Perciò, restituire al teatro l’Apologia di Socrate significa, al di là d’una rigida classificazione dei generi, rendere al teatro ciò che di diritto gli appartiene; significa, in definitiva, rappresentare l’esperienza agonale per eccellenza, ovvero la ricerca della verità così come Socrate l’ha vissuta, nella sua essenza ultima e più vera: quella, appunto, di dramma.
Anna Rotunno