Democrazia Cristiana “Ultima Spes”

 Non possiamo non tener presente, nelle nostre analisi politiche, che alle ultime consultazioni elettorali si è registrato che oltre il 50% degli elettori che si sono astenuti dal voto (me compreso, ndr) e il 25 % dei votanti si affidano alle intemerate esternazioni del cosiddetto <comico genovese>. E’ del tutto evidente dunque la rottura che si è creata tra il Paese reale e le istituzioni della nostra Repubblica. La fine del ventennio della <Seconda Repubblica> sta assumendo dunque toni esasperati, espressione della crisi che vivono le principali forze politiche che ne hanno caratterizzata la tormentata vicenda.
Di converso il rilancio politico ed organizzativo della Democrazia Cristiana, reso possibile dalla celebrazione del XXII Congresso nazionale svoltosi a Perugia nei giorni 14 e 15 dicembre 2013, rappresenta l’unico serio tentativo di ricomposizione dei frammenti di una diaspora (quella avvenuta all’indomani del famigerato Consiglio nazionale D.C. del gennaio 1994, by Martinazzoli/Rosa Russo Iervolino), che fu alla base dello squilibrio creatosi nel 1993 per l’azione congiunta di una magistratura politicizzata, di un accanimento mediatico senza pari e di un segretario nazionale D.C. come Mino Martinazzoli che non seppe reggere l’urto feroce di quell’irresponsabile e violento attacco. Senza la riorganizzazione di una forte Democrazia Cristiana, che trovi la sua ragion d’essere nei fondamentali della dottrina sociale cristiana e che sia la risposta più alta e convincente ai drammatici problemi posti dalla globalizzazione e dalla dominanza del turbo capitalismo finanziario, non c’è futuro per il nostro Paese e per l’Europa ! Ci troviamo infatti sul ciglio di un baratro economico e finanziario se non cambieremo la nostra strategia in materia di politica euro-mediterranea. E’ necessario dunque sviluppare una riflessione su alcuni elementi irrinunciabili in questa opera di riorganizzazione e di rilancio della Democrazia Cristiana.
1) L’assunzione di una nuova politica euro-mediterranea in grado di far rispettare i patti sottoscritti a Maastricht e di denunciare quel regolamento nullo del 1997 che ci ha consegnato la realtà di una “falsa moneta” e di criteri di gestione delle politiche economiche in netto contrasto con le finalità della crescita indicati dal trattato di Maastricht, sino ad annullare lo stesso concetto di democrazia, così come da più parti denunciato connotando come un autentico “colpo di Stato” quanto accaduto dal varo del regolamento 1466/97 in poi nelle politiche dell’UE e nelle loro derivate sulle politiche nazionali.
2) L’adozione di politiche economiche ispirate ai principi dell’economia civile, stadio più avanzato della stessa economia sociale di mercato che sta alla base della cultura prevalente tra i popolari europei cui vogliamo fare riferimento, anche se intendiamo batterci per riportare il PPE ai valori essenziali dei padri fondatori Adenauer, De Gasperi e Schuman. Politiche economiche fondate sul primato della persona e dei corpi intermedi, sui principi di sussidiarietà e solidarietà, sulla centralità del lavoro e sulla compartecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, secondo quei criteri già sperimentati nella stagione a guida democristiana.
3) L’approvazione di una nuova legge elettorale che sappia garantire sia la governabilità che una rappresentanza reale delle culture e dei mondi vitali della società italiana, contro i tentativi maldestri di leggi maggioritarie truffa, capaci di assegnare la guida del Paese a componenti politiche rappresentative addirittura di meno di un terzo dell’elettorato italiano. Una legge elettorale che sappia garantire ai cittadini il diritto-dovere di scelta dei candidati e degli eletti, finendola con la stagione dei nominati e – come suolsi dire- < dei cortigiani, dei nani e delle ballerine>.
4) Una riforma costituzionale da compiersi attraverso l’elezione di un’Assemblea Costituente in grado di riscrivere la parte seconda della Costituzione della nostra Repubblica, riportando in equilibrio il sistema dei poteri oggi largamente vulnerato dallo strapotere di un potere giudiziario incontrollato e incontrollabile, nella sua pur auspicata e legittima autonomia.
5) La riscrittura del sistema rappresentativo e istituzionale locale, ma che mantenga e difenda quell’impianto basato sul principio di autonomia locale di sturziana memoria che ha contribuito a far grande questa nostra nazione.
Su queste basi ci si augura di poterci confrontare e raggiungere un accordo con tutte le componenti laiche e cattoliche che le condividono. Non dunque un mero assemblaggio di sigle, ma la nascita di un autentico blocco culturale, sociale, economico e politico interessato a stringere un <patto federativo> con la DEMOCRAZIA CRISTIANA l’unica forza politica in grado di rappresentare una vera nuova speranza per l’Italia.

Angelo Sandri – Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana

 

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