Apparizione di San Lorenzo da Brindisi dopo morto

don Marcello Stanzione

 Il suo nome da laico prima che entrasse in convento era Giulio Cesare, della nobile famiglia ormai decaduta dei Russo. Nasce a Brindisi il 22 luglio 1559. Rimasto orfano a quattordici anni, viene adottato da uno zio, che abita a Venezia. Qui conosce i  frati francescani Cappuccini, e a diciassette anni diventa fra’ Lorenzo da Brindisi. E’ di una intelligenza straordinaria e ha sete insaziabile di conoscere sia le scienze umane sia quelle religiose. Studia all’università dove, per la sua grande acutezza, memoria e facilità nell’apprendere le lingue, ne impara una mezza dozzina alla perfezione. Per poter leggere nella lingua originale l’Antico e il Nuovo Testamento , impara alla perfezione l’ebraico e il greco. Diviene talmente esperto nella lingua e nelle tradizioni ebraiche che desta la meraviglia degli stessi rabbini, fino a essere da loro invitato a dialogare nelle sinagoghe. Nel 1601 partecipa, come capo dei cappellani militari, alla battaglia dell’esercito cristiano contro quello turco, in Ungheria. Molti soldati imperiali credono che sia un essere soprannaturale vedendolo passare disarmato e illeso tra frecce, pallottole e scimitarre, per soccorrere i feriti e confortare i morenti. Il coraggio leonino che lo teneva sempre in prima fila gli guadagnarono l’appellativo di “miglior soldato dell’esercito”. Ancora nel 1606 egli fu con l’armata contro i turchi. Nel 1610 il papa Paolo V lo inviò ad assistere la lega cattolica che combatteva contro i protestanti. L’anno dopo fu ancora al fronte nelle milizie del duca Massimiliano di Baviera. Nel 1614, cappellano degli spagnoli che assediavano i savoiardi ad Oneglia, trattò la pace. Nel 1616, a Candia Lomellina, mentre cercava di mediare, il duca piemontese attaccò di sorpresa gli spagnoli. Padre Lorenzo, incurante del pericolo, si gettò nel pieno della mischia per soccorrere i feriti.  Scelto dal papa come “predicatore pontificio” per gli ebrei di Roma, questi trovano in lui non tanto uno zelante “convertitore” quanto un sincero protettore. Il papa gli affida varie missioni diplomatiche presso re e principi cattolici d’Europa, e notevole fu il suo influsso sulla politica nell’Europa del tempo. Ricopre diverse cariche nel suo Ordine fino a divenire generale dei Cappuccini: dai confratelli è chiamato “la consolazione dei frati”.  Inviato dal papa in Spagna a favore dei napoletani, e appunto nel corso di questa missione di pace che a Lisbona lo coglie la morte. Canonizzato nel 1881, ebbe il titolo di dottore della Chiesa nel 1959 da papa Giovanni XXIII. La sua memoria liturgica si festeggia il 21 luglio. E’ patrono dei frati Cappuccini.  Un suo confratello, Fra Tommaso da Brindisi, laico cappuccino era un uomo timorato di Dio ed  assai devoto di Lorenzo da Brindisi, ma, per un certo periodo, fu profondamente angustiato ed afflitto dal pensiero di andare nell’Inferno dopo la morte. Era nel convento di Vicenza, quando gli accadde un fatto singolare, che influì positivamente sulla sua vita spirituale e che gli diede fiducia nella misericordia di Dio. Molti, provati da mali fisici e spirituali, ricorrevano, nelle loro preghiere, all’intercessione proprio di padre Lorenzo da Brindisi (1559-1619), morto da poco in concetto di santità. Questi, come abbiamo già visto, da giovane, dotato di una memoria straordinaria, aveva studiato a Padova, acquistando una vasta erudizione specialmente linguistica. Conosceva diverse lingue, tra cui il greco e il latino. Ebbe numerosi incarichi di alta responsabilità in seno all’Ordine dei Cappuccini, al quale apparteneva. Predicò in quasi tutta l’Europa, raccogliendo copiosi frutti spirituali. Reggendo una grande croce di legno, animava i soldati e le popolazioni a combattere contro i Turchi, Fu spesso inviato dal papa Paolo V ambasciatore di pace presso principi e re in discordia. Fu  appunto proprio in una di queste missioni di pace che morì a Lisbona, il 22 luglio del 1619. Fra Tommaso l’aveva conosciuto di persona a Vienna ed in Baviera e ne aveva ricevuto una forte impressione sia per la sua dinamicità che per la santità di vita che conduceva. Pensò, perciò, di raccomandarsi alle sue preghiere, per essere liberato dal pensiero della dannazione eterna che lo tormentava. Ed ecco che una notte, dopo il mattutino, mentre i confratelli erano ritornati in cella per il consueto riposo, Fra Tommaso pregava con fervore dinanzi al Santissimo Sacramento. Ad un tratto gli apparve P. Lorenzo così come l’aveva visto in vita. Subito lo riconobbe e gettandosi ai suoi piedi gli disse: “Padre mio, padre mio, siete voi in cielo?”. “Sì” rispose il Santo. E l’altro: “E di me, che sarà di me che temo sempre di essere dannato?”. “No, no, figliuolo mio- ripigliò P. Lorenzo, e glielo ripeté tre volte, posandogli la mano sul capo – no, non temete sì grande sciagura!”. Dopo queste parole disparve, lasciando il religioso in tanta pace e serenità quale non l’aveva mai provata sino a quel momento.

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