Disarmare Hamas

Angelo Cennamo
Raccontare la guerra, documentarla, fotografarla, è un’operazione sempre complicata. Se poi il conflitto è quello israelo-palestinese, diventa difficile perfino capire le ragioni dello scontro. Questo perché la cosiddetta causa palestinese, da anni, è oggetto di strumentalizzazioni politiche fino ad assurgere a simbolo di quella bizzarra ideologia terzomondista e comunista che rifiuta i valori dell’Occidente, per sposare addirittura, nella fase più oltranzista, l’integralismo islamico. I massacri che vediamo scorrere nelle immagini televisive di questi giorni sono strazianti, tanto da rendere insignificante qualunque altra notizia di casa nostra, a cominciare dalla politica, la quale, ultimamente, non trova di meglio da fare che accapigliarsi su canguri, tagliole e bicameralismi vari. Ma la conclusione alla quale il telespettatore ingenuo perviene, spesso è fuorviata da una narrazione colpevolmente faziosa o forse pigramente assuefatta a certi stereotipi. Cosa vuol dire. Mi spiego meglio: la guerra in corso a Gaza non è tra israeliani e palestinesi. Chi lo dice e lo scrive fa disinformazione. Lo scontro in atto riguarda, piuttosto, Israele ed Hamas. Cos’è Hamas, a molti è già noto. Stiamo parlando di un’organizzazione terroristica che dal 2005 occupa la striscia di Gaza dominandola oltre i dettami e le regole (certamente più civili) imposte dall’autorità palestinese che fa capo ad Abu Mazen. Gaza non è soltanto una esigua striscia di terra a confine con l’Egitto, è soprattutto un dedalo infinito di gallerie e di cunicoli utilizzati per il traffico di armi con i Paesi limitrofi. Distruggere quel reticolato, per Israele, è di vitale importanza. Significherebbe consentire alla sua popolazione di non vivere più nel terrore. Sono anni, infatti, che da Gaza vengono lanciati missili destinati a Tel Aviv ed altre città israeliane. Non deve essere facile vivere in luogo dove dal cielo piombano improvvisamente dei razzi che vanno a schiantarsi su scuole, bar, pullman, uffici. Eppure accade ogni giorno, da anni. Disarmare Hamas dunque è un imperativo ineludibile, da realizzarsi ad ogni costo. Ma non è facile. Hamas obbliga i civili a non abbandonare le abitazioni; usa donne e bambini come scudi a protezione dei suoi armamenti (anche) in luoghi istituzionali che dovrebbero essere adibiti e utilizzati per ben altro. E sfrutta il martirio delle sue genti come strumento di propaganda per legittimare i propri obiettivi : primo fra tutti, la distruzione di Israele. Servirebbe allora la mediazione di organismi internazionali credibili o di Paesi tradizionalmente autorevoli nel campo della diplomazia, penso agli Usa e al vicino Egitto. Sono loro, purtroppo, i veri assenti di questa tragica partita. Oltre l’Europa, come sempre : afona, inerte e marginale nelle vicende internazionali. Ed oltre Abu Mazen – leader inascoltato dell’Olp, messo fuori gioco da Hamas e divenuto impotente per la difesa del suo popolo, innocente e vittima – quanto Israele – della fazione più integralista e guerrigliera che domina Gaza.

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