Roma: muore Ciro Esposito

 Anna Maria Noia

 Ciro Esposito, il giovane supporter partenopeo ferito negli scontri allo stadio Olimpico e ricoverato da mesi al “Gemelli”, a quanto pare non ce la ha fatta! Il suo fisico – sembra, secondo quanto riferiscono flash di agenzie in queste ore – non ha retto alle cure e alle sollecitazioni dei medici. Permane – comunque – una sorta di “polemica”, di indignazione da parte dei familiari, i quali rivendicano ancora la regolarità del suo battito cardiaco. I primi bollettini ufficiali lo “vedono” clinicamente morto dalle 13 e trenta. Come si sa, Esposito era rimasto gravemente ferito in occasione della finale di coppa Italia tra Napoli e Fiorentina nello scorso 3 maggio. Una giornata senza dubbio vergognosa, sia per il mondo del calcio che per il fatto che nell’accaduto la giustizia – la prima a poter permettere la prosecuzione o meno del match – si sia “affidata” e abbia “consultato” i pericolosi capi ultrà invece di rivestirsi di autorità e “dominare” l’ordine pubblico. Contraddittorie e contrastanti le versioni di quanto verificatosi: c’è chi afferma che il presunto omicida, il pluripregiudicato De Santis – che ha sempre compiuto di tali atti già in passato e se ne è sempre infischiato del Daspo e degli altri, miseri provvedimenti voluti di recente per arginare la violenza negli stadi e/o fuori – abbia reagito a degli sfottò da parte dei Napoletani ma la situazione era ed è tuttora confusa. In realtà, pare che Esposito stesse difendendo dalle audaci provocazioni dei Romanisti – guidati, appunto, da Daniele De Santis – un pullman carico di tifosi campani, con – tra l’altro – donne e bambini. Allo stato attuale, comunque, non c’è stato nulla da fare per il malcapitato, vittima di un odio atroce che certamente non è sport! Dignitosissimi, fino ad ora, i familiari del presunto deceduto: i genitori, due persone composte nel dolore e, si può affermare, nel silenzio. Un silenzio interrotto solo da pacate considerazioni che i coniugi hanno espresso ai media, sempre troppo indiscreti e morbosamente curiosi. Tra l’altro la famiglia Esposito non aveva mezzi economici sufficienti per poter difendere il povero Ciro da infamanti accuse dal mondo sportivo e anche dagli attacchi dell’opinione pubblica e dei già citati, famigerati (a volte) strumenti della comunicazione; si erano però offerti spontaneamente due legali – uno ha assistito Maradona – che non hanno preteso alcuna somma e volevano aiutarlo a titolo gratuito. “Ciro non è morto, il cuore batte ancora” – sono le parole del fratello Michele. Che, come la sua famiglia, si aggrappa ancora a una labile e ottimistica speranza. Già da ore, peraltro, fonti della questura lo davano per morto. Ciò anche a seguito di bollettini medici susseguitisi in tali frangenti, nei quali si stigmatizzavano – con preoccupazione – le condizioni critiche in cui versava Esposito pur nel suo coma. Le criticità maggiori provenivano da un’infezione a un polmone e da un problema all’intestino. Munito dei conforti religiosi – l’unzione degli infermi gli è stata imposta dal cappellano del Cristo Re padre Mariano – Ciro Esposito ha lasciato questo mondo travagliato, fatto di lotta, violenza ed egoistica esaltazione per ricongiungersi col Padre. Pagando, purtroppo, con la vita la sua passione per questo sport attorno al quale ruotano troppi interessi! “Nessuno usi il nome di mio nipote per fare violenza – sono le amare parole dello zio del ragazzo, Vincenzo Esposito. Che, deluso dalle istituzioni, aggiunge mestamente: “Vogliamo giustizia dallo Stato. Chi ha provocato questa tragedia deve pagare. Questore e prefetto a casa.”