Gli italiani nel …. pallone

 Giuseppe Lembo

La febbre dell’italianità esplode ogni quattro anni, soprattutto in occasione dei mondiali di calcio. Una corsa vertiginosa al tricolore per dire “ci sono anch’io”; per fare capire agli altri che “anch’io sono un  italiano”; un italiano vero, tanto da appropriarmi del vessillo tricolore. Mai come in questo appuntamento legato alla sfera di cuoio, tante bandiere al vento. Bandiere che portano con sé il tifo italiano del vincitore non più e tanto su basi agonistiche, così come pensate tanto tempo fa da De Gubertain, ma per il solo piacere di essere partecipanti più che protagonisti di un evento fortemente consumistico, per molti versi solo fine a se stesso, che non produce assolutamente quelle buone opportunità di uno stare insieme solidale, ma sempre più spesso quelle di un vero e proprio clima di scenari violenti degli uni contro gli altri. Il tifo per il pallone è nel nostro paese un valore assolutamente primario; occupa in tanti italiani, il primo posto nei propri valori importanti della vita; è così forte ed importante da considerarlo da parte di tanti, assolutamente insostituibile. Per il pallone sono tanti gli italiani ad avere quella sacralità rispettosa, purtroppo scomparsa se non del tutto cancellata per altre manifestazioni di italianità importanti, come l’arte, la musica e la cultura più in generale. Tutto secondario; tutto indifferente tranne la sfera di cuoio; tranne il pallone, un simbolo di un dio che in sé contiene quell’insieme che per tanti è addirittura la vera ed unica essenza della vita; la grande forza di essere sulla Terra, con il pallone che ti fa buona compagnia. Sono tante le teste italiane nel … pallone ; sono tanti gli italiani che fanno del pallone una ragione di vita e che gli esprimono la riconoscenza della propria appartenenza issando sui propri balconi di casa il sacro vessillo del tricolore. Tanto, non come sola partecipazione alla festa dei mondiali di calcio, ma soprattutto come forte espressione dell’italianità del pallone, un’appartenenza considerata dai più, assolutamente insostituibile; per questo è bello, è veramente bello, sentirsi italiani nel nome del pallone. Un nome italiano carico di quel fascino dell’appartenenza che, nonostante tutto, quando capita, come per i mondiali di calcio, è bello e bene che capiti. Nonostante tutto, pur sapendone i limiti, avendo alla base una piccola sfera di cuoio, è comunque bello vedere l’Italia imbandierata. Il tricolore al vento è sempre motivo di orgoglio per un’appartenenza che sarebbe meglio ritrovarsi più spesso anche in occasioni importanti che dovrebbero spingere a manifestare la propria gioia di essere italiani; italiani veri, sotto il sacro vessillo del tricolore. Purtroppo questo non c’è; non c’è, il sentirsi orgogliosamente italiani per occasioni ed eventi importanti che nonostante tutto, ancora hanno per palcoscenico umano l’Italia, un paese d’arte, di cultura; un paese, dalla “bellezza” infinita che ci invidia il mondo. Senza voler minimamente criminalizzare il tifo italiano ed il mito spropositato per i falsi eroi della domenica che dalle gambe d’oro riescono a ricavare privilegi infiniti creando situazioni di privilegi che vanno oltre il consentito e che spingono sempre più spesso verso orizzonti proibiti. Ben venga la festa del pallone, soprattutto in occasione dei mondiali di calcio! Ma che resti sempre e comunque nei confini della festa coinvolgente e travolgente, con il dovuto rispetto per tutti e tutto e soprattutto per quel simbolo dell’appartenenza per l’Italia, il nostro paese che sarebbe opportuno di ricordarsene anche per altre ed altre occasioni dove è assolutamente importante manifestare la propria italianità, purtroppo, oggi adombrata da tanta inopportuna indifferenza. Gli italiani, riconoscendosi nel pallone, con la testa nel … pallone, considerano la sfera di cuoio il totem divinità che unisce tutto e tutti; che santifica tutto e tutti, facendo, tra l’altro, dimenticare i tanti mali di cui il paese oggi soffre. Il populismo dell’appartenenza al pallone, è sempre più spesso usato abusandone, come diversivo utile a distrarre gli italiani che non avendo altro da fare si autogratificano; si autoesaltano, identificandosi nel pallone.Con la testa … nel pallone, si cerca, tra l’altro, il consenso silenzioso anche di quella parte di un mondo giovanile sempre più abbandonato a se stesso, tentando bugiardamente di allontanarne il grigiore di una quotidianità difficile e senza concrete speranze di futuro. E così la febbre del pallone, si trasforma nel nostro paese più che altrove, in un fenomeno sociologico di massa, con alla base l’uso abusato del simbolo dell’appartenenza e dell’identità italiana, che si chiama tricolore. È bello vederle esposte al vento, per una grande scorpacciata di italianità; suscita godimento ed entusiasmo alle tante carezze che ricevono da un vento discreto che si insinua dolcemente facendole muovere con un fare civettuolo dove i tre colori ci parlano dell’Italia. Il pallone rappresenta nell’epoca in cui viviamo prima di tutto, un affare d’oro per gli addetti; dai calciatori agli apparati è tutto un fiorente business; è tanto consistente da farlo considerare sempre più un mondo della grande ricchezza, con al centro il pallone sempre più d’oro. Stadi oggi, arene circensi dove, purtroppo, si scatenano sempre più spesso violenze gratuite che con il pallone non hanno da spartire niente; ma proprio niente. Nel mondo degli stadi, spesso inopportunamente faraonici, la violenza è sempre più spesso di casa; c’è, ovunque, un problema di ordine pubblico per il controllo non sempre facile delle diverse tifoserie, animate sempre più spesso da bollenti spiriti che trasformano il campo di calcio in un’arena violenta degli uni contro gli altri armati. Le grandi opere legate ai mondiali, sono sempre compatibili con le realtà umane ospitanti?  Con la loro imponenza faraonica molto costosa, stanno lì come una vera e propria offesa alle condizioni di un grave malessere diffuso prima e dopo dei mondiali che si chiudono lasciando sanguinanti ferite vecchie e nuove ed inutili cattedrali della vanità umana, lasciate come testimonianza di sprechi che offendono la silenziosa dignità delle tante povertà del pianeta che, pietrificate come sono, non sono minimamente scalfite e tanto meno cancellate da un evento mondiale con al centro dell’interesse il pallone, una magica sfera di cuoio dal fascino infinito per la quale la gente è capace di tutto ed in nome della quale esplode in Italia la contagiosa febbre dell’appartenenza, con una festa di bandiere tricolori che non si ripete per nessuna altra manifestazione italiana. Non va tanto bene sentirsi fortemente italiani in nome del solo pallone d’oro; con fantasia e forte impegno comune, cerchiamo di essere protagonisti e di ideare anche altre feste dell’italianità; le possibili ed assolutamente primarie si possono riferire alla pace, alla bellezza, ai diritti umani, ai valori della Terra ed a quel mondo degli ultimi, dimenticato da tutti, perché non ha il fascino travolgente del pallone d’oro.