Come non cambia la Destra

Angelo Cennamo

Dopo la scoppola rimediata alle europee i fedelissimi di Berlusconi si stringono intorno al loro leader per arginare l’azione di rinnovamento che Raffaele Fitto – recordman di preferenze – vorrebbe imporre a Forza Italia attraverso l’insolita procedura delle primarie. Ai numeri impietosi della recente tornata elettorale, gli strenui difensori del Cavaliere oppongono un dato discutibilissimo, e cioè che quello striminzito 16,8%  – mai Forza Italia era scesa sotto la soglia del 20% – rappresenti esclusivamente i voti raccolti da Berlusconi. Chi lo afferma potrebbe avere ragione, del resto il padre fondatore della nuova destra, nonostante le numerose disavventure e traversie di questi tempi , può ancora contare su uno zoccolo duro di elettori disposti a tutto pur di vederlo battagliare in prima linea contro la magistratura comunista e lo strapotere culturale della sinistra. Ma se anche fosse vero che quel 16,8% sia farina del solo sacco del Cavaliere, sarebbe altrettanto utile interrogarsi su chi sia invece il colpevole dei diversi milioni di voti che Forza Italia ( o Pdl) ha lasciato per strada negli ultimi anni, e chiedersi se non sia stato proprio Berlusconi ad avere allontanato dal suo partito quegli elettori che oggi preferiscono optare per l’astensione. Rifiutare le primarie, liquidandole come uno strumento volto esclusivamente ad assecondare l’ambizione di qualcuno, laddove quel qualcuno sarebbe lo stesso Fitto, non giova all’immagine di un movimento che per sua stessa definizione è “il partito liberale di massa”. Quel rifiuto fa assomigliare Forza Italia piuttosto ad una casta chiusa dove tutto può essere cambiato tranne il vertice, mai contendibile, mai scalabile. Nessuno, neppure Fitto, intende mettere in discussione il valore e il significato storico della comparsa di Berlusconi sulla scena politica italiana. Così come difficilmente qualcuno potrà solo immaginare di eguagliare il carisma, il talento creativo che ha saputo dimostrare il Cavaliere con la sua straordinaria capacità di mediare e di tenere insieme nella stessa coalizione forze politiche tra di loro molto diverse. L’ambizione naturale di Fitto e di altri – che hanno forse meno coraggio di lui di farsi avanti per sferrare il colpo del parricidio – non deve apparire come il tentativo maldestro ed irriverente di cancellare la figura del pioniere, quanto lo sbocco più ragionevole verso un rinnovamento che si impone oramai come necessario, per diverse ragioni, non ultima quella anagrafica. Fitto non cadrà nell’errore commesso da altri, quello cioè di lasciare la casa del padre per essere additato come l’ultimo traditore di turno, intento come i suoi predecessori ( Fini ed Alfano) a fondare anche lui un partitino del 2 o 3%. Non è questa la soluzione, non è così che si rinnova il centrodestra. Serve pazienza, tenacia e ragionevolezza. Da parte di tutti. Il resto lo faranno i sondaggi. 

Un pensiero su “Come non cambia la Destra

  1. sarebbe positivo, non solo in termini di voti ma anche in termini di credibilità e di immagine, e potrebbe contribuire al rinnovamento della destra, oggi persa dietro le vicende personali, elevate a significato politico, di un discutibile miliardario godereccio milanese, cercare di favorire un rientro di quei traditori che comunque hanno dimostrato indipendenza di pensiero e di azione, cosa che manca a quel codazzo di corte consenziente e approfittatore quale è ridotta oggi forza italia. eppure gli ideali erano reali purtroppo nel tempo sono stati confusi con la polvere e nascosti sotto il tappeto.
    in bocca al lupo.

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