Fitto scuote Forza Italia

 Angelo Cennamo    

Silvio Berlusconi – a torto o a ragione – è stato condannato in via definitiva per frode fiscale a 4 anni di reclusione – tre dei quali coperti da indulto – interdetto dai pubblici uffici per 2 anni, e decaduto dai vertici istituzionali per 6 anni. Per un uomo prossimo agli 80 anni non è poco. A questo si aggiunga che alle recenti elezioni europee, in parte per la limitata agibilità politica del Cavaliere, in parte per la pochezza dei contenuti della sua campagna elettorale, Forza Italia ha raccolto un misero 16,8%. Fatta tale premessa, le condizioni per avviare un percorso di ricambio della leadership all’interno della destra liberale italiana ci sarebbero tutte. Eppure il solo fatto che  qualcuno – Raffaele Fitto, recordman di preferenze con oltre 284.000 voti – chieda di riorganizzare il partito e la sua classe dirigente attraverso elezioni primarie, sta generando fibrillazioni e malumori nelle alte sfere del movimento, a cominciare dallo stesso Berlusconi, il quale, lungi dal ritenere la sua figura ormai logora e comprensibilmente in declino, al contrario, si ostina a tenere salde nelle sue mani le redini della creatura da lui fondata e governata ininterrottamente dal 1994. Il successo di Fitto alle europee era per certi versi annunciato. Il giovane ma navigato ragazzo di Maglie (Lecce), infatti, specie al Sud, ha sempre goduto di buoni consensi, e la sua lunga trafila, prima alla Regione Puglia poi come ministro nel secondo governo Berlusconi, gli ha consentito di radicarsi sul territorio – come si dice nel gergo – a dispetto di certi avventurieri della politica, calati dall’alto e mai testati dall’elettorato. La sfida era palese : dimostrare al Cavaliere di valere più di quanto il partito gli aveva riconosciuto in questi anni. Lui, che non aveva mai reclamato posti di comando né investiture. Che aveva assistito in silenzio alla sopravanzata di altri – probabilmente meno meritevoli – e che nel tempo della scissione degli alfaniani aveva difeso a spada tratta il capo, acciaccato dalle condanne e tradito dai suoi pupilli. Fitto oggi si sente in diritto di osare di più. E fa bene. Le primarie a tutti i livelli, dentro Forza Italia, sono una domanda di democrazia e di apertura al merito che non può essere negata. E’ il momento giusto, anche perché il quadro politico, già da diversi mesi, è notevolmente mutato. Il 39enne Renzi ha rivoltato il Pd come un calzino, e Grillo, col suo movimento, ha dato vita a quel terzo polo che tutti pensavamo non potesse mai esistere dopo 20 anni di consolidato bipolarismo. Nel frattempo, cosa ha fatto la destra, oltre che dividersi ed  incentrare le sue politiche, le sue campagne elettorali sulle ingiustizie e i torti subiti dal Cav? Poco. Nulla. Fitto non pretende di succedere a Berlusconi, ma quella di misurarsi alla pari con gli altri per ambire alla leadership di Forza Italia – senza per questo minacciare nuove scissioni – è una malcelata ambizione che non si può derubricare a “tradimento”.