Il terzo incomodo e il “sensazionalismo” calcolato

Amedeo Tesauro

Accecati dalle scintille di quello che è il dualismo politico del momento, ovvero lo scontro tra il segretario del PD Matteo Renzi ed il leader cinque stelle Beppe Grillo, si rischia di dimenticare troppo facilmente il terzo incomodo. Una dimenticanza non da poco se in quello spazio poco raccomandabile troviamo quel Silvio Berlusconi croce e delizia, a seconda dei punti di vista, della vita del paese per un ventennio. Ma soprattutto quel Silvio Berlusconi incoronato Re Mida della comunicazione politica del paese, un caso da manuale di costruzione del consenso e abilità propagandistica. Nel pieno di una campagna elettorale, un’autentica guerra di comunicazione, proprio non si può dimenticare chi, nemmeno tanto tempo fa, fu capace di ribaltare giudizi e sondaggi provocando estremo dispiacere ai tanti che già ne avevano declamato la fine politica. Stavolta però la sfida è alla pari, nonché molteplice. Alla pari perché mai l’ex Cavaliere ha affrontato un altro leader dotato della stessa abilità comunicativa, capace com’egli di racimolare voti ad ogni apparizione, ostentando sicurezza e diffondendo fiducia presso il proprio elettorato e, soprattutto, gli indecisi. Molteplice perché oltre a Renzi, uno che “batte Berlusconi sul suo stesso terreno” come ebbe a dire D’Alema, vi è anche il leader-capopopolo-intrattenitore del Movimento Cinque Stelle, quel Beppe Grillo che in pochi anni ha saputo coltivare una base compatta al quale sommare i delusi degli altri schieramenti. Ecco allora che Re Mida trova nell’establishment un rivale che gioca al suo stesso gioco, e all’opposizione qualcuno che conosce le dinamiche della partita e gode oltretutto del vento favorevole dello scetticismo e dell’anti-politica. Inoltre, quasi a voler segnare definitivamente il passaggio ad una nuova era, Berlusconi è e rimane legato alle sue televisioni, un mezzo ancore potente ma sempre più screditato; sono finiti i tempi in cui la parola televisiva dettava legge, una parte larga di elettorato ha smesso di credere alla verità assoluta del piccolo schermo. Di fronte ad un evidente difficoltà a muovesi, schiacciato dagli avversari propagandisticamente ma anche politicamente, a riguardo non è un segreto che Renzi piaccia anche a molti ex elettori berlusconiani, il Caimano ricorre ad un certo sensazionalismo politico, alla boutade che pare gaffe ma in realtà accalappia chi cerca qualcuno che gli dica quel che vuol sentirsi dire. Si sbaglia a pensare che la dichiarazione sui lager sia un errore, si tratta di un’uscita buttata lì con la consapevolezza di cavalcare, in modo estremo, un sentimento antitedesco nemmeno troppo nascosto. Del resto non è differente da quanto Berlusconi fece l’anno scorso nel Giorno della Memoria, quando “casualmente” in quella circostanza parlò di Mussolini accennando alle cose buone fatte. Scandaloso ma calcolato, atto a attirare su di sé le luci della ribalta. Vittima del tempo che passa e dei nuovi rivali in campo, colui che in Italia ha astutamente dominato per vent’anni forgiando il suo consenso attraverso la comunicazione, gioca ora ogni carta a disposizione per ritagliarsi ancora una volta il suo posto nello scacchiere del potere politico del paese.