Salerno: la…bufala della Centrale del Latte, livelli occupazionali salvaguardati

Enzo Carrella

Dopo il fallimento dell’asta andata a vuoto per mancanza di   interessati/ acquirenti   e  risalente appena allo scorso anno, il Comune di Salerno mette in “campo” una nuova ipotesi di alienazione delle quote della Centrale del latte e lo fà assumendo e calando toni decisamente spropositati e ..meno caritatevoli rispetto alla prima “tornata” ,  specie  sulle  eliminazioni di barriere di tutela per gli attuali livelli occupazionali . Già questa prima “longa manu” dell’autorevole socio la dice lunga sulle  proprie serie intenzioni di voler dismettere a tutti  ed ad ogni costo una delle sue preziose e venali  “creature“. Probabilmente nella frettolosa  seduta di giunta della scorsa settimana che   ha deliberato l’ulteriore volontà di dismissione dell’intero pacchetto azionario  ci si è dimenticati   che i tempi e con esso le  modalità di alienazione  di tali quote hanno subito -negli ultimi giorni -una “virata” normativa a 360 gradi “. Infatti  il  recente  programma straordinario di razionalizzazione delle aziende spe­ciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente con­trollate dalle amministrazioni locali varate con il novello art 23 del dl 66/2014 (conosciuto ormai come  decreto Renzi degli   80 euro del 18 aprile scorso)  non è altro che un “download  modifcato ” della legge di stabilità del dicembre scorso aventi quale comun denominatore quello di accelerare la “semplifica­zione  e/o sburocratizzazione della PA  per il conseguimento di  significativi risparmi di spesa  con le cessioni di partecipazioni  in prima linea .  La “patata bollente”  è stata  data, nelle more,  al commissario Cottarelli   con  il  , precipuo, compito  di mettere mano alla jungla  delle municipalizzate.  Appena indossato  il “grembiule del chirurgo”,  Cottarelli ha già azionato il suo “bisturi” con evidente e chiara  intenzione di intervenire senza indugio  per asportare dal tessuto economico territoriale un considerevole numero di società ccdd “pubbliche”. Va comunque  segnalato  che  non è la prima volta che si prova di intervenire in questa direzione:  dopo, infatti,  il fallimento degli obblighi di dismissione previsti negli anni passati (su tutte la legge 247/2007) si è  proceduto a dare  un preciso “dicktat”  nell’ultima legge di stabilità sia dal punto di vista delle regole per  il mantenimento di talune partecipazioni  (superando il previgente obbligo di dismissione introdotto dalla L.122/2010 per gli enti di minore dimensione) che per ciò che attiene ai vincoli puramente  gestionali.  La Legge 147/2013 ( di Stabilità 2014 )  offre alle amministrazioni  pubbliche  una transitoria e straordinaria opportunità per “uscire” dalle società non strettamente necessarie per il conseguimento delle finalità istituzionali: il  comma 569 dell’art. 1 prevede che  il termine di trentasei mesi originariamente previsto per al dismissione delle partecipate (in scadenza, come detto, al 31.12.2010) è prorogato di 4 mesi dalla data di entrata in vigore della L. 147/2013 ( dicembre 2013) , decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto.  Ci sono, tanto per restare nel tema,  nell’affaire Centrale del Latte , tanti punti oscuri e soprattutto confusi  generati – more solito-  dal suo Unico  socio ovverossia Comune di Salerno. Andiamo subito a chiarire i termini della questione. Il comma 569  della legge di stabilità sopra esposto, parlerebbe di “obbligo” di dimissione di talune  partecipazioni  e non della loro generalità. Quali? Quelle contemplate e previste nell’art 3 comma 28  della legge 244/2007 nella sua originaria   formulazione, vale a dire  quelle   partecipazioni, anche di minoranza, in società aventi per oggetto attività di produzione di beni o servizi non necessari alle finalità pubbliche. Come fare a definire  quali partecipazioni rientrano in tale ambito?   Il riferimento è semplice e preciso: i consigli comunali, infatti,  sono stati chiamati  – dalla stessa norma – a esprimersi   con precise deliberazioni a  dichiarare quali fossero le partecipazioni non rientranti nelle tipiche  finalità  istituzionali e la nostra assise  lo ha fatto con deliberazione di consiglio del  27 marzio 2009. Al nr sei , infatti, delle società elencate nella delibera spicca la denominazione della Centrale del latte.  Pertanto per la medesima, unitamente ad altre 14 strutture societarie, il Comune di salerno ha deliberato il mantenimento della partecipazione ritenendola allineata ai principi istituzionali dell’ente. Quali  fossero, in verità, non è dato saperlo. Ad ogni buon conto   il formale “dietro front” comunale  a tale stato di assoluta  necessità di detenere nel portafogli azionario dell’ente  anche quelle della Centrale del latte non vi è stato: a nulla varrebbero i tentativi di far passare il mero indirizzo deliberato  dal Comune lo scorso anno in occasione della vendita  di buona parte delle  società  partecipate  quale formale atto di far rientrare il possesso totalitario della Centrale quale “sussidiario e non più strumetale”. Stante ciò mancherebbero quindi i presupposti di aggancio al comma 569 della legge di stabilità  con l’attuale operazione di  vendita posta in essere dal Comune di Salerno.  Con quali effetti, ci si chiede?  Sicuramente quelli  di far ricadere  la  probabile  dismissione nel  novello  art 2 bis del dl 16 Salva Roma, ancora fresco di conversione (che ha aggiunto il comma 568 bis alla legge 147/2013 ) prevedendo  l’ampliamento delle dimissioni  alla generalità  delle partecipazioni senza nessun vincolo e/o limitazioni a quelle strettamente legate ai fini istituzionali dell’ente di appartenenza e quindi anche – tornando al nostro  caso-  quelle della Centrale del latte . In tale ambito è stato inoltre aggiunto a esclusiva tutela dei lavoratori coinvolti  che  se a seguito – questa la sintesi- di tali dismissioni dovessero emergere esuberi di personale il medesimo dovrò essere necessariamente assorbito dalle stesse pubbliche amministrazioni”.  Stante la situazione appena descritta  c’è da giurarci che chi interessato all’eventuale compravendita della Centrale  spalancherà occhi e spremerà meningi per le consequenziali valutazioni. Sarebbe, comunque, auspicabile che  la eventuale  “cordata”   interessata alla scalata nella proprietà del “gioiello comunale ”  facesse già conoscere all’interlocutore socio  le reali  intenzioni sul futuro  assetto occupazionale aziendale in modo da accelerare il trasferimento degli  eventuali esuberi  all’interno dell’organigramma comunale già in corso d’anno.  Si assisterebbe, in tal guisa, ad un serio imbarazzo da parte dello stesso socio  chi ne osteggia  oggi  la salvaguardia costretto – come si può ben comprendere-  a procedere  all’ eventuale iscrizione  dei nominativi  di tali lavoratori  sul    libro matricola  dell’ente comunale .

2 pensieri su “Salerno: la…bufala della Centrale del Latte, livelli occupazionali salvaguardati

I commenti sono chiusi.