Claudio è in viaggio il commosso addio italiano a Claudio Abbado (1933 – 2014)

Giuseppe Lembo

Con il messaggio”Claudio è partito per il viaggio misterioso” i figli del Maestro Claudio Abbado hanno dato al mondo la triste notizia della morte del padre, uno dei più grandi ed innovativi direttori d’orchestra dell’ultimo mezzo secolo italiano.

Un grande Maestro; una personalità massima della musica, della cultura e della buona e grande Italia.

È morto ad 80 anni nella sua casa di Bologna, circondato dall’affetto dei suoi figli Daniele, Alessandra, Sebastian e Misha, dei nipoti e della sua prima moglie Giovanna Cavazzoni.

Una bacchetta magica che nel corso della sua lunga carriera ha diretto le più grandi orchestre del mondo, dando il meglio artistico di sé e ricevendone con gli applausi che non finivano mai, il riconoscimento riservato ai grandi della Terra, umanamente importanti per la loro inconfondibile genialità creativa ed artistica.

La grande famiglia della nobile musica italiana, un’arte antica che abbiamo mandato in giro per il mondo, come ambasciatrice di un’eccellente umanità italiana, non ha più il suo Claudio.

Il maestro Abbado non è più tra noi.

È partito per quel viaggio misterioso come hanno scritto i suoi figli; un’ultima tappa terrena della vita umana di un grande Maestro che segna non il distacco eterno coperto dalla dimenticanza, ma semplicemente l’inizio di una nuova viva vita, tutta presente nella continuità degli amorosi sensi che trasformano l’umano terreno in una condizione immortale assolutamente fuori dal tempo.

Tale è anche il viaggio misterioso di Claudio Abbado, amico di tutti gli italiani, con grande affetto di amorosi sensi seguito dai suoi figli e dal mondo della musica di ogni dove della Terra, nel quale il grande Maestro per decenni e decenni ha avuto un ruolo di prestigio  e di indiscusso protagonista.

Il mondo italiano della musica, ma più in generale della cultura, con Claudio Abbado perde un altro dei suoi pezzi di umanità importante; in tutti noi che lo abbiamo amato per la sua genialità di Maestro, resta un grande ed incolmabile vuoto.

Oltre all’artista geniale c’era in lui anche una grande e profonda umanità; era sempre pronto ad atti di solidarietà umana verso gli altri; si entusiasmava nel prendere iniziative sociali soprattutto a favore dei più deboli e del mondo della sofferenza umana più in generale.

Claudio Abbado nonostante fosse di cultura laica, possedeva una sua profonda spiritualità.

La musica, il suo mondo, ha rappresentato in Abbado il punto di partenza per un profondo percorso di vita; il linguaggio musicale è stato in lui parte di una forte ricerca sia umana che spirituale.

Il Maestro Abbado è, stato, prima di tutto, un convinto credente di quel mondo musicale che ha sempre rappresentato la parte nobile della sua lunga esistenza (1933 – 2014).

Un grande amico di Claudio Abbado è stato il Maestro  Daniel Barenboim che per onorarne la memoria alla Scala di Milano, a sala vuota, a porte aperte, ha diretto la Filarmonica nella “Marcia Funebre” dell’Eroica di Beethoven.

Nel 2013, a pochi mesi prima della sua dolorosa scomparsa, Abbado, come segno tangibile della riconoscenza italiana per il grande Maestro, fu nominato Senatore a vita.

Nel ringraziare il Presidente Napolitano per tale prestigioso incarico, scriveva: “Spero che il mio stato di salute mi consenta di accettare questo prestigioso incarico per il quale considero doveroso garantire assiduità e dedizione”.

Era umanamente vulcanico. Ha pensato, nel corso della sua vita, ha dichiarato la ex moglie Giovanna Cavazzoni, sempre a costruire.

Un talento ribollante, a volte inquieto, che ha vissuto di musica e per la musica.

Un uomo di cultura di cui l’Italia deve continuare ad essere orgogliosa, onorandone sempre la memoria; un grande uomo, assolutamente da non dimenticare.

Un italiano da ricordare sempre, per il bene dell’Italia, presente e futura.

Negli ultimi mesi di vita con grande serenità di spirito, sapendo del suo grave male, ebbe a dichiarare “la malattia è stata la mia fortuna, mi ha aiutato a riscoprire gli affetti”.

Era tanto vulcanico ed attaccato al mondo della musica, da studiare con caparbietà negli ultimi giorni di vita la Terza di Schumann che avrebbe voluto dirigere; ma non ne ha avuto, purtroppo, il tempo.

Amava, tra l’altro, il mondo dei giovani; ha seguito con tutto se stesso tanti giovani talenti con cui ha dato vita in tutto il mondo ad importanti orchestre (European Union Youth Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Lucerne Festival Orchestra e tante altre ancora).

Amico, tra gli altri di Enzo Piano con cui divideva la passione per il mare e la vela; di Benigni e di altri del mondo dello spettacolo con cui si sentiva legato molto saldamente.

Tra questi c’è da ricordare Zubin Mehta e Daniel Barenboim, che si ritrovavò amorevolmente al suo fianco il 30 ottobre 2012, nel suo ritorno alla Scala, dopo 26 anni di assenza.

Fu questo suo ritorno, un ritorno trionfale, dopo la delusione di una promessa disattesa, per i 90 mila alberi chiesti come cachet verde per Milano.

Una delusione ripagata con il grande abbraccio di Milano al suo Maestro, di nuovo sul podio della Filarmonica, da Abbado fondata nel 1982.

A soli 35 anni fu nominato direttore musicale della Scala; nel 1979 all’impegno scaligero affiancava anche quello di direttore musicale della London Symphony.

Nel 1986 Abbado per forti incomprensioni con i responsabili del teatro Scaligero, dopo le esperienze con Paolo Grassi di concerti per lavoratori e studenti, nella convinzione che la musica era da considerare un bene di tutti, lasciava la Scala e Milano; lo ritroviamo prima a Vienna direttore dei Winner e poi a Berlino, successore di Von Karajan.

Sono due importanti tappe per la carriera artistica del grande Maestro; due tappe che ben lo ripagano dell’amarezza con cui si era congedato da Milano.

A Berlino erano gli anni storici della caduta del Muro (1989); una data ed un evento storico importante che il Maestro Abbado non si lasciò sfuggire.

Valicando i confini stretti delle frontiere che dividono i popoli, riunì musicisti dell’Est e dell’Ovest, dando lo spazio dovuto alla musica; alla sola musica contemporanea e non ad altro.

Due sono stati i grandi amori di Claudio Abbado: l’uno, per la musica che lo ha accompagnato fino all’ultimo giorno della sua vita; l’altro, per la natura, di cui se ne godeva tutta la sua bellezza in Sardegna, in una casa aperta al sole ed al mare dove amava rifugiarsi ogni qual volta i suoi impegni musicali glielo permettevano e dove, circondato da una suggestiva macchia mediterranea, ospitò i suoi amici più cari, compreso il Presidente Giorgio Napolitano.

L’amore profondo per la musica e la natura era così radicato in lui da essere convinto che entrambe avevano in sé la forza di poter salvare il mondo.

Abbado amava, tra l’altro, la poesia di Hölderlin, proprio in virtù del suo legame uomo/natura, un legame magico, espressione di un linguaggio universale, assolutamente inconfondibile e facilmente compreso da tutti.

La natura e la musica possono più e meglio di altro contribuire a migliorare l’umanità; per questo è importante amare di un amore delicato e dolce, sia l’una che l’altra.

Si tratta di un amore ben ripagato, perché capace di migliorare l’uomo e quindi, attraverso il protagonismo di ciascun uomo, l’umanità intera.

L’altro grande amore di Claudio Abbado era per l’Italia, il suo Paese, sempre al centro della sua appartenenza, ricca in lui delle due grandi ed estreme diversità paterne (milanese il padre Michelangelo e siciliana la madre Maria Carmela Savagnone, di cui andava spesso tessendo le lodi delle sue antiche origini e di quel senso comune di ribellione, spesso tragica, come quella dei Vespri siciliani, un grande inno alla libertà umana).

Amava l’Italia di un amore profondo per quello che era, come terra ricca oltre che di diversità territoriale, anche di altrettanto diversità umana, culturale e dei saperi.

Claudio Abbado, con il suo animo nobile e sensibile si portava fortemente dentro, il bello dell’Italia, un Paese abbondantemente ricco di diversità, rappresentate da territori regionali che si caratterizzano per avere culture e storie differenti.

Con profondo rammarico per le tante idiozie italiane che ieri come oggi pretestuosamente pensano ancora come utile la disumanità d’Italia ed i fronti contrapposti di un Nord ricco e prosperoso contro un Sud mummificato ed incapace di camminare da solo verso le vie dello sviluppo possibile, andava ripetendo a se stesso che “chi non è in grado di comprendere questa ricchezza e vorrebbe frammentare un patrimonio straordinario ha una visione limitata delle cose”.

Nel suo attivo confronto con gli altri, di uomo innamorato come non mai della musica, a voce alta, guardandosi attorno, si ripeteva e ripeteva alla gente sempre affascinata dal Maestro che “ci sono dei momenti in cui è meglio vedere la realtà con un certo distacco, con ironia; ironia che però deve essere sempre costruttiva”.

Questo pensiero riflette e non poco tutta la sua vita; ne è una diretta emanazione. Abbado, cittadino del mondo, genio della musica, considerata come forza catartica necessaria ad unire tutto quello che pretestuosamente il mondo vuole tenere diviso, vivrà per sempre.

Vivrà nel pensiero e nella memoria di chi lo ha tanto amato in vita, affascinato dall’universalità del linguaggio della musica, un linguaggio assolutamente inconfondibile, intelligentemente usato dal podio attraverso la sua bacchetta magica per parlare in musica al mondo dei giusti e dei saggi guerrieri di umanità della Terra, dove gli uomini, per la loro salvezza, hanno sempre più bisogno degli insegnamenti di un uomo giusto come Claudio Abbado, insegnamenti presenti in quelli del Faust di Goethe che tanto ha amato nel lungo corso della sua carriera artistica: “Faust cerca l’amore, perché l’amore è l’unica possibilità di vivere in armonia con il trascorrere del tempo, di identificarsi con il suo passare, di sentire il ritmo del suo cadere come il battito del proprio respiro”. Il mondo ha sempre più bisogno dei miti. Claudio Abbado sarà un mito per tutti; vivrà per sempre attraverso la memoria, dove conservandolo, si consacrerà il suo ricordo; il ricordo di un grande e nobile artista, assolutamente da non dimenticare. Mi piace concludere questo mio ricordo del Maestro Claudio Abbado, prendendo in prestito le parole di un famoso compianto di tanto tempo fa e precisamente dodici secoli fa (il 28 gennaio 814), per la morte di Carlo Magno. Le tristi parole di tale compianto dicevano: “Da dove nasce il sole fino alle rive del mare a ponente il pianto agita i cuori”. Il pianto che oggi ha sostituito in tutti noi il grande piacere della tua musica, caro Claudio, agita i nostri cuori. Siamo tutti tristi; triste è anche quella natura che hai tanto amato; triste è la tua musica per la quale hai sempre vissuto. Tristi siamo tutti noi, che ti vogliamo bene e non ti dimenticheremo mai. Mi è sembrato opportuno ricordarti e prendere commiato da un uomo ed un artista straordinario come te, prendendo in prestito le citate parole in morte di Carlo Magno, nelle quali ho visto la giusta e serena tristezza universale in un pianto che non sa di morte ma di vita; di vita eterna, in cui anche tu caro Claudio vivrai per sempre, attraverso il pensiero e la memoria dei tanti giusti e saggi della Terra; di quella Terra che ha avuto da te, Maestro Abbado, il nobile rispetto umano che si deve sempre rispettosamente a chi ti genera e ti nutre. Grazie Maestro Abbado; nel tuo lungo viaggio verso l’universo infinito, continuerai a suonare ancora per noi miseri mortali ed a guidarci verso quel mondo giusto che serve a salvare anche nel futuro l’uomo della Terra, facendogli godere sempre le cose belle; facendogli godere sempre la bellezza infinita della tua grande musica; della tua musica geniale che sa di universale; che sa di eterno e di sublime ed è fortemente impressa in quella bacchetta magica che ti ha dato il giusto riconoscimento di un grande della Terra.

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