Il Natale visto da Mons. Tonino Bello
Antonio Bello ( 1935-2003) era figlio di un carabiniere e di una casalinga di una famiglia del basso Salento, trascorse l’infanzia in Alessano, un paese prevalentemente a economia agricola. Dopo gli studi presso i seminari di Ugento e di Molfetta, don Tonino venne ordinato presbitero l’8 dicembre 1957 e incardinato nella diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca. Due anni dopo conseguì la licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e nel 1965 discusse presso la Pontificia Università Lateranense la tesi dottrinale intitolata I congressi eucaristici e il loro significato teologico e pastorale. Nel frattempo, gli era stata affidata la formazione dei giovani presso il seminario diocesano di Ugento, del quale fu per 22 anni vice – rettore. Dal 1969 fu anche assistente dell’Azione Cattolica e quindi vicario episcopale per la pastorale diocesana. Nel 1978 il vescovo Michele Mincuzzi lo nominò amministratore della parrocchia del Sacro Cuore di Ugento, e l’anno successivo parroco della Chiesa matrice di Tricase. Qui avrebbe mostrato una particolare attenzione nei confronti degli indigenti, sia con l’istituzione della Caritas sia con la promozione di un osservatorio delle povertà. Il 10 agosto 1982 fu nominato vescovo della diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, e il 30 settembre dello stesso anno, vescovo della diocesi di Ruvo. Ricevette l’ordinazione episcopale il 30 ottobre 1982 dalle mani di monsignor Mincuzzi, arcivescovo di Lecce. Si dagli esordi, il ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segno di potere (per questa ragione si faceva chiamare semplicemente don Tonino) e da una costante attenzione agli ultimi: promosse la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell’episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte. Sua la definizione di “Chiesa del grembiule” per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell’emarginazione. Nelm1985 venne indicato dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. In questa veste si ricordano diversi duri interventi: tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l’intervento bellico nella Guerra del Golfo, quando manifestò un’opposizione così radicale da attirarsi l’accusa di istigare alla diserzione. A seguito dell’unificazione delle diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo, disposta dalla Congregazione per i Vescovi, il 30 settembre 1986 viene nominato primo vescovo della nuova circoscrizione ecclesiastica pugliese. Nel settembre 1990 fondò, coadiuvato dal movimento Pax Christi, a Molfetta (Baria) la rivista mensile Mosaico di Pace. Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile. Morì a Molfetta il 20 aprile 1993. il 27 novembre 2007 la Congregazione per la Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione. Scrisse molto sul Natale e fecero molto scalpore gli Auguri “ scomodi” di Natale che il vescovo indirizzò ai suoi diocesani:
“Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi: “Buon Natale” senza darvi disturbo.
Io, invece, voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, mie cario fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio , di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriere diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalaste.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spezzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge” e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi. Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza”.