Papa Giovanni XXIII sara’ canonizzato

don Marcello Stanzione

Il beato Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli, morì il 3 giugno 1963 e verrà canonizzato insieme a Giovanni Paolo II il 27 aprile 2014. Egli nacque a Sotto il Monte (oggi il Monte Giovanni XXIII) in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881, primo figlio maschio di Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola. la sera stessa il neonato venne battezzato col nome di Angelo Giuseppe dal parroco don Francesco Rebuzzini, che fu anche il suo primo educatore. La famiglia, abitante in contrada Brusicco, era modesta ma di antiche tradizioni: si era trasferita a Sotto il Monte provenendo dalla Valle Imagna all’inizio del secolo XV. Nella casa vivevano insieme diverse famiglie di parenti, “cosicché in casa Roncalli, la più numerosa del paese, erano trenta le bocche da saziare, tre volte al giorno”. Il 13 febbraio 1889 ricevette la Cresima e poche settimane dopo, il 31 marzo, fu ammesso alla Prima Comunione. Frequentate le scuole elementari nel paese natio, dopo aver appreso i primi rudimenti di latino alla scuola del parroco di Carvico, nel novembre 1891 iniziò gli studi ginnasiali presso il collegio vescovile di Celana. Il 7 novembre 1892 fece il suo ingresso nel Seminario Minore di Bergamo , passando l’anno dopo in quello Maggiore e ricevendo l’abito clericale il 24 giugno 1895. Inoccasione degli esercizi spirituali del 1896, Roncalli cominciò a scrivere i suoi “proponimenti” che si trasformarono in un vero diario intimo (il giornale dell’anima), continuato, sia pur saltuariamente, anche da papa, fino alla vigilia della sua pia morte. Terminato nel luglio 1900 il secondo anno di teologia, fu inviato nel gennaio successivo a Roma presso il seminario romano dell’Apollinare. Il 30 novembre 1901 doveva però interrompere gli studi a causa del servizio militare. Il 13 luglio 1904, all’età di ventidue anni e mezzo, conseguì il dottorato in teologia e, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote a Roma. Durante la prima Messa il giorno seguente nella Basilica di s. Pietro, ribadì la sua donazione totale a Cristo e la sua fedeltà alla Chiesa. Nell’ottobre 1904, iniziò a Roma, gli studi di diritto canonico, interrotti nel febbraio del 1905, quando fu scelto quale segretario dal nuovo Vescovo di Bergamo, mons. Giacomo Radini Tedeschi. Accanto al compito di segretario, svolse altri numerosi incarichi. Dal 1906 ebbe l’impegno dell’insegnamento di numerose materie in seminario: storia ecclesiastica, patrologia e apologetica; dal 1910 gli fu assegnato anche il corso di teologia fondamentale. Salvo brevi intervalli, svolse questi incarichi fino al 1914. Lo studio della storia gli consentì l’elaborazione di alcuni testi di storia locale, tra cui la pubblicazione degli Atti della Visita Apostolica di s. Carlo a Bergamo (1575), con un’edizione in cinque grossi volumi, apparsi tra il 1936 e il 1958. Roncalli fu anche direttore del periodico diocesano LA Vita Diocesana, e dal 1910, assistente dell’Unione Donne Cattoliche. La prematura scomparsa di mons. Radini Tedeschi nel 1914 pose fine ad un’esperienza pastorale eccezionale, che, se pur segnata da qualche sofferenza come l’infondata accusa a lui rivolta di modernismo, egli considerò sempre punto di riferimento fondamentale per l’assolvimento degli incarichi a cui fu di volta in volta chiamato. Lo scoppio della guerra nel 1914 lo vide prodigarsi per più di tre anni come cappellano col grado di sergente nell’assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari di Bergamo. Nel dicembre del 1920 papa Benedetto XV lo invitò a presiedere l’opera di  Propaganda Fide in Italia, mentre a Bergamo aveva da poco avviato l’esperienza della Casa degli studenti, un’istituzione a metà tra il pensionato e il collegio,e contemporaneamente il vescovo gli aveva affidato la direzione spirituale dei seminaristi. In questa nuova funzione percorse tutta l’Italia, animando convegni missionari, e compì un lungo viaggio all’estero per la realizzazione del progetto della Santa Sede mirante a portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle missioni. Il 3 marzo 1925, con la nomina ad arcivescovo titolare di Areopoli e con l’incarico di Visitatore Apostolico in Bulgaria, iniziò la fase della carriera diplomatica a servizio della Santa Sede, che si prolungò fino al 1952. Dopo l’ordinazione episcopale avvenuta a Roma il 19 marzo 1925, partì per la Bulgaria ove rimase dieci anni a Sofia, in continuo contatto col mondo ortodosso e con le comunità cattoliche balcaniche e slave, che gli aprirono i primi orizzonti della sua vocazione ecumenica. Nel 1931 l’incarico di Visitatore Apostolico fu modificato in quello di primo Delegato Apostolico in Bulgaria. Il 27 novembre 1934 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia ed in Grecia, paesi anche questi senza relazioni diplomatiche con il Vaticano. A differenza della Grecia, dove l’azione di Roncalli non ottenne risultati di rilievo, le relazioni con il governo turco invece migliorarono progressivamente per la comprensione e la disponibilità con il Patriarca di Costantinopoli, i primi dopo secoli di separazione con la Chiesa Cattolica. Durante la Seconda Guerra Mondiale conservò una prudenziale atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere un’efficace azione di assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo sterminio e,  favore della popolazione greca, stremata dalla fame. Inaspettatamente, per decisione personale di Pio XII, fu promosso alla prestigiosa  Nunziatura di Parigi, dove giunse il 30 dicembre 1944. Le sue doti umane lo imposero alla stima dell’ambiente diplomatico e politico parigino, dove instaurò rapporti di cordiale amicizia con alcuni dei massimi esponenti del governo francese. Nel settembre 1945 visitò nel campo di concentramento di Chartres i prigionieri tedeschi e organizzò col cappellano Franz Stock corsi  teologici per i seminaristi ivi internati. La sua attività diplomatica assunse un’esplicita connotazione pastorale attraverso le visite a molte diocesi della Francia, Algeria compresa. Nell’ultimo Concistoro tenuto da Pio XII, il 12 gennaio 1953, Roncalli fu creato cardinale prete del titolo di S. Prisca, e con destinazione alla sede di Venezia, ove giunse il 15 marzo seguente. Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale e la celebrazione del Sinodo diocesano. L’elezione, il 28 ottobre 1958, del settantasettenne Cardinale Roncalli a Successore di Pio XII induceva molti a pensare ad un Pontificato di transizione. Ma già all’incoronazione, il 4 novembre seguente, delineò chiaramente l’immagine evangelica del Buon Pastore come l’unica veramente adatta a descrivere a missione papale. Così fin dall’inizio rivelò uno stile che rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale maturata attraverso una significativa serie di esperienze in Italia e all’estero. Circolava liberamente per i palazzi vaticani, fermandosi a conversare con chiunque incontrasse e visitò  i malati e i carcerati. A questi fatti più marginali ma di grande impatto mediatico, si aggiunsero le scelte importanti, come il superamento del numero chiuso dei cardinali fin dal suo primo Concistoro il 15 dicembre 1958 e l’annuncio del Concilio Vaticano II, dato nella Basilica di s. Paolo fuori le Mura il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione personale, presa dal papa dopo le consultazioni private con alcuni intimi e col Segretario di Stato, Cardinale Domenico  Tardini. Le finalità assegnate all’Assise Conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di apertura dell’11 ottobre 1962, erano originali: non si trattava di definire nuove verità, ma di riesporre la dottrina tradizionale in modo più adatto alla sensibilità moderna. Nella prospettiva di un aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, Giovanni XXIII invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata consapevolezza della missione ecclesiale che abbraccia tutti gli uomini. In quest’apertura universale non potevano essere escluse le varie confessioni cristiane,  invitate anch’esse a partecipare al Concilio per dare inizio ad un cammino di avvicinamento. Il 10 maggio 1963 fu insignito del Premio “Balzan” per la pace a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la pubblicazione delle Encicliche  Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi in Cuba nell’autunno del 1962. Il 17 maggio 1963, celebrava la sua ultima messa e la sera del 3 giugno morì ammirato e rimpianto da tutto il mondo. I suoi resti mortali riposano nella basilica di San Pietro a Roma. Il 3 settembre 2000, Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli, è stato proclamato Beato da Papa Giovanni Paolo II. Papa Giovanni XXIII , il cui nome di battesimo era dedicato agli Spiriti beati, era assai devoto all’Angelo custode. Mons. Loris Capovilla, suo segretario particolare, ha riferito un episodio assai significativo. Giovanni XXIII aveva iniziato alla domenica a recitare dal balcone del palazzo apo­stolico la preghiera dell’Angelus, seguita dall’invocazione all’Angelo custode e dall’Eterno riposo ai defunti. Il segretario ricorda che un prelato fece rilevare a1 Papa che forse si poteva non fare l’invocazio­ne all’Angelo, in quanto l’affidamento di ogni essere umano ad uno spirito celeste non era un dogma definito dalla dottrina cattolica. A questa osservazione, papa Giovanni, con una punta di umorismo, commentò: “Bravo questo teologo. Per fare un piacere a lui io dovrei fare un dispetto al mio Angelo custode”. A diciotto anni, il futuro papa, nel suo diario di seminarista, aveva scritto: “Un Angelo del cielo nientemeno, mi sta sempre accanto ed insieme è rapito in una continua estasi amorosa con il suo Dio. Che delizia al solo pensarci! Io dunque sono sempre sotto gli occhi di un Angelo che mi guarda, che prega per me, che veglia accanto al mio letto mentre dormo… “. Mons. Roncalli, quando era nunzio in Francia, in una lettera alla nipote suora confidò il suo amore agli Spiriti celesti: “Che consolazione sentircelo ben vicino questo celeste guardiano, questa guida dei nostri passi, questo testimone anche delle più intime azioni. Io recito ‘l’Angele Dei’ almeno cinque volte al giorno e sovente converso spiritualmente con lui, sempre però con calma e in pace. Quando debbo visitare qualche personaggio importante per trattare gli affari della Santa Sede, lo impegno a mettersi d’accordo con l’Angelo custode di questa persona altolocata, perché influisca sulle sue disposizioni. È una piccola devozione che mi insegnò più di una volta il Santo Padre Pio XI”. In cinque anni di pontificato il “papa buonocommentò, non meno di 40 volte, i compiti degli Angeli custodi, raccomandandone sempre la devozione. Papa Giovanni è passato alla storia perché ha indetto il Concilio Ecumenico Vaticano II; ebbene, in una confidenza fatta ad un vescovo canadese, il papa attribuì l’idea del Concilio ad un’ispirazione che Dio gli aveva dato nella preghiera, tramite il suo Angelo custode. Il beato Giovanni XXIII il 9 settembre 1962 nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri alle Terme ribadiva che la nostra fede ci insegna che non siamo soli.  Il pontefice ricordava che “come l’anima è creata da Dio per ogni nuovo essere umano, specialmente quando la grazia dei Sacramenti la inviluppa della sua ineffabile luce, un Angelo che fa parte delle Sante Falangi degli Spiriti celesti è chiamato per restare ai suoi fianchi durante tutto il suo pellegrinaggio terreno. E’ bello evocare questa realtà in presenza della Madonna degli Angeli, in questa basilica dedicata a Santa Maria degli Angeli, e non è indifferente che la prima nota delle nostre giornate, delle nostre azioni sia il saluto a Nostra Signora : “Angelus Domini nuntiavit Mariæ”.

          Il papa poi andando indietro nel tempo ricordava che “Quando fui chiamato a Roma, nell’ottobre 1958, e dovetti accettare il sovrano pontificato, ricevetti una lettera da uno dei miei amici vescovo, nella quale era richiamato il ricordo di una rivelazione fatta ad una anima santa secondo la quale, al momento della elezione di un papa, dodici Angeli sono designati dal Signore per assisterlo nel compimento del suo alto mandato. Non si tratta qui, beninteso, di una verità di fede, ma è certo che questa enunciazione è la manifestazione di una dottrina che si armonizza con tutto il resto. Comunque sia, attenendoci semplicemente all’Angelo che ognuno di noi possiede, noi siamo saggiamente attaccati a colui che è garanzia e fiducia, e che porta incalcolabile tesoro.

         Nel corso di una conversazione che ebbi con l’insigne pontefice Pio XI, lo intesi esporre un bellissimo segreto, che conferma che la protezione dell’Angelo custode dona sempre la gioia, che arrangia tutte le difficoltà, che riduce gli ostacoli. Quando mi accade – mi confidava Pio XI – di dover parlare con qualcuno che io so refrattario al ragionamento ed in cui è necessario fare appello ad una certa forma di persuasione, io raccomando allora al mio Angelo custode di mettere al corrente di tutto l’Angelo custode della persona che devo incontrare. Di modo che, una volta realizzata l’intesa tra i due Spiriti superiori, il colloquio si svolge nelle migliori condizioni e si trova facilità.

         Regina Angelorum ; Regina degli Angeli : quale incanto, quale anticipo del cielo, anche nell’esercizio della nostra devozione a Maria,la Madre celeste, incessantemente accompagnata da legioni di Angeli.”

Il 2 ottobre del 1960,  festa liturgica dei Santi Angeli Custodi, Papa Giovanni ricordò che   nell’udienza generale di giovedì scorso 29 settembre, festa di San Michele Arcangelo, aveva tracciato le grandi opere del Principe della Milizia celeste e degli altri Arcangeli chela Sacra Scritturaci fa conoscere : Gabriele e Raffaele. Si proponeva ora di riaffermare quanto è importante in ogni vita cristiana comprendere, stimare ed amare la presenza dell’Angelo custode.

         Sulla fede di tutto quello che insegna il Catechismo romano, il pontefice sottolineava quanto fosse ammirabile la disposizione della divina Provvidenza che ha confidato agli Angeli l’ufficio di vigilare a che il genere umano ed ogni essere umano non sia vittima di gravi pericoli. Come in effetti , in questa esistenza terrena, i genitori, quando i loro bambini devono intraprendere un viaggio irto di ostacoli e di tranelli, si preoccupano di chiamare vicino ad essi qualcuno che possa prendersi cura di essi e di aiutarli nell’avversità, così il Padre dei Cieli, per ognuno di noi, durante il nostro viaggio verso la patria celeste, ha incaricato i Santi Angeli di aiutarci e di proteggerci con sollecitudine affinché possiamo evitare le trappole, sormontare le passioni, e, sotto la loro guida, non abbandonare mai la via retta e sicura che conduce al Paradiso.

         Come pure nel Nuovo Testamento, noi troviamo la pagina luminosa ed emozionante in cui è raccontato l’invio dell’Angelo da parte del Signore presso il Principe degli Apostoli chiuso in una prigione a Gerusalemme ed i prodigi coi quali è stata compiuta la sua liberazione.

         Il papa ribadiva che i successori di San Pietro hanno sempre avuto apertamente una assistenza speciale del Signore. Ma è anche una verità certa che tutti ed ognuno, siamo confidati alla sollecitudine di un Angelo. Da ciò la viva e profonda devozione che tutti noi dobbiamo avere verso il nostro Angelo custode e che deve farci ridire con fiducia e frequentemente la dolce preghiera che egli aveva  appreso nei giorni della sua infanzia.  Giovanni XXIII dichiarava quindi: “Possiamo aggiungere che, accedendo al supremo potere, noi dobbiamo, secondo consuetudine, cambiare i nostri nomi di Angelo Giuseppe in quello di Giovanni, che non era stato preso da nessun altro papa da cinque secoli. Nonostante ciò noi abbiamo custodito il primo nome, quello di Angelo. Che la devozione ai Santi Angeli ci accompagni dunque sempre ! Durante il nostro pellegrinaggio terreno, quanto rischi non dobbiamo affrontare sia da parte degli elementi della natura in rivoluzione sia dalla collera degli uomini penetrati nel male ! Ebbene, il nostro Angelo custode è sempre presente. Non lo dimentichiamo mai, invochiamolo sempre.”.

Il 9 agosto 1961 papa Giovanni XIII che si trovava nella residenza estiva di Castel Gandolfo ricordava che questi incontri con i pellegrini, che si succedono a Roma e qui nella residenza estiva del “Castello”, tra il papa ed i suoi innumerevoli figli spirituali, costituiscono un motivo di gioia e di emozione profonda. Ed essi lo sono ugualmente a mezzogiorno, le domeniche e i giorni di festa, quando suona l’Angelus. Essi continuano l’evocazione del dialogo tra il Messaggero celeste e la dolce Madre di Gesù e Madre nostra, che riassume il più alto mistero della vita e della storia – dialogo seguito dalla dolcissima invocazione : Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis -, che fa nascere nel cuore una tenerezza, una esaltazione che sono già come un anticipo del Paradiso.

        Giovanni XXIII Affermò: “ In realtà, noi siamo ben fatti di terra, noi figli dell’uomo, ma aspiriamo tutti al cielo. La nostra vita è un pellegrinaggio che ci trasporta da un punto all’altro del globo terrestre. Il termine del nostro viaggio risplende nel cielo ed è il paradiso per il quale noi siamo stati creati ; ed i nostri anni, gli anni di ognuno di noi, si succedono rapidamente sulle diverse strade che solcano il mondo abitato. Vivere, è muoversi, è incontrarsi … Disgraziatamente questo incontro non è sempre sereno e gioioso ; spesso è un urto terribile e funesto.

         Non è dunque vero che mai si arriverà, come alla nostra epoca, ad una tale perfezione di mezzi efficaci e rapidi per proseguire questo viaggio sulle strade della terra, del mare e dei cieli ? Ma è anche similmente frequente e doloroso dover constatare che il viaggio finisce in tragedia di morte e di lacrime. Noi abbiamo in effetti davanti a noi le impressionanti statistiche dei morti e dei feriti negli incidenti di strada, che raggiungono quasi numericamente i disastri delle guerre del tempo passato.

         I progressi della scienza e della tecnica pongono dunque l’umanità davanti ad un problema inatteso, che si aggiunge al grande e terribile problema delle inquietudini umane attuali, la cui soluzione appare incerta e minacciosa.

         Ebbene, figli carissimi, permettetemi ora, per richiamare i doveri di coscienza riguardanti i pericoli della strada, di indicare, secondo la dottrina della Chiesa, una protezione celeste sicura e preziosissima, che rappresenta uno dei punti risplendenti dell’insegnamento cristiano : cioè l’intervento delle Falangi angeliche, create da Dio per il suo servizio ed inviate dalla Santissima Trinità per la protezione della Santa Chiesa, dei suoi figli, del mondo intero.

         Questa protezione è nell’uso della buona vita cristiana una devozione che occupa, nello spirito di colui che sa ben penetrarla, un posto d’onore speciale ed è un motivo di dolcezza e di tenerezza.

         Permettete che la nostra voce, che si è levata per un avvertimento paterno e commosso in favore del rispetto della vita umana, di ogni vita, della sua e di quella degli altri, ritrovi qui, verso la fine della nostra semplice conversazione, le prime note del linguaggio angelico, che noi siamo felici di ripetere con l’accento più commosso, come quello dell’Angelus.

         L’evocazione degli Spiriti sublimi, che la sollecitudine vigilante del Padre celeste piazzò e piazza a lato di ognuno dei suoi figli, infonde gioia e coraggio.

         Gli Angeli del Signore scrutano in effetti il fondo del nostro cuore e vorrebbero renderlo degno dei divini favori.

         E’ ad essi che fu egualmente confidato il compito di guidare i nostri passi. E come questo pensiero non potrebbe suscitare una giusta emozione davanti allo spettacolo quasi quotidiano del sangue che bagna le nostre strade e grida pietà al cielo per tante vite umane preziose, di giovani vite piene di promesse, tagliate inutilmente e sconsideratamente ?

         E’ per questo che il nostro sentimento di viva carità paterna ci ha suggerito di dare una risonanza speciale all’invocazione dei Santi Angeli Custodi. La loro presenza penetra ed avviluppa tutta la storia dei secoli : a fianco dei nostri progenitori e, poi, delle guide del popolo eletto, dei suoi re e dei suoi profeti, fino a Gesù stesso ed ai suoi Apostoli.

         L’appello supplichevole all’intervento degli Angeli, incaricati di vigilare sulla nostra infanzia ed il nostro pellegrinaggio – ad ogni età ed in ogni circostanza della nostra vita e della nostra azione -, non crediate, cari figli, che riuscirà a toccare quello che è preso dal fascino ingannatore e inebriante della velocità, al punto di imporre finalmente il rispetto assoluto ed universale delle leggi che regolano il traffico ?

         La dolce e fervente penetrazione della pietà verso gli Angeli intende essere propizia ai pensieri, alle volontà, alle forze stesse della tecnica, che una emulazione malintesa ed una ricerca di superiorità possono condurre alla rovina. E’ per questo che il nostro desiderio è che si aumenti la devozione verso l’Angelo custode. Ognuno ha il suo ed ognuno può conversare con gli Angeli ed i suoi simili.”.

Giovanni  XXIII ad un gruppo di giovani,  il 10 settembre 1961, propose che occorreva che sia sempre richiamata ed incoraggiata la preghiera quotidiana, come in ogni circostanza della giornata, al proprio Angelo custode, in modo tale che ognuno possa non solamente essere protetto contro i pericoli dell’anima, ma anche essere difeso contro gli incidenti che, disgraziatamente, si susseguono così frequentemente sulle strade, in mare e nell’aria.