18 anni fa

Angelo Cennamo     

Il 4 giugno di diciotto anni fa moriva Massimo Troisi, ultimo esemplare di una rara genia di commedianti napoletani che con Totò, Peppino ed Eduardo ci ha insegnato a ridere e a commuoverci, talvolta delle nostre miserie, mai con leggerezza. Il disincanto di Troisi di fronte alla caducità della vita, alla sua fatalità già scritta, è la cifra superiore con la quale nessun altro talento della sua generazione ha potuto pareggiare i conti. Troisi ha raccontato la gioia e la malinconia meglio di chiunque altro. Lo ha fatto con la discrezione ed il pudore della vittima che non osa neppure ribellarsi all’ineluttabile corso degli eventi. L’orologio che nel petto gli scandiva i battiti del cuore gli ricordava che il tempo è prezioso e che ogni attimo della vita non va sprecato. Non lo ha risparmiato, il suo cuore, Troisi; al contrario, ne ha fatto il simbolo di una generosa esposizione ai sensi, regalandoci sorrisi e lacrime con la stessa intensità di chi sfugge al logoro clichè del cabarettista. Nella sua breve comparsata, Massimo ha interpretato un solo personaggio : il ragazzo povero e impacciato della periferia napoletana, il giovane meridionale che deve fare i conti con la disoccupazione e con la timidezza di chi ha maturato poca esperienza. Troisi ha raccontato Napoli senza cedere alla tentazione dei luoghi comuni, dando voce alla sua parte migliore, quella modesta e perbene, oltraggiata dal malaffare e soffocata dal pregiudizio. I duetti improvvisati con Lello Arena sono pietre miliari di un teatro che non ha eredi. Il connubio con Pino Daniele, la perfetta consonanza artistica che ha partorito “Quando” e “O’ ssaje comm’ fa o core”, capolavori senza tempo di una terra mai più così feconda. Oggi che non è più, il solo pensare a lui ci mette buon umore. Ciao Massimo.