La cultura per l’Italia

Giuseppe Lembo

Per curare i tanti mali d’Italia, c’è bisogno di tanta, tanta cultura. La diffusa crescita culturale è l’unico rimedio; l’unica medicina miracolosa per una diffusa crescita umana, sociale ed economica.

La diffusa povertà culturale è purtroppo causa di un profondo malessere umano, sociale ed economico; è la fonte primaria del sottosviluppo, difficile se non impossibile da sconfiggere, permanendo le condizioni di sottocultura e/o di mancanza assoluta di cultura.

La cultura è il primo e più importante catalizzatore per stimolare la società a crescere; realtà culturali sviluppate possono attivare progetti e quindi sviluppo e formazione.

Senza cultura c’è il deserto; c’è il vuoto assoluto.

Per curare i gravi mali d’Italia non è pensabile più oltre di mettere le mani nelle tasche vuote degli italiani; è assolutamente urgente e necessario avere il coraggio di abbassare le spese; è questo e solo questo, il modo intelligente per poter abbassare anche le tasse.

L’Italia, pur avendone bisogno, non riesce ad essere un Paese virtuoso; ci si impantana sempre più spesso in litigi da cortile che, purtroppo, rappresentano l’inizio della fine; di una fine annunciata ed assolutamente inevitabile.

L’Italia mostra al mondo, in modo assolutamente inopportuno, un volto litigioso ed inconcludente; tutto questo succede in modo irresponsabile, in una situazione di estrema fragilità che ci dovrebbe portare a riflettere ed a mettere in cantiere azioni virtuose. Altro che litigiosità! Occorre saggezza, tanta umana saggezza per evitare l’inevitabile, ossia il destino segnato dell’affondamento dell’Italia.

Chi può fare il tanto atteso miracolo? La cultura può cambiare a fondo i comportamenti degli italiani; la cultura può contenere i danni di una patologia italiana fortemente disposta alla sfascismo che, tabula rasa, rende gli scenari italiani fortemente tristi ed assolutamente al di fuori del ruolo attribuito a ciascuno dalla Costituzione che è garante dei cittadini, dei loro diritti democratici e della loro sicurezza economico-sociale.

Non bisogna essere un cavaliere dell’apocalisse per pensare al peggio, nel futuro del nostro Paese.

Purtroppo non è necessario; il peggio ormai c’è e con il peggio diffuso, c’è il pericolo dell’apocalisse.

Tutto questo ci rende re nudi; la causa è soprattutto nella crisi del senso etico.

Senza che nessuno se ne accorga, il senso etico muore nell’indifferenza della gente che rivolge le proprie attenzioni al senso dell’effimero e di un apparire che domina ovunque al centro come in periferia, diventando il solo credo; il “solo dio” degli uomini del nostro tempo.

Di fonte a questo c’è un grave ed incolmabile vuoto; c’è la rassegnazione diffusa di un’attesa inattiva ed improduttiva di alternative. L’Italia è in forte crisi perché ha ormai perduto la sua vera identità. Dall’aratro simbolo del lavoro dei campi e di un forte attaccamento urbano alla Terra, si è purtroppo passati al caos urbano, dove è sempre più difficile lo sviluppo, considerate le gravi ed inamovibili condizioni umane di assoluto sottosviluppo e di una crescente e disumana crisi esistenziale.