La duplice faccia dei media: autorità e cittadini

Amedeo Tesauro

Curiosamente nello stesso momento arrivano all’attenzione del grande pubblico due casi che esemplificano le funzioni svolte dai media nel rapporto cittadino/autorità. Da un lato il caso Datagate, le rivelazioni di Edward Snowden che hanno smascherato i sistemi di controllo dati statunitensi, dall’altro l’ennesimo mistero diplomatico italiano ribattezzato “giallo kazako”. La prima vicenda è già da qualche settimana al centro del dibattito, trattando la problematica questione della nostra sicurezza nell’epoca dell’informazione liberalizzata. Gli Stati Uniti controllerebbero le comunicazioni sul proprio suolo e fuori da esso, spiando i propri cittadini e quelli dei paesi alleati.  Le previsioni apocalittiche del 1984 di Orwell si sono improvvisamente concretizzate facendo felici i teorici del complotto, in verità agitatisi per poco considerando che i mezzi tecnici permettono certi eventualità di controllo, e sarebbe quantomeno bizzarro che il più potente paese occidentale non ne avesse mai fino ad ora usufruito. Il secondo caso è invece squisitamente italiano, proprio del paese in cui a livello istituzionale da sempre succedono cose strane frutto di ingerenze di ogni tipo: Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako in fuga dal governo del proprio paese, è l’obbiettivo di un blitz condotto sbrigativamente, blitz nel quale vengono prese moglie e figlia prontamente rispedite in Kazakistan. Poco chiare sono le interferenze kazake e la velocità di certe pratiche, errori o superficialità finite nell’occhio del ciclone. Senza entrare nei dettagli dei due casi, essi rappresentano al meglio i due effetti che i media hanno sui rapporti di potere. Il primo caso ovviamente esemplifica come le autorità che ci comandano possono intensificare il controllo sulla nostra vista, accendendo ai nostri movimenti online e archiviandoli, magari riutilizzandoli contro di noi. In generale più la società è divenuta dipendente dalla tecnologia, più i cittadini sono divenuti dipendenti da chi quella tecnologia la gestisce a tutti i livelli. Simile a un incubo per alcuni, evoluzione naturale per altri, nell’epoca del controllo generalizzato ciò che facciamo diviene immediatamente noto a qualcuno, se non a tutti. Ma ciò vale anche nella direzione opposta. Non si considera quasi mai come i media, fornendo informazioni, minaccino le autorità che attraverso quei media puntano a controllarci. Difatti il caso kazako sarebbe passato inosservato se La Stampa non avesse ripreso la notizia rilanciandola. I social network e la Rete non si sono fatte scappare la questione e subito il giallo kazako è divenuto pubblico, laddove un tempo sarebbe rimasta un’oscura operazione come tante ne saranno accadute in passato quando si poteva operare senza l’invadenza mediatica. Difatti una grande verità riguardo i media è che essi forniscono così tante informazioni da minacciare chiunque, cittadini come poteri precostituiti. Se per i primi è ovvio, per i secondi spesso non si è considerato quanto pericoloso sia il visionare l’operato pubblico in tutti i suoi meccanismi. Così ogni movimento sospetto diviene immediatamente una questione nazionale capace di far cadere un governo. I media consentono di creare regimi autoritari in cui i governi intensificano il controllo sul popolo, allo stesso tempo i media danno anche più informazioni ai cittadini così da conoscere molto più dei processi sottostanti alle autorità. Con tutte le conseguenze del caso.