Sud negletto e dimenticato

Un giorno la paura bussò, il coraggio si alzò ad aprire e vide che non c’era nessuno  (Martin Luther King)

Giuseppe Lembo

La prima e mortale causa dei mali del Sud sono stati e lo sono ancora i suoi uomini; la sua classe dirigente non all’altezza dei compiti da assolvere ed assolutamente indifferente a pensare di sviluppare il Sud partendo con intelligenza dalle sue risorse. Tutto questo per lunghi decenni non è stato fatto; tutto questo ancora, in un Sud sempre più negletto e dimenticato, chi ha il dovere di farlo, con indifferenza istituzionale, non pensa assolutamente a farlo, causando così la morte del Sud, sempre più vittima dei suoi tanti mali. Il Sud, oggi più che mai, è assolutamente lontano per tutti gli investitori, fortemente scoraggiati dalla presenza opprimente di realtà malavitose che condizionano la libertà del fare impresa; è vittima, tra l’altro, di una burocrazia frenante che rende difficili anche le cose più facili e di una classe politica che non sa o forse non vuole neanche pensare ad un Progetto Sud, capace di cambiamento e di sviluppo. Investire al Sud non è né opportuno, né conveniente; bisogna fare i conti con i rischi che ne conseguono e non sono pochi.

Il danno che ne consegue per l’intero Sud è, purtroppo, un danno sempre più grave; tra l’altro, compromette in modo diffuso, la dignità del lavoro meridionale ed in prospettiva il futuro del Sud, un futuro sempre più negato, per colpe prevalentemente antropiche.

Al sud c’è in modo diffuso, una profonda crisi di sistema; un sistema inceppato, fortemente ammalato di politica, di burocrazia e di criminalità diffusa.

Al Sud manca oggi, come negativa eredità di un lontano passato, purtroppo, mai cancellata, il coraggio del decidere; il coraggio del fare.

Un coraggio che non c’è e che se c’è, è fortemente ondivago .

Il Sud non è, assolutamente, la patria della saggezza collettiva.

Qui c’è un distacco abissale tra chi governa ed il popolo – suddito che non è considerato per niente e tantomeno è visto come espressione di saggezza collettiva.

C’è un distacco fortemente assordante tra i palazzi del potere e la società che non conta niente. Anche sulle riforme i cittadini non vengono minimamente coinvolti.

Quello meridionale, da parte di chi comanda, non è per niente considerato un popolo buono e sapiente. I mali del Sud si sono incancreniti nel tempo; sono ormai mali sempre più irrisolvibili, per mancanza di una classe dirigente che non ha mai saputo assumersi le proprie responsabilità, mettendosi alla guida intelligente e convinta dei processi storici. Purtroppo nel sistema Sud, un sistema debole e sempre più accomodante, è mancato la democrazia applicata alla società; chi viene eletto (al Sud non è stato mai così), è eletto per fare scelte e trovare le soluzioni possibili ai problemi. Se non si fa questo, sono inevitabili le condizioni di degrado e di abbandono, perché viene concretamente a mancare l’anima del cambiamento e dello sviluppo meridionale. Il Sud è il Sud; è una realtà antropologicamente diversa dall’Italia. Si vive spesso alla giornata tra rassegnazione ed attese miracolistiche. Al non c’è niente da fare, si contrappone, la sola speranza sempre più negata di un futuro umanamente possibile. Le condizioni antropiche del Sud risentono fortemente della solarità mediterranea; risentono di quel senso di attesa che non finisce mai e che fatalisticamente è vissuta come una condizione di immanente invivibilità della vita, sia individuale che d’insieme sociale. Nel disordine italiano, siamo al vero e proprio caos meridionale dove una forte dose di protagonismo negativo, contribuisce a rendere sempre più inguaribili i suoi mali, prevalentemente antropici. C’è, nella scena meridionale, il dominio di un inscindibile binomio di politica e di burocrazia, fortemente unite in un percorso disumano che non pensa alla gente, ma ai propri privilegi. Mentre la classe politica meridionale e non solo meridionale, si è mediocrizzata, la burocrazia sempre più scadente, avvitata su se stessa, cerca in tutti i modi di evitare ogni possibile cambiamento.

Il popolo meridionale non conta niente, ma proprio niente; è solo un falso idolo.

Non è per niente al centro di un processo concretamente democratico; al Sud più che altrove, la gente vive più di virtuale che di reale. Negli scenari del Sud assistiamo ad un crescente distacco tra i palazzi del potere e la società.

Tutto questo succede, con danni che vanno ben oltre il presente e compromettono il futuro sempre più negato ai nostri figli, perché manca una vera classe dirigente; una classe dirigente capace di assumersi le responsabilità e fare scelte coraggiose.

Il primo e responsabile impegno di una classe dirigente è quello di mettersi alla guida dei processi storici, un vuoto assordante per l’Italia e soprattutto per il Sud, dove i processi storici non governati sono sempre più in balia di se stessi.

Per descrivere i mali del Sud, mi viene in mente una frase di Martin Luther King: “Un giorno la paura bussò, il coraggio si alzò ad aprire e vide che non c’era nessuno”.

Meditate gente! Meditate!

Il Sud è la parte più gravemente ammalata del Paese; le inconcludenti politiche del momento ne fanno, con gravi danni per tutti, un problema dimenticato; un problema assolutamente cancellato.

Al Sud più che altrove nel Paese c’è in atto una forte lacerazione sociale che mette a rischio anche la speranza.

È in questa parte del Paese Italia, sempre più lontana la speranza di una democrazia normale; di una democrazia vera che sia capace di esprimersi attraverso una vita normale, capace, tra l’altro, di conquistarsi il consenso degli elettori per garantire un regolare e democratico buon governo del territorio, per soddisfare le attese di cambiamento e di sviluppo per una crescita diffusa e per migliori condizioni negli stili di vita della gente.

Al Sud più che altrove ci sono forti ritardi soprattutto nella politica; i partiti, rigenerandosi, non sono stati capaci di autoriformarsi.

Ultimo atto, un berlusconismo che ha fatto a lungo sognare ad occhi aperti, producendo inevitabilmente, un crescente malessere sociale con atti e fatti, parte di una miscela fortemente esplosiva.

In Italia ed in modo grave al Sud si è ormai rotto il rapporto società civile – politica; tanto con gravi conseguenze.

Si corre addirittura il rischio reale del protagonismo forcaiolo e non più e solo populistico delle piazze, per farsi sentire e far sentire il profondo e diffuso malessere di tanta gente che non ce la fa più a campare e che non ha neppure il necessario per la sopravvivenza.

Tutto questo suona come un campanello di allarme; un campanello a cui si deve da subito dare ascolto, per evitare che salti tutto. Il Mezzogiorno cancellato è sempre più un problema italiano, bisogna rinsavire; bisogna riconsiderare i mali d’Italia e soprattutto i mali del Sud d’Italia.

Bisogna adottare e da subito la politica del fare. I mali d’Italia vanno affrontati e risolti, per evitare di affondare; per evitare il fallimento del nostro Paese che soffre, prima di tutto, per il lavoro che non c’è e per la confusione in cui agiscono le rappresentanze politiche, sempre più incapaci di fare il loro dovere di rappresentanza e di governo a favore della gente che non ce la fa più a campare e che ha deciso di allontanarsi dalla politica, in quanto sempre e solo fonte di tradimenti, sempre e solo fonte di disastri umani e sociali da tempo annunciati. Siamo tragicamente in una situazione di generazioni perdute. Non è possibile, di fronte alle condizioni tragiche in cui ci siamo ficcati, fare più oltre, finta di niente. Tanto è assolutamente impossibile. Continuando con l’indifferenza, proprio non ci sarebbero vie di scampo; andremmo, diritti diritti, verso il disastro da tempo annunciato.

Per evitarlo, occorre evitare l’indifferenza; occorre mettere da parte la confusione del momento.

Basta con la solitudine umana; basta con la diffusa industrializzazione sbagliata, che ha regalato al Sud solo condizioni da cimiteri ambientali; basta con la burocrazia sempre più indifferente e basta con gli sprechi, oggi alla base dei tanti mali delle generazioni perdute.

L’Italia deve pensare a risorgere; per risorgere deve necessariamente mettere al centro l’ormai dimenticata questione meridionale, un problema nazionale da risolvere per il bene dell’Italia.

Partire da un Sud abbandonato fa bene a tutto il Paese, dove c’è bisogno di cambiare e per sempre, mettendo la parola fine a condizione umane assolutamente insostenibili.

Oggi più che mai la condizione meridionale di disagio umano e sociale è veramente grave; si è trascinata aggravandosi, per troppi lunghi decenni, con soluzioni mancate soprattutto per colpa della politica interessata solo al clientelismo, alla spartizione dei privilegi, distribuendo per questo, poteri grandi e piccoli che nel tempo hanno fortemente aggravato gli antichi mali del Sud, il frutto di un diffuso malessere antropico (familismo amorale) con la carenza più assoluta di uno spirito comunitario, senza il quale non si va da nessuna parte e non ci può assolutamente essere né cambiamento, né sviluppo.