Dalla democrazia dei partiti alla democrazia del pubblico

Giuseppe Lembo

È il percorso di un libro attualissimo del politologo Bernard Manin. Un libro fortemente illuminante su quanto sta succedendo soprattutto alle vecchie e consolidate democrazie occidentali. L’Italia nel novero di queste democrazie è assolutamente allineata a quanto detto nelle illuminanti pagine del politologo, attento ai cambiamenti epocali nel cuore delle democrazie occidentali, dove sempre più, il protagonismo dei partiti, va lasciando il posto al sempre più determinato protagonismo del pubblico che, dopo una lunga astinenza, vuole ed a ragione, riprendersi la scena senza più firmare deleghe in bianco a nessuno, ma proprio a nessuno. La democrazia della rappresentanza è in crisi per i tradimenti violenti di cui si è resa responsabile. Gli eletti, nel caso del nostro Paese si tratta, di falsi eletti in quanto nominati direttamente dai partiti; una volta al potere si vanno allontanando dal popolo sovrano e remano, tra l’altro, inopportunamente contro.

La democrazia dei partiti, come dice il politologo Bernard Manin è un modello fortemente in crisi.

Tanto per i tradimenti di cui si sono resi responsabili, creando gravi problemi, al sistema di governo dei Paesi in cui da lungo tempo sono stati invasivamente presenti; oggi, fine di un matrimonio; si sono visti sconfessare da quell’energia preziosa che è l’elettorato; non avendolo convenientemente rispettato, onorato e rappresentato, il cittadino elettore si va riprendendo la scena e chiede un’attiva presenza politica attraverso forme dirette e coinvolgenti di partecipazione nel governo della cosa pubblica e soprattutto nelle scelte importanti.

Niente più deleghe in bianco; niente più silenzi assordanti che, per troppo lungo tempo, hanno dominato le scene e sono stati considerati atteggiamenti di diffusa e generalizzata indifferenza per la cosa pubblica.

Oggi il cittadino elettore mette un punto fermo e si chiede di cambiare per cambiare il Paese e la società di riferimento.

A viva voce in tanti chiedono un impegno forte e vero a chi è chiamato a rappresentare la gente, contro l’indifferenza istituzionalizzata, il frutto della vecchia apparente democrazia dei partiti, una democrazia fortemente e solo di facciata; cresce la forza d’urto della democrazia del pubblico che vuole partecipazione da attivo protagonista alle decisioni ed alle scelte che lo riguardano come cittadino, stanco di ripetuti e gravi tradimenti subiti per mano della falsa democrazia dei partiti.

Siamo ad una domanda di partecipazione che un po’ in tutto il mondo si allarga a macchia d’olio.

Uno strumento diffuso di questa domanda di partecipazione è quello che viene dal mondo di internet e dei net work; un mondo sempre più attento e vigile, attraverso una piazza dominata da un instancabile  protagonismo che raggiunge in tempo reale una presenza virtuale ma di peso che va sempre più determinando le scelte importanti nel mondo, dove ancora c’è chi pensa di imporsi con atti falsamente democratici e/o manifestanti vecchie espressioni di soli poteri e volontà forti, scoperchiando così le demagogie del potere della falsa rappresentanza democratica.

Oggi le società, soprattutto quelle occidentali, sono in forte cambiamento; non credono più nella rappresentanza che è stata alla base della democrazia dei partiti; c’è, nei loro confronti, una sfiducia crescente e diffusa.

Al centro della scena cresce e con forza il protagonismo dell’insieme sociale con una forte domanda di partecipazione e con al centro il cittadino che vuole sentirsi parte viva della società e voce da tenere in conto, in quanto le scelte che fanno gli altri per suo conto, gli appartengono; sono anche scelte per cui crede assolutamente importante considerarle, opportunamente scelte condivise.

Questi sono gli scenari nuovi del nuovo protagonismo alla partecipazione che rifiuta sempre più l’inopportunità dei filtri e di una intermediazione che, purtroppo, non ha saputo né voluto dare i frutti sperati.

È questo il clima del cambiamento ben visibile in gran parte dell’Occidente ed in tanti Paesi dell’Europa i cui popoli, esclusi da tutto, non si riconoscono per niente negli atti di una falsa unione, con alla base la sola anima delle banche e dei banchieri che pensano solo a fare i loro interessi economico-finanziari, spesso da lacrime e sangue indifferenti dei mali che producono tra la gente d’Europa.

E così la crisi politica cresce e si allarga a macchia d’olio.

Sono in crisi sia i partiti di un vecchio ed improponibile conservatorismo europeo, sia i partiti di un operaismo ormai ridotto a pezzi e di sempre minore peso nelle scelte che riguardano il mondo del lavoro, scelte che hanno per obiettivo il solo guadagno e sono sempre più indifferenti all’uomo lavoratore, messo umanamente da parte e rottamato come ferro vecchio, nel solo interesse di un’economia senz’anima, attenta ai mercati ed a fare business per determinare il crescente accrescimento delle ricchezze dei pochi, impoverendo così sempre più le masse umane, ridotte in condizioni disumane da una crisi economica che rende difficile a tanti non solo di vivere, ma anche semplicemente di sopravvivere.

Nell’attuale situazione di grande fluidità, con una crescente crisi delle certezze umane e sociali, in primo piano troviamo il nostro Paese, dove tutto appare fortemente confuso e senza prospettive di soluzione possibile ai problemi sempre più irrisolvibili, non sapendo dare risposte possibili anche alla più semplice quotidianità della gente che sfiduciata, vive nel disagio più assoluto e non crede al proprio futuro, ormai reso fluido da un presente che è fortemente avvitato su se stesso.

L’Italia, da un trentennio, sta andando indietro; un vero e proprio declino.

Non ce ne accorgiamo o furbescamente in tanti, facendo finta di niente, nell’indifferenza per un presente drammatico, fingono di non accorgersene o rifiutano di non accorgersi del fatto che il Paese affonda; che il Paese senza alcuna possibilità di appello sta morendo, pregiudicando almeno per 50% il suo futuro tradito.

Che tristezza vedere l’Italia morente!

Una condizione assolutamente grave, da profondo rosso, che fa tanto male; che fa tanto male al nostro Paese e soprattutto al futuro italiano, sempre più cancellato da un presente senz’anima e privo di spinta vitale al cambiamento.

Le anomalie italiane sono veramente tante; l’Italia nell’ultimo trentennio si è fermata; ha smesso di pensare al suo futuro.

Ha vissuto sempre e solo in un eterno presente, dove tutti decidevano di essere positivi e smettevano di pensare al futuro, che un invadente presente andava rubando soprattutto ai giovani.

Niente crescita; niente tecnologie; niente infrastrutture; niente politiche di sviluppo; niente innovazioni; niente formazione e crescita culturale; niente organizzazione umana per crescere.

Tutto avvitato su se stesso; tutto fermo; tutto pietrificato in un eterno presente, del tutto indifferente al futuro.

Il mondo della politica; il mondo del sindacato ed il mondo degli industriali hanno agito da corpi separati di un’Italia del tutto indifferente al proprio futuro; sono andati diritti per la loro strada, con percorsi paralleli senza incontrarsi mai.

Ma quale mai è l’idea del nostro Paese nel mondo?

Certamente non brilla più di tanta luce propria, sbrindellato com’è.

Un interrogativo fortemente preoccupante per tutti se lo pone Ernesto Galli Della Loggia in un suo editoriale di prima pagina sul Corriere della Sera di giovedì 23 maggio 2013.

Si chiede e forse chiede a tutti gli italiani. Serve ancora a qualcosa l’Italia? E a che cosa? Può ancora immaginare in quanto Nazione una vocazione, un destino suo proprio?

Nonostante il disagio italiano che c’è oggi sotto gli occhi di tutti noi, sgombrando il campo da ogni equivoco e dal pessimismo della ragione che mi caratterizza e caratterizza il tono fortemente critico, io alla domanda preoccupata di Ernesto galli Della Loggia, appellandomi alle mie convinzioni, nonostante tutti i mali d’Italia, non estremizzo la situazione, esprimendomi solo negativamente con atteggiamenti e comportamenti di una negatività assoluta e senza appello.

Dico con forza che, serve e come ancora l’Italia, nel suo ruolo di utile riferimento umano, culturale e soprattutto naturale, sia oggi che nel futuro al mondo intero che ama l’Italia e che la visita, godendosi le sue bellezze e tornandovi più e più volte nel corso della propria vita.

Il ruolo italiano nel mondo è un ruolo dai contorni ben definiti e fortemente consolidato.

È un ruolo che fa parte della sua cultura, del suo ricco ed unico patrimonio artistico-culturale, del suo paesaggio, dei suoi sapori, del suo made in Italy e di quella sua salutistica dieta fatta di prodotti che, come una volta, hanno il sapore antico di un intramontabile gusto italico.

Sgomberato il campo sul ruolo dell’Italia e degli italiani nel mondo e soprattutto sull’importanza del suo pensiero e dei suoi saperi universali come quelli  parmenidei della Scuola velina sull’essere, è con urgenza che, rimboccandosi le maniche, ciascuno responsabilmente deve fare la propria parte e da italiani responsabili e partecipi, chiedere a tutti e prima di tutto al mondo della politica che si metta a fare seriamente ed in senso pieno, tutto quello che gli compete, operando in un percorso di insieme solidale e tenendo il più possibile lontano divisioni e teatrini, le radici profonde dei nostri attuali inguaribili mali.

Appellandoci all’antico prestigio civile e culturale, prima di tutto, bisogna cambiare il corso della gente italica; da plebe a popolo sovrano, con una dignità di Paese sovrano da portare in dono agli altri del mondo, senza più subire lacci e lacciuoli dei potenti e potentati che hanno da sempre nei nostri confronti pretese colonialistiche, ispirate ad di un potere imperialistico basato su di un rapporto di forza che si traduce nei forti al comando e nei deboli a subire la sudditanza del potere imposto con la sola autorità del più forte.

In primo piano, in questo particolare e delicato momento italiano c’è la politica; cancellando tanta parte del suo passato di guai, è chiamata a fare il proprio dovere per salvare l’Italia e gli italiani da una catastrofe da più parti annunciata ed assolutamente inevitabile se non si corre da subito ai necessari ed intelligenti ripari.

Alla politica spetta il ruolo centrale di un’idea dell’Italia del possibile, con risposte concretamente utili ai bisogni urgenti della gente; è questo un compito che compete a chi ha oggi la responsabilità politica del Paese; un compito delicato e difficile, ma da affrontare con forza ed orgoglio italiano, pensando positivo ed al bene presente e futuro del nostro Paese.

La politica deve essere la vera anima italiana; tanto, è necessario per non morire; tanto, è necessario per restituire al Paese l’orgoglio italiano ed a far credere e crescere la gente nel proprio futuro.

Tutto questo ci serve e serve all’Italia per riprendersi; per ricominciare, guardando avanti e credendo al futuro possibile, nonostante le tante difficoltà del presente.

L’Italia deve essere spinta dalla politica se ne è capace ed è intenzionata a farlo in senso pieno, verso il nuovo che, nonostante tutto, avanza anche da noi e soprattutto nel mondo, invertendo quella tendenza fortemente diffusa di sfiducia e di apatia, sempre più prossima a diventare cupa rassegnazione, per cui tutto è negativamente deciso, con l’assoluta impossibilità di inversione delle difficili situazioni, appellandosi positivamente al da dove si viene, un riferimento importante, un riferimento guida per saper cercare insieme la via concretamente possibile del dove andare.

La politica deve necessariamente fare tutto questo, legando intelligentemente come dice Gallo della Loggia, indissolubilmente lo Stato Nazionale Italiano ad un’idea d’Italia.