M5S: il giudizio dei media tra parzialità e propri errori

Amedeo Tesauro

Arriva a quattro mesi dall’ingresso in Parlamento la prima vera autocritica ad opera di Beppe Grillo. A margine di un intervento a Ragusa, il leader del Movimento Cinque Stelle ha affermato che siano stati commessi errori nella formulazione delle liste per le elezioni amministrative, rivelatesi un fragoroso flop, e ha concluso con un ammissione generale: “Abbiamo commesso errori di comunicazione”. Nelle stesse dichiarazioni l’ennesimo attacco al sistema dei media, colpevole di diffamare l’M5S, con invito ai giornalisti a pentirsi e dissociarsi, rivelando la necessità imposta di attaccare il movimento. Ha ben fatto Grillo a trattare le due tematiche, gli errori compiuti e il “complotto” mediatico, nello stesso intervento, giacché le due cose si alimentano a vicenda. Ci sono state scelte sbagliate, questo è evidente, a partire da un immobilismo duro e puro che col passare del tempo è passato dall’essere espressione di diversità a un rifiuto totale troppo facilmente tacciabile di incapacità,  un pericoloso boomerang. Come pure si è ritorto contro l’utilizzo dello streaming, su di esso Grillo si è espresso apertamente, nuova frontiera della politica potente ma ancora inesplorata e perciò non controllabile: se con Bersani, incapace di un effettivo carisma in un faccia a faccia, la diretta web aveva esaltato l’atteggiamento grillino, uno scaltro burocrate come Letta ne è uscito come grande statista colpendo sull’inesperienza concreta dei parlamentari a cinque stelle. E poi naturalmente le questioni interne, i dissidenti e la problematica della democrazia, la ridiscussione delll’accoppiata Grillo-Casaleggio, tutto ciò è finito in pasta ai rotocalchi e ai telegiornali. L’M5S ha prestato il fianco a tutte le critiche possibili, allo stesso tempo queste non sono mai state risparmiate, fossero esse legittime e sacrosante o al contrario insensate e di poco conto. Le novità di un movimento nato sul web e animato da dinamiche in bilico tra la partecipazione e l’autorità del capo, nonché l’exploit numerico mai verificatosi per un partito alla prima tornata di votazioni, hanno attirato un’attenzione massiccia sul nuovo soggetto politico causando uno scrutinio attento di ogni gesto o movimento dei parlamentari grillini. Un’analisi, ovviamente, non sempre oggettiva e imparziale, perché in fondo a dire che il mondo dei media è influenzato politicamente non si scopre nulla, e in epoca di governassimo di larghe intese è piuttosto scontato che una formazione “scomoda”, anche solo per questioni numeriche, sia vista male da un  sistema televisivo italiano che vive di un duopolio pubblico-privato impregnato di politica, o da un mondo dell’editoria riconducibile a questo o quel partito. Come ha sostenuto Marco Travaglio, se l’impegno profuso nel verificare l’operato dell’M5S fosse stato impiegato anche nel valutare gli altri partiti italiani, probabilmente negli ultimi venti anni chi ha agito male sarebbe stato fermato molto prima.