Salerno: Archeologando, sabato al Duomo

Annamaria Noia

È stata davvero una bella esperienza, preziosa per assimilare la cultura dei “patres” che ci hanno preceduti nelle diverse epoche storiche, quella di sabato 8 giugno scorso: stiamo parlando della proficua e interessante iniziativa posta in essere dal giovane e propositivo sodalizio “Archeologando in Tour”, che ha sede a Baronissi, in via Convento. L’associazione, fondata da Annarosa Pisano – giovane innamorata delle antiche vestigia, dei monumenti, delle bellezze artistiche e che intende riproporre i luoghi dei culti micaelici tra la Campania ed altre regioni – e composta di operosi ragazzi di ogni età, è presente sul territorio (e nel comprensorio) come nel panorama salernitano o, appunto, campano con svariate manifestazioni. Gli happening del recente gruppo archeologico sono “disseminati”, distribuiti e “spalmati” lungo varie direttrici del sapere e dello scibile, abbracciando ogni tradizione, architettura, ambiente. Tanti gli eventi proposti e andati a buon fine, da parte di “Archeologando”, che si autofinanzia e cerca di stimolare gli interessati di cose antiche, pungolandone la curiosità e promuovendone l’attenzione.

Come è successo, per l’appunto, sabato 8 giugno (ore 10.00 e ore 17.00) nell’ambito della kermesse culturale – tra le innumerevoli ideate – denominata: “Sabati salernitani. Salerno e la religione”.

Partenza da piazza Portanova, con soli due euro per un “contributo guida”.

La “passeggiata” (culturale) rientrava nello spazio di poche centinaia di metri: ci si è recati, infatti, dapprima presso la chiesa del Crocifisso, in via Mercanti; di qui – dopo aver osservato la cripta, descritta e illustrata dalle esaurienti spiegazioni dei soci di “Archeologando”, in particolare da Annarosa e da Veronica – ci si è spostati alla chiesa di S. Giorgio, sempre nel centro storico.

Infine, la visita più dettagliata e più pregnante è stata effettuata al Duomo, alla cattedrale di S. Matteo.

La chiesa del Crocifisso, così detta dal pentimento dell’alchimista simoniaco e peccaminoso Pietro Barliario – che edificò, secondo una diffusa leggenda metropolitana salernitana, l’acquedotto chiamato “ponte del diavolo” grazie all’ausilio del demonio – che pianse dinanzi a un’immagine sacra, è di recente rifacimento. Tuttavia non mancano, qui come altrove per tutta Salerno, elementi del passato veramente stupefacenti e interessanti, con simboli esoterici e peculiari accorgimenti architettonici vecchi e nuovi.

Le sette finestre (monofore) all’esterno mostravano evidenti analogie con il numero “sette”, quanti sono i bracci (sic) del candelabro ebraico.

All’interno – soprattutto nella cripta – moltissimi affreschi del XII-XIII secolo, di sicura provenienza bizantina e che mostrano i santi Lorenzo, Sisto e un altro taumaturgo non ancora identificato. La struttura esterna è, come detto, rifatta ma il sito è comunque pregevole e affascinante.

Altrettanto entusiasmante è la chiesa di S. Giorgio, nel cuore dei Mercanti.

Secondo le puntuali e dettagliate illustrazioni da parte delle due guide – Annarosa e Veronica – l’edificio è nato come convento di monache benedettine.

All’interno dell’ambiente, piccoletto ma lindo e aggraziato, tante opere di importanti artisti appartenenti al nostro “ieri”. Erano inoltre in bella evidenza i mezzibusti delle sante martiri salernitane, alla pari dei santi Caio, Ante, Fortunato: Tecla, Susanna e Archelaide.

Al di sotto dei busti, le reliquie di queste tre pie donne, comprendenti una mascella con dentatura.

Ma la visita più importante è avvenuta al duomo.

Dal latino: “domus”, “casa” (del Signore), il complesso normanno è chiamato cattedrale, in quanto vi era la cattedra del vescovo.

Il presule era Gisulfo II, cognato di Roberto il Guiscardo – che significa “l’astuto” – condottiero normanno sposo di Sichelgaita. Roberto fu scomunicato dal cognato, ma comunque difese in seguito anche gli interessi della Chiesa.

Dinanzi alla porta di ingresso principale sono raffigurati due leoni, o meglio: un leone maschio – simbolo e metafora del potere temporale e spirituale della Chiesa – e una leonessa che allatta un cucciolo, a rappresentare la carità.

Dopo aver illustrato il quadriportico, un quadrato non perfetto, si è passati a spiegare alcuni dei sarcofagi più imponenti lungo gli archi con pentafore, bifore e trifore; appariscenti anche le stelle a sei punte realizzate con marmi policromi e – all’interno della cattedrale – tramite milioni di tessere musive: proprio tali decorazioni architettoniche, di significato ecclesiastico, rappresentano la fattispecie più impressionante della struttura.

Infine, dopo aver descritto in maniera particolareggiata il campanile e la fontana che sostituisce quella “delle paperelle” trasportata da Ferdinando IV di Borbone a Napoli, non poteva mancare una visita alla cripta del duomo.

In questo luogo sono conservate le spoglie di S. Matteo, ma anche quelle del celebre papa Gregorio VII, esule a Salerno.

Il toscano Ildebrando di Soana, giunto in tal luogo, fece apporre sulla sua tomba – conservata in una cappellina della cripta – il motto latino: “Ho amato la giustizia, ho odiato l’iniquità e perciò muoio in esilio.”

Particolarmente suggestivi gli amboni Guarna e D’Aiello, dal nome dei religiosi che passarono per la città. Un ultimo accenno – e concludiamo – al monumento funebre di Margherita di Durazzo, regina e pia donna, angioina madre del principe di Napoli Ladislao. Nella tomba – sorretta dalle quattro virtù cardinali – è scolpita con il saio delle benedettine.

Prestigiose anche le tele di Domenico e Giulio Cesare Fontana e ciò che ha elaborato Michelangelo Naccherino. S. Matteo è secondo la tradizione il santo con la “doppia faccia”, retaggio del dio bifronte Giano ma anche in qualità di protettore delle due parti in cui si celebravano due distinte liturgie eucaristiche.