Finanziamento pubblico ai partiti: 1×1000
Stop al finanziamento pubblico ai partiti? Anzi no..finanziamolo con l’1 per mille . Pronto il disegno di legge che, forse, lo vedrà applicato tra qualche anno. Presentato dal Premier Letta un piano con linee guida per funzionamento e trasparenza dei partiti politici. In un conseguente successivo (e laconico ) comunicato ne anticipa i contenuti, tra cui
– l’abrogazione delle vigenti norme sul finanziamento pubblico dei partiti;
– la definizione di procedure rigorose in materia di trasparenza di statuti e bilanci dei partiti;
– la semplificazione delle procedure per le erogazioni liberali dei privati in favore dei partiti, ferma l’esigenza di assicurare la tracciabilità e l’identificabilità delle contribuzioni;
– l’introduzione dei meccanismi di natura fiscale, fondati sulla libera scelta dei contribuenti, a favore dei partiti;
– la disciplina di modalità di sostegno non monetario al funzionamento dei partiti in termini di strutture e servizi».
Apprezzato il solo formale impegno del nuovo governo perché sul piano sostanziale nulla cambierebbe sia per i tempi ( chiarito da Letta che si interverrà con disegno di legge i cui tempi di promulgazione saranno “tipicamente” lunghi per il coinvolgimento di entrambi i rami del parlamento) che per “il gettito” derivante dall’ipotetico 1 per mille irpef ( difficilmente discostante dall’attuale fiume di denaro depositato nei forzieri “politici). C’è – inutile negarlo – chi commenta criticamente la scelta di Letta del disegno di legge quale strumento per la modifica dell’attuale piattaforma del “finanziamento a pioggia dei partiti “ anche se è opinione diffusa che tale indicazione non sia sia intervenuta casualmente. Togliendosi dagli impicci ( rectius da un collettivo impeachment politico ) il Leader letta ha preferito scaricare ai partiti il compito di attenuarne l’esagerato volume attribuendone ai medesimi tempi e modalità di applicazione. Ci sarà, pertanto, tutto il tempo per ripercorrere Il trend degli anni scorsi con un progressivo aumento della somma che ha visto moltiplicare l’unità di misura ( contributo) sulla base del numero degli elettori alla Camera (da 800 lire nel 1993, a 4000 lire nel 1999, fino a 5 euro dal 2002 in poi), rimborso delle spese per il Senato alla inclusive e la non interruzione del rimborso in caso di scioglimento anticipato delle Camere a partire dal 2005. Misure che hanno determinato il deciso innalzamento della contribuzione pubblica riportato in tabella Tabella 1. Spese riconosciute e contributi erogati ai partiti 2004-2008 (valori in euro)
Elezioni | Contributi | Spese | Contributi –Spese | Contributi/Spese |
Europee 2004 | 246.625.344,75 | 87.243.219,52 | 159.382.125,23 | 282,69 |
Regionali 2005 | 208.380.680,00 | 61.933.854,85 | 146.446.825,15 | 336,46 |
Politiche 2006 | 499.645.745,68 | 122.874.652,73 | 376.771.092,95 | 406,63 |
Politiche 2008 | 503.094.380,90 | 110.127.757,19 | 392.966.623,71 | 456,83 |
Fonte: Corte dei Conti (2009), Collegio di Controllo sulle spese elettorali
Come potrà notarsi la riforma della disciplina dei rimborsi elettorali ha progressivamente innalzato non solo l’importo dei fondi ma anche il numero dei beneficiari che hanno avuto accesso al finanziamento pubblico. Nel periodo 2001-2008, infatti, le forze politiche che hanno ricevuto rimborsi sono più che triplicate, passando da 30 a 94 (Pacini 2009). Pur vero , però, che negli ultimi quattro anni è risultato vistoso il “taglio dei costi della politica” ( pari a quasi il 30 per cento) culminato nel luglio del 2012 ( legge n. 96/2012) con un contenimento di contributi pubblici che per il 2012 ha visto scendere l’asticella ( dai 182 ) ai 91 milioni ( con progressive riduzioni anche per gli anni successivi). A favore della legge 96 votarono Pd e Pdl con Lega astenuta e , addirittura , Idv contraria. Il risparmio così ottenuti con i tagli del 2012 e del 2013 ( pari a 165 milioni di euro) sono stati trasformati in aiuti alle regioni colpite dai terremoti dell’Abruzzo e dell’Emilia. Ora – con la novella di Letta – si punta ad abrogare tali norme per sostituirlo con un meccanismo fondato sui liberi contributi dei cittadini , l’1 per mille per l’appunto. Cambierà qualcosa? Probabilmente poco e a confermarlo intervengono in nostro aiuto i dati Cei sulla “distribuzione del business 8 per mille” .
INCASSI TOTALI CEI 2008 – 2012 |
||
8 per mille | ||
Anno |
|
Milioni di euro |
2008 |
1.003 | |
2009 |
968 | |
2010 |
1.067 | |
2011 |
1.119 | |
2012 |
1.148 |
A conti fatti , pertanto, se su un potenziale gettito annuale irpef di 143,5 miliardi di euro , la Chiesa ne “guadagna” 1148 milioni, ai partiti politici il relativo “incasso” ( al netto delel spese) potrebbe assestarsi attorno ai 143,5 milioni di euro. C’è però da aggiungere che tali analisi è corrispondente ad un totale “introito” per lo Stato di un prelievo irpef in tempi , per così dire, normali e non – come quelli attuali- di profonda crisi economica /finanziaria che ha visto- negli ultimi due anni – allineare il reddito medio degli italiani nella “zona franca” dei 10 mila euro dove non esiste tassazione per il mix di detrazioni spettanti ai contribuenti( con conseguenti mancati introiti all’erario) Spetterà ai politici stessi aumentarne le potenzialità con un accorto ( e incisivo) programma di sviluppo “economico” coniato su un calzante slogan del tipo “ più lavoro uguale più tasse e maggior benefici ai partiti politici “.
* dottore commercialista e giornalista economico vcarrel@tin.it
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