Salerno: Cristina Tafuri “In nome di Eros” alla Feltrinelli

Venerdì 5 aprile alle ore 18,00 sarà presentato alla Feltrinelli “In nome di Eros” di Cristina Tafuri. “L’arte non è mai casta, si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi ignoranti. Non dovrebbero lasciare mai che gente impreparata vi si avvicini. Sì, l’arte è pericolosa. Se è casta non è arte”. (Pablo Picasso). Questo l’aforisma scelto in controcopertina da Cristina Tafuri per meglio descrivere lo spirito con cui  venuto fuori il suo lavoro “In nome di Eros”.  Ventitre liriche erotiche, accompagnate da sette chine di Antonio Petti, copertina di Enzo Lauria. Le poesie non nascono da un vissuto personale, ma dallo studio della storia dell’arte, della letteratura, delle immagini che, per anni, si sono mostrate stimolando l’estro dell’artista. Nella postfazione di Vinz Notaro si legge: “Siamo dinanzi a un ordito apparentemente eterogeneo di prime persone differenti: se non fosse per il fatto che abbiamo già appreso che l’autore è una donna, probabilmente ci domanderemmo se di autore ce ne sia addirittura più di uno …. […] Se poi la si vedesse col rossetto rosso fuoco e la frangetta nera, fumare un sigaro toscano e bere un cognac, la cosa diverrebbe ancora più straniante. Ma questa è un’altra storia. Nelle poesie della Tafuri la maschera ha due principali significazioni, una delle quali è la capacità di spersonalizzare chi la indossa. Basti pensare alle sacre meretrici dell’antichità che indossavano maschere per svestirsi del proprio statuto umano, incarnando così la potenza erotica della dea. In una delle liriche più intense dell’opera, leggiamo: «Quante perle hai usato / per formare i tuoi seni / adorni di capezzoli come conchiglie?»; in un’altra, invece: «La rotondità del tuo sesso / solcato dal diametro perfetto / del mio desiderio / fa impazzire il guerriero / che sempre, comunque, / eretto e vincente / esplode alla vita». Non parliamo di maschere artefatte, di finzione cinematografica, ma di archetipi vivi, dell’eternità del mito che sempre si rinnova, riscritto nelle infinite possibilità della poesia. La poesia erotica è questo paradosso del nascondersi per rivelare, maschera della possessione, carne spiritualizzata che trasforma la propria identità limitata in qualcosa di sconfinato, esplodendo in quella vibrazione devastante del piacere che è sempre unione di due”.