Verso un mondo nuovo un Papa nuovo – viene dal martoriato Sud del mondo

Giuseppe Lembo

Forse il grande sogno del protagonismo umano, con al centro l’uomo, sta per diventare una veramente magnifica realtà. Siamo ad una possibile svolta epocale, con cambiamenti non di sola facciata. Dopo i ripetuti fatti della primavera araba, dopo i segnali forti di attese di protagonismo con al centro l’uomo, finalmente, con l’appuntamento elettorale del 14 e 15 febbraio 2013, è toccato anche al nostro Paese, dove è esplosa una domanda mai conosciuta prima, di nuova politica con al centro l’uomo, il cittadino e non più e solo un mondo di inciuci, un mondo di tradimenti alle tante promesse fatte, rappresentato da una élite del potere più che eletta, nominata ed intruppata dal sistema politico della rappresentanza. Gli italiani, in forte percentuale di uno su tre, hanno detto basta con la politica della rappresentanza, promossa e vissuta nel pollaio mediatico, attivo organizzatore del consenso per questa e/o per quella parte politica ed assolutamente indifferente alla gente, al cittadino sempre più solo con se stesso, sempre più sedotto ed abbandonato. L’ingenuo e fiducioso elettore italiano, come un fiume in piena, ha detto basta con la politica della rappresentanza, purtroppo caratterizzata da una lunga storia di indifferenza per il Paese reale, per la vita della gente, ricoperta non come merita di attenzioni concrete, ma solo di false promesse e di tanti, tanti inopportuni tradimenti dopo essersi appropriati indebitamente di una delega in bianco con un voto fatto di promesse, di inganni e di tanti tradimenti. A tutto questo, in una condizione eccezionale e di grave crisi, gli italiani, riprendendosi la libertà del voto libero, democratico e consapevole, hanno deciso di voltare pagina, dicendo basta ai tanti tradimenti della democrazia della rappresentanza; hanno deciso di essere attivi protagonisti nelle scelte importanti che riguardano la loro vita, per cui pensano a costruire nel nostro Paese, una nuova e salutare forma di democrazia, la democrazia della partecipazione con il cittadino veramente protagonista.

Una svolta assolutamente epocale che si è impossessata del nostro Paese e che ha il nobile e non facile obiettivo di un mondo nuovo, per una nuova dimensione umana, per una nuova cittadinanza in un insieme sociale condiviso e capace di rappresentare tutti e di fare gli interessi allargati della società e non solo dei pochi del potere della rappresentanza. Una svolta epocale che è nell’aria di un mondo globale che vuole cambiare, ridando la giusta dimensione all’uomo, il giusto ruolo alle tante diversità umane in cammino, una grande risorsa per il futuro dell’umanità, dove ridotti i privilegi dei poteri forti, ci possa finalmente essere più spazio per l’uomo ed i suoi diritti umani, universalmente legittimi e riconosciuti tali dalla carta dei diritti universali dell’uomo. Ma oltre al voto dall’enorme portata storica per il futuro del nostro Paese, extra-moenia, nei confini del Vaticano, l’Italia attraverso il mondo in cammino della Chiesa, sta vivendo un altro evento epocale, il cambiamento reale della Chiesa, di una portata enorme per circa un miliardo e mezzo di cattolici e non solo per quelli. La Chiesa di Roma ha eletto come nuovo Papa un cardinale che viene da molto lontano; un Papa frutto dell’emigrazione italiana in Argentina; si tratta di Mario Bergoglio, cardinale di Buenos Aires prima di essere chiamato a salire sul trono di Pietro.

Un Papa che ha subito dato un segnale forte; un segnale di attesa e di speranza insito nel nome di Francesco, il simbolo di una Chiesa, da troppo lungo tempo messa da parte, se non del tutto cancellata, sempre più attratta nel corso del tempo da una secolarizzazione selvaggia e che aveva fatto prevalere sempre più un cammino terreno, alternativo al cammino della fede e dei valori, senza i quali la Chiesa stava ormai morendo. Papa Francesco, portavoce di un mondo di periferia, saprà imporsi alla Chiesa dei poteri forti? Saprà rompere l’accerchiamento e rappresentare concretamente il tanto atteso cambiamento dell’universalità umana, sempre più fortemente presa dalla sola materialità del mondo e del tutto indifferente alla morale ed ai valori dell’anima che non sono un optional ma una necessità per l’uomo di questa martoriata Terra. Tutte le attese di un mondo nuovo non sono solo auspici; sono delle vere e proprie necessità per l’uomo del nostro tempo.

L’alternativa non è quella che si andrà comunque avanti.

L’alternativa ai mancati cambiamenti, è il disastro umano per l’uomo sempre più solo, sempre più disperatamente chiuso in se stesso ed assolutamente incapace di parlare agli altri, usando il linguaggio della condivisione; tanto, partendo dal noi come forza d’insieme per contenere i guasti di un egoismo suicida affidato all’io assordante di un potere unico, oggi dominatore del mondo, in tutte le situazioni possibili ed immaginabili.

Il mondo vuole cambiare; l’uomo vuole cambiare.

Nonostante le tante egoistiche resistenze dei poteri forti, delle aristocrazie del pensiero unico e delle élite del potere che pensano solo ai loro privilegi di posizione, il mondo comunque cambierà.

Il Terzo Millennio che passerà alla storia come il Millennio della globalizzazione, come il Millennio della grande rivoluzione umana dell’universalità e di una sempre più crescente vicinanza delle diversità, una grande ricchezza per tutti gli uomini della Terra, scriverà nuove pagine di storia con protagonista attivamente presente una nuova umanità, parte di quei senzastoria in meritata attesa di un grande e rivoluzionario riscatto umano, culturale, sociale, economico, nel contesto di un nuovo mondo con una nuova umanità che certamente saprà garantire i diritti per un mondo nuovo, cancellando finalmente i cosiddetti diritti negati, abbondantemente destinati agli ultimi della Terra. La Chiesa di Roma per sopravvivere o meglio per riprendere a vivere come si conviene al suo ruolo universale deve, prima di tutto, saper fare pulizia al suo interno e liberarsi delle tante zavorre umane da cui è oppressa; deve, tra l’altro, riprendere a parlare parlandosi ed a dialogare, prima di tutto parlando a se stessa; deve, tra l’altro, sapersi liberare da quell’accerchiamento di solitudine che provoca assordanti silenzi e chiese vuote, sia per una crescente crisi della fede, sia per gli esempi sempre meno virtuosi che la sua invadente presenza egoistica offre al mondo, dove si va imponendo con il simbolo della bandiera di una sempre più scomoda secolarizzazione che le preclude ogni possibilità di futuro, per forme diffuse di un arretramento che si è andato consolidando soprattutto nel corso degli ultimi decenni. La Chiesa di Roma deve agire e reagire; non può starsene più a lungo a guardare assistendo ad un suo lento, ma inevitabile disfacimento, il frutto di un complesso ed inarrestabile arretramento che l’ha mortalmente accerchiata, per cui non sa trovare la via giusta per uscirne e riprendere il suo cammino di umanità profonda ed il suo ruolo di fede nel mondo, un ruolo che deve necessariamente significare volontà di un nuovo mondo con a fianco non i potenti, ma gli umili, i deboli, i diseredati, i poveri della Terra che, da troppo lungo tempo, erano stati abbandonati a se stessi e sempre più cancellati dall’impegno di un forte cambiamento per un mondo umanamente nuovo. Il nuovo, la speranza del nuovo, è finalmente apparsa all’orizzonte. La chiesa di Roma ha ritrovato la sua guida per guardare con fiducia al futuro, nel nome importante del Poverello di Assisi;  Francesco I è il nome che il Papa Bergoglio si è dato, un Papa che viene da tanto lontano, che ha vissuto in mezzo al disagio delle miserie umane e che finalmente come San Francesco, intende rispondere alla chiamata ed adoperarsi per ricostruire la Chiesa, riportandola al giusto ruolo e riparando i danni che, ovunque, deve rinnovarsi rigenerandosi e rialleandosi, per un cammino nel solco di un’umanità nuova, soprattutto a fianco degli ultimi della Terra. Il Papa Bergoglio deve, rappresentare il nuovo della Chiesa di Roma; i primi segnali di rifiuto dei simboli del potere terreno, vanno nella direzione di San Francesco, povero tra i poveri, che si spogliò di tutti i beni per salvare la sua Chiesa. Anche Francesco I come dimostrano i suoi primi importanti passi di Vescovo di Roma, rinunciando ai simboli della ricchezza terrena (la croce di ferro al posto di quella d’oro), pensa di ricostruire all’inizio del Terzo Millennio, una Chiesa nuova, una Chiesa povera, soprattutto per i poveri. Facendo questo, ripercorre saggiamente e con santità il cammino terreno di San Francesco, aiutando così, come si conviene, questo povero confuso mondo, a ritrovare la strada giusta, per rimettere ordine al grande disordine imperante ovunque sulla Terra.