Zfu, ultima possibilità rilancio economia locale. Rifinanziamole con l’8 per mille e/o con il “congelato” finanziamento ai movimenti/partiti politici
Il compianto economista Federico Caffè era solito affermare che “paradigma dell’economista è non spacciarsi da profeta” ma sono in tanti , ispirati da egocentrici personalismi,a stilare e leggere aspettative di breve periodo dai toni assolutamente profetici. Non per questo , però, non possiamo astenerci di azzardare ancora un periodo decisamente in salita per noi tutti : occorrerà prendere coscienza , soprattutto, dalla psicosi generale di una diffusa percezione del declino che pervade la nostra società e tale preoccupazione e tanto più avvertita e violenta dove maggiormente l’economia arranca (leggi mezzogiorno d’Italia) e stenta a stare dietro agli indicatori economici entrati prepotentemente e brutalmente nel lessico familiare quotidiano (pil,deficit pubblico, inflazione,stagnazione,deflazione ecc). In questo scenario dai toni decisamente foschi c’è chi azzarda una soluzione tutta “americana” , riprendendo , adeguando e sviluppando il progetto delle cosiddette ZFU – Zone Franche Urbane, già presenti nel nostro panorama normativo: quelle aree infra-comunali, cioè, dove si concentrerebbero programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. L’obiettivo prioritario delle ZFU è stato , è e sarà quello di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Sulla scorta dell’esperienza francese delle Zones Franches Urbaines lanciata nel 1996 e oggi attiva in più di 100 quartieri , l’Italia ha pensato bene – nel recente passato- di effettuarne un parziale download e adattarlo in alcune aree industriali del nostro territorio. Parziale perché finanziata con poche risorse pubbliche disponibili: un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e nulla più. Eppure la piattaforma normativa – stante al suo tenore letterale- prevedeva “ghiotte” agevolazioni fiscali e previdenziali per la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle piccole imprese di nuova costituzione ivi localizzate. Tali agevolazioni, della durata di 5 anni (con graduale phasing out negli anni successivi), consistevano in :
- esenzione dalle imposte sui redditi
- esenzione dall’IRAP
- esenzione dall’ICI
- esonero dal versamento dei contributi previdenziali
- Negli ultimi anni ( e precisamente dal 2010 ) la nostra Governance ha pensato bene di tagliare i “viveri” nel senso che ne ha eliminato dal bilancio statale qualsiasi traccia o odore di euro facendo – di fatto- entrare in un regime di stato comatoso una legge che avrebbe potuto creare tante piccole “delaware” nostrane E’ proprio lo staterello americano di Delaware – contea di ottocentomila prediletta del senatore Joe Biden , il vice di Barak Obama -che grazie ad uno strumento normativo analogo è prepotentemente agli onori della cronaca internazionale .Lo stato del Delaware ha una prerogativa, quella di dotare l’economia locale di un proverbiale concetto di legislazione “business friendly” molto caro agli americani : in altre parole imperano nello Stato norme favorevoli alle società con tasse quasi a zero ( non c’è iva, le imposte sul reddito hanno un’aliquota massima ancora ad una cifra, stessa sorte per le tasse sugli utili). E non è finita: la legislazione locale garantisce non solo segretezza all’identità degli azionisti ( al pari delle Società Anonime di diritto francese, ndr) ma ,soprattutto, esiti quasi sempre favorevoli alle cause che riguardano le società ivi domiciliate per effetto di una normativa per loro molto compiacente.Il risultato? Lo stato del Delaware pur essendo il secondo più piccolo degli Stati Uniti , risulta il più grande per densità di imprese : hanno,infatti, sede legale più di metà delle società quotate negli Stati Uniti, annoverando il 60 % delle 500 “corporate” dell’indice Fortune. Se lo “stato dell’arte” del nuovo governo è ancora nella sua “ fase embrionale” si potrebbe , a giusta ragione, rilanciare all’interno della novella compagine parlamentare il “rivisitato” progetto Zone Franche Urbane e rivendicare un ruolo importante per molte nostre zone “ economicamente zoppe” e , soprattutto, per l’intera nostra economia.Come e dove trovare risorse finanziarie , visti i vincoli, paletti e blindature esistenti nel bilancio statale ( vedi spending review)? Perché non tentare con un’operazione spot dell’8 per mille e/o con il recupero delle risorse lasciate libere dai partiti e/o movimenti politici ( dando per scontato il buon esito dell’opera persuasiva del suo autore Grillo)?