Sociologia: Mancanza di stile

a cura della dott. Carmela Della Rocca

Non è facile descrivere lo stile, mi sembra una parolaccia di questi tempi. Tutto mi fa pensare alle persone poco corrette o tanto meno quelle di pochi scrupoli.  Ma sento di doverne parlare, perché? Non trovo giusto quello che  sta succedendo. Io sono cresciuta in un mondo pieno di ideologia e mi sono ritrovata in un mondo pieno di concetti vuoti, ma la colpa di chi è!!! Di chi!!! Il  cosiddetto modernismo inglese, ci ha resi tutti un po’ incoscienti  dai letterati ai psicoanalisti c’è un distacco dall’essere, ci si concentra solo sul io: io, io, io….dov’è finito il noi.  Mi chiedo:” dove si incomincerà se vogliamo veramente cambiare ?”.Allora mi chiedo se è possibile trasformare o eleggere un cambiamento o se sia possibile cambiare le persone. Non c’è libertà di pensiero, tale libertà  ricordando I.Kant ( “la capacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”, è stata soggiogata da una falsa libertà, un falso paternalismo, quello dello spettacolo. Si siamo tutti degli attori e siamo così bravi che non sappiamo più distinguere la realtà dalla verità. Non riesco a capire perché si sente il bisogno di scrivere e mostrarsi continuamente come si fosse su un palcoscenico e devo per forza far vedere la mia casa i miei oggetti la mia famiglia i miei viaggi, mi chiedo ,perché…? Forse c’è un bisogno continuo di far vedere cosa o dimostrare di essere vivi o parte del mondo, o faccio di tutto per essere un buon cittadino? Potrei dire che il bisogno di mostrarsi è un concetto interessante, Uno degli aspetti più singolari del nostro tempo, enormemente potenziato dalla Rete, è il bisogno di raccontarsi, di mostrarsi. Bisogno che ha creato i social network (è infatti la domanda che genera l’offerta, come ci assicurano i nostri amici economisti). Una delle teorie più interessanti della moderna fisica delle particelle è la “teoria dell’osservatore” che dice che un fenomeno non esiste davvero finché non è stato osservato (è il famoso paradosso del gatto di Schroedinger) non capisco un accidente di fisica, ma so che esistenzialmente questa è una grande verità. Una vita non raccontata non esiste davvero, è un mucchio di avvenimenti senza ordine alcuno, perché è lo sguardo dell’osservatore (o in questo caso dell’ascoltatore) che trasforma l’evento in storia, dandogli così senso e identità. Il problema però è che questo nostro tempo ha un deficit terribile di ascoltatori, perfino quello che dovrebbe essere il luogo naturale della condivisione e del racconto della vita, cioè la famiglia è diventato un posto in cui ci si ascolta pochissimo, stretti come siamo nella morsa di una vita frettolosa e superficiale. Ecco spiegato il motivo del travolgente successo di social network e blog, perché vanno a riempire un vuoto di ascolto, permettendoci di narrare la nostra vita. Il problema è che è la qualità dell’ascolto a fare la qualità del racconto e se sostituisco l’ascolto amante di un amico (o moglie o marito, o entrambe le cose) con quello anonimo e impersonale della rete perderò il gusto di rendere bello il mio narrare, cioè la mia vita. Andrà a finire che invece di cercare l’approvazione di chi mi ama cercherò l’applauso di un generico pubblico, il che porterà inevitabilmente ad involgarire il racconto, a farlo scendere dal livello della condivisione amante a quello del pettegolezzo o peggio dell’esibizione. Il pettegolezzo è diventato un piacere umano si pensa che si fa del male volutamente, se nel periodo di Platone si supponeva che l’’uomo fa del male per ignoranza, nel nostro mondo il male viene per piacere. Anche Gesù proclamava il suo tributo alla colpevolezza” chi non ha peccato scagli la prima pietra”. Allora cosa pensare! Che tutti noi siamo malati, una malattia rara congenita nei secoli dei secoli, dove l’uomo non riesce ad essere buono. Ci si rifà alle credenze religiose per poter dire l’uomo può essere buono, ma non è così. Se tocchiamo la dottrina religiosa ci sentiamo poco protetti da essa. L’insegnamento ci pone dinanzi sempre il continuo conflitto tra il male e il bene, e noi seguiamo ciò che ci conviene. Ed ecco per convenienza o per paura pensiamo all’anima, salvarla dalle tenebre o mandarla giù nell’infero?Perché, perché!!! Continuo a pensare e a pormi numerose domande senza una risposta concreta…. Forse tutti noi siamo un po’ vagando.