Il salvatore d’Italia

 Giuseppe Lembo

Oggi al nostro Paese manca la figura di un vero salvatore; manca una persona leader, fortemente carismatica, disponibile e consapevole a trovare ed a far trovare agli italiani del Terzo Millennio, la via giusta per uscire dal tunnel e così salvarsi da una condizione socio-economica assolutamente disperata. Al nostro Paese, per salvarsi, occorrerebbe un Abramo Lincon italiano; occorrerebbe uno statista carismatico capace di prendere in mano la situazione ed indicare con l’autorità dovuta e credibile, la via giusta; la via umanamente giusta ed utile al bene comune che tutti, per il bene superiore del Paese, sono chiamati e tenuti a seguire senza cedimenti, senza compromessi, senza false e strumentali posizioni pretestuose e di comodo. A cercarlo, il nostro Paese non ha, purtroppo, un uomo della Provvidenza; non ha un uomo dal carisma forte; non ha né un De Gasperi e tanto meno un Cavour o un Einaudi, figure di altri tempi che seppero, avendone le capacità, adoperarsi all’interno ed all’esterno, per il bene sovrano del Paese, dando all’Italia le certezze del futuro possibile sia in senso cavouriano che in senso liberistiche di Einaudi o in senso cristiano-democratico di Alcide De Gasperi, impegnato in una politica da statista che non si ferma a guardare le contingenze del presente, ma che bada soprattutto al futuro; al futuro possibile, necessario alle nuove generazioni, in mancanza del quale si troverebbero “re nudi”, con il culo per terra, così com’è l’Italia di oggi, un Paese fortemente dal futuro negato per colpa di tanti ladri o peggio ancora ladruncoli di futuro che ancora immeritatamente affollano la scena, facendo crescere in modo incontrollabile, i mali d’Italia, i mali di un Paese alla deriva, un Paese ormai morente, su cui in tanti credono di avere il sacro diritto di esercitare la patria podestà, pur essendo privi di quell’autonomia di libertà democratiche e di dignità senza condizioni che porta tanti ingiustamente ed inopportunamente a contendersene le spoglie, di un Paese considerato ormai morto. Perché al nostro Paese è capitato tanto di brutto, da trovarsi oggi in una crisi che non ha sbocchi e che ne compromette il futuro? Prima di tutto per la politica e per chi debolmente l’ha rappresentata. Altri ed altri cedimenti umani, sociali, culturali, hanno compromesso la vita equilibrata ed armonica dell’insieme italiano, mettendo a rischio anche la virtuosa italianità di sempre. Prima di tutto è stata la politica, la grande madre, causa dei mali d’Italia, mali insuperabili che oggi soffocano il futuro del nostro Paese. La politica non è un fatto astratto di superficie; è, invece, un fatto concreto che incide nel profondo dei comportamenti della società. Questa è la politica; questo è stato il ruolo della politica maledetta nel nostro Paese; che degenerando fino al precipizio, non ha saputo rappresentare gli interessi reali del Paese, né avere quel prestigio di rappresentanza pulita ed autorevole per essere, prima di tutto, un riferimento per gli italiani e per il sistema Paese e poi, avere un ruolo attivo e responsabile nei contesti internazionali e soprattutto nei contesti europei dove, da grandi ideatori e padri fondatori, siamo passati ad essere vittime dei poteri forti tedeschi e di altri Paesi che, aggredendoci, spingono a spartirsi le spoglie di un’Italia morente anche per colpa di quella falsa comunità europea, mai trasformata in comunità solidale dei popoli d’Europa e della politica  di un insieme europeo condiviso capace di pensare al bene comune. Tutto questo ci è piovuto addosso, scatenando situazioni da default, assolutamente incontrollabili, in quanto i mali italiani con radici profonde nella politica che si accapiglia per governare il Paese, sono diventati, soprattutto, mali della società che ha ormai dismesso il suo trend culturale ed a ruota libera, naviga a vista rincorrendo egoisticamente i falsi miti di una sempre più falsa globalizzazione che, pur avendo il merito di aver fatto esplodere tante contraddizioni riguardanti l’uomo della Terra, non riesce a darsi quel nuovo corso con al primo posto l’insieme umano, i valori della vita, purtroppo, ancora in balia di chi pensa egoisticamente a costruire tutto per sé; di chi vuole affamare e/o uccidere, pensando alle proprie ricchezze, al solo proprio potere, senza guardarsi attorno per cambiare, per cambiare le cose del mondo. In questo contesto di cambiamenti che riguardano sempre più l’uomo della Terra e non solo le singole realtà umane, dobbiamo saper ritrovare un po’ di noi stessi ed essere insieme più umanamente virtuosi; più solidali, l’uno con l’altro.

Ma queste cose sono, purtroppo, indifferenti alla gente ed alla politica che la rappresenta.

Alla gente, avvelenata dal pensiero unico dell’io mondo che con assoluta indifferenza si rifiuta di pensare come possibile una Terra-Stato ed una società-mondo.

Gli egoismi umani nel nostro Paese e fuori di esso, sono realtà incrollabili che non permettono di trasformare l’IO assordante in un NOI dialogante e quindi in cammino insieme per costruire una diversa umanità.

Oltre ai danni all’insieme umano, determinati dai comportamenti individuali, poco attenti agli altri, ci sono i danni ancora maggiori della politica che governa uomini e cose dove, come per l’Italia, è invadente e centrale un potere di rappresentanza che pensa per sé, per i propri privilegi e poco e male pensa per il bene comune, un bene che dovrebbe, sempre e comunque, essere assolutamente primario ed indiscutibile.

In questo quadro l’Italia sempre più ripiegata su se stessa, ha paura di tutto; ha una paura assordante anche della crescita culturale diffusa; ha paura di tutti i cambiamenti possibili; ha, tra l’altro, ripreso ad avere anche una forte paura dovuta alla differenza di genere, un problema assolutamente superato che torna inopportunamente d’attualità nel nostro Paese, dove le donne che, secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), sono negli studi più brave degli uomini, quindi una parte importante del capitale umano, oggi più che mai vengono sottoutilizzate, se non del tutto emarginate; purtroppo, la partecipazione alla forza lavoro delle donne italiane è tra le più basse dei Paesi OCSE e la più bassa in Europa. Altro male italiano che contribuisce gravemente a far ripiegare sempre più l’Italia su se stessa è il diritto negato ai giovani ad avere un loro futuro possibile. Sono vittime dei ladri di futuro che, egoisticamente li escludono da tutto, non permettendo quel ricambio generazionale che è alla base del futuro possibile. C’è, nel nostro Paese, tanta sperequazione; una sperequazione umana e sociale di genere, di età, di condizioni di vita che compromette il futuro, compromettendo prima di tutto, il futuro del capitale umano diversamente considerato.