Alcuni giudizi sul libro di poesie di Claudio Di Mella

Riporto, ovviamente, i giudizi più significativi, dal momento che non tutti hanno già messo per iscritto le loro valutazioni. Non sarebbe neanche il caso di ricordarli tutti, perché sono troppi e perché spesso ripetono gli stessi concetti. A tutti coloro che si sono interessati della pubblicazione da ogni angolo dell’Italia, esprimo il mio ringraziamento compiaciuto ed il mio apprezzamento. Melania Santarcangelo, dirigente scolastico e donna di cultura, che ha presentato il mio libro a Salerno in maniera eccellente, ha scritto che la mia poesia si può definire “lirica dell’attualità“; Flavia Colesanti, ispettrice scolastica centrale e cittadina onoraria del Comune di Guardia Sanframondi, ha definito la mia produzione poetica “poesia emozionale“, dopo di aver sottolineato il mio spirito religioso ed il mio attaccamento alla terra nativa.

Raffaele Matarazzo, decano dei presidi beneventani e medaglia d’oro della Pubblica Istruzione, mi ha definito “poeta laureato“, dopo di avere indagato gli spazi verdi nei quali sono cresciuto e le culture più belle della mia terra.

Una professoressa novantenne, originaria di Benevento, che vive a Salerno, ha avuto il mio libro tramite la nuora, dottoressa Mirella Fuccella, e mi ha telefonato elogiando le cose che ho scritto, soprattutto quelle che riguardano la sua Benevento e la mia Morcone, incoraggiandomi a continuare. Una signora salernitana, molto più giovane, mi ha comunicato che, ogni volta che legge la poesia intitolata “Per Elisa“, le viene da piangere.

Mario Martone, studioso di grande spessore della provincia di Potenza, propriamente di Bella, e storico del regno di Napoli, mi ha scritto una lettera di elogi, sottolineando la scorrevolezza e la spontaneità del mio stile.

Maria D’Andrea, mia parente e compaesana, mi ha scritto da Ravenna per esprimere le sue felicitazioni, dicendosi colpita soprattutto dalle poesie dedicate ai miei nipoti, nonché dalla dedica ai miei genitori Giuseppe Di Mella e Maria Paola Narciso, che lei ben conobbe e frequentò.

Quirino Ciampi di Sannazzaro apprezza la semplicità discorsiva del mio dettato, alla portata di ogni lettore; la moglie, Ileana Marzi, ora defunta e compianta, dopo una vita tribolata dalle malattie, lesse a Fiuggi, prima di ogni altra persona, “Tutto passa“, e mi disse che era la più bella delle poesie che io avevo scritto fino ad allora ed aggiunse, conversando con una commensale, bontà sua, che il suo comprovinciale amico era un “cervellone“. Grazie, amica Ileana, e che Dio ti abbia accolto in Paradiso per la tua devozione e la tua bontà.

Una signora di Mottola (Taranto), Maria Scarano, sorella di una mia amica, in casa della quale aveva trovato il mio libro, mi scrisse una lettera affettuosa, elogiando la mia bravura ed aggiungendo che, se suo figlio, che ha studiato, si dimostrasse domani capace di scrivere cose altrettanto belle, lei sarebbe contentissima.

Più severa nel giudizio è stata proprio mia figlia, che ha parlato di “pensieri in versi“.

Giovanni Duva, di Firenze, inventore, uomo di alta intelligenza, si è sprecato in elogi soprattutto per le poesie dedicate ai miei nipotini. Giuseppe Gizzi, direttore in pensione dell’ufficio agricolo di Morcone, si è soffermato compiaciuto sulla profondità del mio sentimento religioso, espresso soprattutto nella mia profonda devozione a San Pio da Pietrelcina. Tommaso Paolucci, politico e promotore di cultura, appena lesse la prima recensione del mio libro, me ne chiese una copia, poiché nella sua biblioteca non poteva mancare un libro scritto da un suo compaesano.

Per me, però, il giudizio più lusinghiero lo ha espresso una mia nipotina, affermando testualmente: “So che mio nonno è bravo, ma non immaginavo che sapesse scrivere un libro così bello”.

Altri hanno taciuto, ma non si può cavare sangue da una rapa. Per quanto io sia convinto che nulla valga la pena, tuttavia, non mi aspettavo giudizi così lusinghieri. Del resto, scrissi il libro e lo pubblicai proprio per conoscere l’opinione dei lettori. Sono soddisfatto di come le cose siano andate e, se avessi quindici anni di meno, ne pubblicherei altri cinque, a beneficio dei lettori e per soddisfare la mia vanità.