L’Italia e la politica bipolare

Giuseppe Lembo

Il bipolarismo italiano, rappresentato dai poli contrapposti del centro-destra e del centro-sinistra, presupposti e base della tanto attesa Seconda Repubblica, purtroppo proprio non ha dato in niente, buona prova di sé. Con la fine del settennato di Giorgio Napolitano e della Legislatura con 13 mesi di Governo almeno nominalmente definito tecnico, assistiamo anche alla sofferta fine del bipolarismo italiano che ha avuto in Silvio Berlusconi, il padre fondatore e quindi l’anima di un promesso cambiamento politico che di fatto poi non c’è stato. Il Paese nel 2013, alla vigilia di una confusa competizione elettorale, è in una condizione di grave e forte crisi umana, culturale, sociale, politica ed inevitabilmente anche economica.

Le attuali contrapposizioni italiane spesso faziosamente sterili, sono profonde ed insanabili; tutto questo succede in un Paese, sempre più povero, più disunito, più conflittuale, più indifferente alla politica dei tradimenti.

Le condizioni italiane, del tutto estranee alla politica ed a chi la governa, sono talmente gravi da far dire al Presidente Napolitano che siamo di fronte ad una vera e propria “questione sociale”; una questione che riguarda non solo questa o quella parte, ma tutto il Sistema Paese, per cui, politica in testa, ciascuno dovrebbe fare e, purtroppo non lo fa, il suo responsabile dovere, per venirne a capo.

Non si può più a lungo dimostrare indifferenza di fronte alle situazioni gravi, da ultima spiaggia, delle persone e famiglie italiane.

È la politica che è chiamata per prima a fare il proprio dovere; è la politica che, superando gli isterismi di sterili contrapposizioni, deve saper seriamente rendersi interprete della grande questione sociale italiana, manifestando, prima di tutto, la necessaria condivisione umana e morale per i tanti gravi problemi del Paese.

Tanto, facendo il proprio dovere; tanto, dando esempi eticamente corretti e responsabili; tanto, rispettando e da subito, i cittadini nella loro primaria prerogativa di uomini liberi.

L’Italia è , purtroppo, sempre meno virtuosa. L’Italia, ormai morente, ha subito la mannaia di pesanti sacrifici a senso unico, imposti dai forti ai deboli, senza avere assolutamente trovato alcuna soluzione di prospettiva ai suoi gravi e fortemente radicati mali.

Anche il debito pubblico, nonostante le tasse pagate dai tartassati d’Italia, è cresciuto (purtroppo, non risponde a vero quanto dichiarato dal Presidente Napolitano, secondo cui si è trattato di uno sforzo comune per ridurre il grave peso del debito pubblico).

Nonostante le tasse, disumanamente imposte, anche il debito pubblico è cresciuto, raggiungendo il tetto esponenziale di oltre 20 mila miliardi di euro, mai prima conosciuto.

C’è da dire a malincuore che la distribuzione dei sacrifici non è stata per niente equa; a pagare, come sempre, sono stati i soliti tartassati, escludendo ancora una volta dal compiere il proprio dovere di cittadini onesti quanti vivevano da privilegiati, alla faccia della crisi e di chi è costretto a fare sacrifici imposti, per  difendere disumanamente chi è vissuto e vive tuttora di privilegi.

C’è, nonostante i tanti inguaribili mali d’Italia, da essere ancora serenamente ottimisti e da augurarsi che nel corso del 2013 ci sia finalmente nel Paese l’equità ed un ritorno vero e non solo contrabbandato come tale, alla fiducia della società nei confronti di chi la governa; una fiducia che oggi  manca del tutto, essendo venuto meno il rapporto umano e politico da buon vicinato tra governanti e governati.

Tanto è ancora possibile sempre che le cose cambino e che finalmente la politica assuma in sé un ruolo da protagonista serio e responsabile, moralizzando prima di tutto se stessa e cacciando come vogliono gli italiani, i ladri dai partiti.

Per un cambiamento vero, l’Italia, prima di tutto, deve sapersi rifondare al suo interno per poi rifondare il suo rapporto con l’Europa ed il resto del mondo; deve assumere un ruolo da attivo protagonista, migliorandosi per migliorare quell’italianità che serve alla coesione ed all’immagine forte del Paese, sia all’interno che nel resto del mondo.

All’esterno in Europa e nel mondo deve saper agire con dignità, prestigio ed orgoglio italiano, nel rispetto degli altri e delle regole comuni, senza subire né i dictat, né le subalternità coloniali di altri (Germania, Francia, Stati Uniti d’America, Vaticano) che molto spesso annullano la nostra sovranità, la nostra libertà, le nostre autonomie e ci fanno assumere il ruolo subalterno e di colonia da parte di questi protettorati esterni che, impropriamente ed inopportunamente, pensano di poter decidere e di assumere decisioni anche per nostro conto, facendo così venir meno quell’orgoglio italiano che nessuno può svendere, nessuno può appropriarsene esercitando, sul libero suolo italiano, comportamenti impropri da protettorato a libertà e sovranità vigilata.

Se questo sta bene all’Italia bipolare e/o a personaggi eccellenti, ambasciatori di una falsa italianità, non sta certamente bene al popolo, forte dell’orgoglio italiano, pronti più che mai ed a denti stretti, a difendere con dignità, la sovranità italiana che appartiene solo agli italiani e non ad altri.