Santoro-Berlusconi: la battaglia in cui tutti ci guadagnarono

Amedeo Tesauro
Svanite la frenesia del momento e la polvere sollevata, rimangono i dati di un’operazione senza precedenti. Oltre otto milioni di spettatori si sono sintonizzati su quello che da diversi anni viene considerato il polo alternativo della TV generalista italiana, quella La 7 il cui precedente record di ascolti si assestava sui tre milioni e rotti del debutto Fazio-Saviano, per assistere al “match del secolo” alla maniera di un Mohammed Ali vs Joe Frazier. A porla sotto una lente mediatica non si sbaglia, giacché il profilo politico ha offerto poco, né più né meno di quanto visto in altre trasmissioni, così a domande inevitabili ma già fatte sono seguite risposte circostanziali e udite in mille altri comizi. No, di politica si è parlato poco e gli stessi mattatori hanno avuto cura che fosse così, con Berlusconi certamente preparato a attacchi su tutto il fronte e un Santoro addirittura impegnato a zittire una Costamagna desiderosa di saperne di più sull’IMU e le contraddizioni dell’ex premier in proposito. Ciò che in tanti desideravano vedere non erano le nuove ricette politiche del Cavaliere ma lo scontro tra i due rivali, la battaglia tra il magnate sceso in politica e l’uomo che più di tutti negli anni ha rappresentato l’informazione dell’altro colore. Sia Berlusconi che Santoro hanno ben volentieri lavorato da vecchi professionisti del palcoscenico, scambiandosi frecciate e facendo la spalla all’altro nei momenti di concitazione, e lo hanno fatto a fronte di un guadagno reale da parte di entrambi: il conduttore campano ha rimediato le cifre impressionanti di una serata già entrata nella storia della televisione italiana, fingendo di smarcarsene ha alimentato la sua fama di “duro e puro” disposto a esiliarsi per avere il suo angolo di libertà; l’altro si è trasformato in condottiero andando nella terra nemica a farsi bersagliare, e in un duello che non ha detto nulla di nuovo ne è uscito vivo e dunque rafforzato. Ma davvero è così? Dalla parte di Berlusconi sicuramente, sondaggi più o meno istantanei attribuiscono alla sua performance l’incremento di un punto percentuale, due dicono alcuni, e si percepisce la sensazione forte che l’ospitata a Servizio Pubblico costituisca il punto di svolta della sua campagna, il trampolino di rilancio che al Cavaliere serviva. Santoro affronta invece un certo astio del suo pubblico, già pronto a banchettare sull’ex Presidente del Consiglio e ritrovatoselo in piena forma grazie allo stesso Santoro, artista della provocazione che realizza quanto gli si chiede senza la preclusione ideologica di far un favore al nemico. Sì, ci è scappata la telerissa finale, le battute sulle ragazze del bunga bunga, le poco convinte parole dello stesso premier su alcune amicizie “pericolose”, ma da tempo ha smesso di sorprenderci che gli scandali d’altri paesi da noi scivolino via e quasi purifichino chi ne esce, e così l’ironia di Travaglio fa un favore al nemico che sorride di gusto e incalza pure con una lettera a sua volta. Nella messinscena del giovedì sera tutti giocano un ruolo a cui coscientemente hanno aderito, ognuno parla al proprio pubblico e le cosa sanno di stantio, volano i numeri ma non i contenuti, il popolo del web boccia in diretta un’operazione tanto pubblicizzata e di successo quanto poco centrata sui problemi del paese.

Un pensiero su “Santoro-Berlusconi: la battaglia in cui tutti ci guadagnarono

  1. Il problema è proprio questo: non erano le due persone adatte a parlare dei problemi del paese, uno perché era interessato all’auditel, l’altro perché era interessato a recuperare consenso e visibilità (i problemi del paese sono un’altra cosa proprio). Anzi, l’ultimo ha appena finito di non-risolvere i problemi del paese e ci mancherebbe che si mettesse a dettare la sua ricetta per risolverli.
    Non ha nessuna ricetta, né c’è qualcuno disposto a votarlo per queste: viene votato perché i suoi elettori sono affascinati da lui, non dal PDL o dagli uomini del PDL.
    Quindi che operazione fa? Niente, quello che ha fatto nelle ultime settimane: si rende visibile, fa vedere che esiste, non mira direttamente alla vittoria, ma ad azzoppare Monti perché solo azzoppando Monti può pensare di contare qualcosa, questo anche nel vittimismo (a chi vuoi che importi qualcosa di una vittima che sta all’opposizione?).
    Io penso che a lui del suo partito in quanto tale non importi granché: probabile che si sia reso conto (ma da tantissimo tempo) che se resta in politica le sue aziende vanno bene e può difendersi più agevolmente dai processi. Poi a tutto questo fornisce una forma di copertura ideologica, peraltro sempre più fragile e sempre più incoerente.
    A ben pensarci, sta facendo questo: parlate di me come volete, nel bene e nel male e parlatene molto. Solo parlando molto di me vi dimenticherete di Monti.

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