Cosa significa “Amerai il prossimo tuo come te stesso”? Non è un satanico lasciapassare

Carlo Di Pietro

Negli ambienti pseudo cattolici, ovvero camaleontici, sovente si abusa della Parola di Gesù in Marco 12,31: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi» [passi paralleli Lev 19,18; Mt 22,39; Lc 10,27; Rm 13,9; Gal 5,14; Gc 2,8]. Sostanzialmente ci si trova, sempre più spesso, di fronte ad interlocutori convinti che tutto possa essere giustificato e lecito in ragione dell’amore (termine abusato od usato impropriamente); persone, spesso con evidenti lacune di conoscenza anche solo del semplice Catechismo per bambini, che pretendono di imporre, con intolleranza, la loro morale, sempre più orientata al panteismo ed al relativismo, incuranti di qualsiasi precetto dogmatico morale: risultato dei dieci Comandamenti. Non è mia intenzione colpevolizzare il fedele frodato dall’ignoranza e/o dalla superbia, difatti non sono qui a fare dell’abominazione ad personam, ma è mio preciso dovere contrastare con la mia penna le idee errate, il comportamento disonesto ed il conseguente scandalo; non scrivo, quindi, di odio d’inimicizia bensì di odio di abominazione. Ma torniamo a Marco 12,31. Come si può notare, l’imprudente od il falso fedele, suole gridare a gran voce solamente la parte apparentemente comoda di un insegnamento ben più fondamentale per il credente e per l’umanità in generale, pertanto è necessario riportare l’intera pericope per offrire coerenza e completezza a tutto il filo del pensiero espresso da Gesù.“Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi». Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo”. In Marco si nota che il testo biblico è più minuzioso rispetto al passo parallelo Matteo 22,34-40, difatti qui l’insegnamento del Messia è preceduto da “Ascolta”, che in ebraico dava il nome alla preghiera del mattino e della sera che, appunto, si chiamava “shemà”, “ascolta”.  C’è da notare, inoltre, che qui lo scriba utilizza “Egli” per indicare Dio Padre, ciò esclusivamente per riverenza e rispettando la tradizione, visto che non si osava pronunciare il nome proprio di Dio. Rispetto a Deuteronomio 6,5 Marco cita tutto il passo, però ne modifica l’ordine ed aggiunge “il cuore“, difatti si legge “amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”, anteponendolo “il cuore” a tutto il resto della frase. Come si capisce dal testo biblico, evidentemente, Gesù spiega che c’è un Comandamento più importante degli altri, più profondo, decisivo, che necessita di una precedenza totale, non secondo a nulla, cioè: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. La domanda è ovvia: come può l’uomo amare Dio in questo modo? Amare Dio più di ogni altra cosa è il primo ed il maggiore dei Comandamenti; Dio, essendo tale, per essere amato necessita che l’uomo abbracci tutti i doveri che seguentemente gli sono comandati visto che, se Dio sarà presente nel cuore del fedele, sarà Egli stesso ad “aiutarlo” nell’obbedienza a tutti gli altri Precetti necessari per il pieno raggiungimento dell’amore. E’ doveroso far presente al lettore che mentre Dio non ci domanda bensì ci impone l’obbligo di amarLo (dovere), l’uomo viceversa potrà aderire al messaggio avendo in sé sia le conoscenze che le idoneità per non deluderLo; si comprende altresì che mentre amare Dio non è un merito (è un dovere), il non amarLo è una colpa ostativa che ci priva della gratia gratum faciens, grazia santificante che rende l’uomo gradito a Dio (S. Tommaso, Summa T., q. 110, a.2.).

Difatti «autore della grazia non può essere altri che Dio, ciò significa che l’uomo (la volontà umana, il libero arbitrio) non possiede alcun potere di prepararsi a essa. Perciò “qualsiasi possa essere la preparazione da parte dell’uomo, essa va attribuita all’aiuto di Dio che muove l’anima al bene. Ecco perché lo stesso moto virtuoso del libero arbitrio, col quale uno si prepara a ricevere il dono della grazia, è un atto del libero arbitrio”» (Op. cit., q. 112, a. 2).Abbiamo, dunque, capito che prima di ogni cosa bisogna amare Dio e lo facciamo come ci insegna 1Giovanni 5,3: perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.

L’autore ci fa capire che l’amore di Dio e l’osservanza dei Comandamenti vanno di pari passo, sono uniti, formano una sola cosa; ci fa notare, inoltre, che non può esistere, secondo la volontà di Dio, un amore disubbidiente. Da ciò deriva anche l’importanza dell’ubbidienza verso i superiori.

C’è di più! L’autore ci rassicura e, come dicevamo prima, se il fedele ama Dio conseguentemente e contemporaneamente saprà rispettare i Suoi Comandamenti in maniera molto più semplice, come ci ricorda anche Matteo 11,30 «il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero»; mentre Romani 12,2 aggiunge e completa: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto».

Assodato, come abbiamo visto, che l’amore è anzitutto amare Dio rispettando i Suoi Comandamenti, solo adesso e mai prima, possiamo passare ad analizzare Marco 12,31 «Amerai il prossimo tuo come te stesso».

Senza l’amore di Dio (in caso di ignoranza invincibile fa fede il battesimo di desiderio implicito, il rispetto della legge naturale) non c’è altra tipologia di amore conseguente; da ciò ne deriva il fatto che solo dopo Gesù parla di amore per il prossimo come per se stessi. Faccio un esempio: se io amo mia moglie ma la cornifico, vuol dire che non ho rispettato uno dei Comandamenti di Dio, pertanto in quel momento non so amare e sono in abominio. Faccio un altro esempio: se io amo (cristianamente) il mio collega di lavoro ma pratico con lui la sodomia, vuol dire che non rispetto uno dei Comandamenti di Dio, pertanto in quel momento non so amare e sono in abominio. Faccio un esempio finale: se io faccio la carità al prossimo ma, pur avendone piena conoscenza, non amo Dio (la Chiesa cattolica), sarò un filantropo ma non saprò mai amare secondo la volontà di Dio (ne ha parlato anche recentemente Papa Benedetto XVI nel Motu Proprio sul servizio della carità, dopo la lettera Enciclica “Caritas in veritate” del 2009).E’ molto semplice! La prima tavola della Legge ha per oggetto l’amore che si deve a Dio, mentre la seconda tavola della Legge ha per oggetto l’amore che dobbiamo ai nostri analoghi; pertanto il secondo insegnamento di Gesù si presenta come analogo al primo «non c’è altro comandamento più importante di questi» (notare l’uso di “questi”); L’amore enunciato nel primo insegnamento include e sorregge il secondo, dunque se si dovesse trasgredire il secondo, ecco che è impossibile rispettare anche il primo, e l’ammonimento ce lo fa 1Giovanni 4,20-21 “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello“.E qui torniamo al discorso che facevo all’inizio del presente: “non scrivo, quindi, di odio d’inimicizia bensì di odio di abominazione“, dove intendiamo l’odio per il peccato, cui segue il dovere della correzione fraterna (si valutino i doveri dati dallo status). Guardatevi, quindi, da chi vi vede peccare e non vi corregge, perché ciò vuol dire che questi non vi sta amando! Fate attenzione.

[In questo articolo trovate ben spiegato il senso di Giovanni 8,7, direttamente collegato: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Si spiega la purezza d’animo nel correggere o nel giudicare].In Marco 12 troviamo anche un altro essenziale insegnamento che è di condanna all’amore di sé, all’idolatria, al culto dell’individuo, all’attaccamento alla mondanità ed alle cose del mondo, difatti Gesù dice di amare «con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» Dio ed il prossimo come se stessi, NON ALTRO! Conferma di ciò la abbiamo in Matteo 7,12 «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti». Prosegue in 13 dicendo «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!».Abbiamo, quindi, chiari riferimenti ed insegnamenti espliciti. Ora non siamo più ignoranti, quindi potremmo diventare potenzialmente colpevoli; la nostra fede ci viene presentata in maniera chiara, ci sono compendiati tutti i doveri della Legge, è adatta alla comprensione anche da parte di un adolescente, è breve e facilmente memorizzabile, porta in sé tutti i casi possibili della vita; E’ evidentemente immutabile poiché Dio si è espresso per qualsiasi uomo, in ogni luogo, nel tempo presente e per l’eternità. Concludo con Romani 13,10 «L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore», esortazione che San Paolo fa seguire e completa dicendo «rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13,14), proprio per evitare fraintendimenti riconducibili a false forme di amore: carnali e debosciate.